Intervistato dal Corriere dello Sport, Marcello Lippi ha ripercorso per intero la sua carriera nel calcio. Ecco il passaggio sull'Inter: "Fu un’esperienza contraddittoria. Dava fastidio la mia juventinità e io la difendevo, per onestà e lealtà. Facemmo la finale di Coppa Italia e arrivammo quarti in campionato. Prima l’Inter era tra il decimo e l’undicesimo posto. Non era stata certo una stagione fallimentare. Ma io mi ero reso conto che non c’era il clima giusto. Allora andai dal Presidente Moratti e gli dissi che era meglio finire lì. Lui mi sembrava d’accordo ma poi telefonò e persino venne Tronchetti Provera e insieme mi convinsero a restare. La nuova stagione cominciò male e fummo eliminato dai preliminari di Champions dall’Helsingborg. Io dissi ai giocatori che se fossi stato il presidente avrei cacciato l’allenatore e preso a calci tutti loro. Fui esonerato". 
 
Le è tornata la voglia di allenare? 
"Dopo la Cina avevo detto che volevo smettere. Ma dopo un po’mi sono accorto che vedo le partite come fossi in panchina, con la stessa partecipazione. Ho capito la reale natura di quella stanchezza: non volevo più stare lontano da casa. Sì, ho voglia di tornare ad allenare e se arriva qualcosa di interessante la valuto in modo aperto". 
 
Chi è l’allenatore più interessante oggi in Italia? 
"Direi Di Francesco, che sta dando personalità e gioco e fiducia alla sua squadra. E poi Sarri che ha sfatato un luogo comune: che ci vogliano anni per dare identità a una squadra. In pochi mesi il Napoli non prende più tutti i gol che prendeva prima. E ne fa di più e più belli". 
 
Come spiegherebbe ad un bambino cosa è il calcio? 
"Gli direi, semplicemente, che è il gioco più bello del mondo. Che si socializza, si impara a convivere con il prossimo, a dare e prendere dagli altri, ad avere coscienza dell’autorità, a considerare l’avversario non un nemico ma qualcuno da superare con i propri mezzi, il proprio talento, la propria fatica. E gli direi che la cosa più bella è stare insieme, in una squadra. E’ la cosa che ho sempre detto ai ragazzi che ho allenato e che dirò a quelli con i quali lavorerò in futuro: “Nessuno di noi è forte come tutti noi”".
 
 

Sezione: Focus / Data: Sab 12 dicembre 2015 alle 08:30 / Fonte: Corriere dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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