Emozioni e continui rimpalli di ricordi: che cosa c'è di meglio per far  riemergere a suon di carambole nell'universo fluido chiamato memoria, quel che il passato ha saputo regalarti nel segno del destino. Intervistato da Sky Sport Football nel corso del format 'My Story', Paul Ince apre il cuore e l'anima rammentando con molto piacere il passaggio tutt'altro che semplice, per il cambio di cornice che ha scombussolato ogni piano famigliare, a Milano sponda nerazzurra: "All'inizio io e la mia famiglia facemmo fatica trovare una sistemazione a Milano, c'era anche mio figlio Tom, ecco perché siamo tornati in Inghilterra per qualche giorno. Ho parlato con Massimo Moratti e mi ha chiesto perché non stessi in un bel hotel finché non avessi trovato la soluzione giusta. Apprezzo ancora tantissimo quello che ha fatto, vivevamo in un hotel e giocavo a calcio. Poi abbiamo trovato un appartamento sopra a quello di Jurgen Klinsmann, era bellissimo con vista lago".

A POSTERIORI. La carriera ha visto il marchio inglese, eccezion fatta per la parentesi nerazzurra, ben condita di sostanza con 10 gol in 54 presenze: "Alla fine posso dire sia stato il miglior trasferimento che potessi fare nella mia carriera. L'Inter è un club prestigioso, con tifosi fantastici, con uno stadio incredibile. Poi lo stile di vita, il tempo, era tutto perfetto. Probabilmente il posto migliore in cui sia mai stato".

SPECIAL MORATTI. Il rapporto con il presidente nerazzurro era delizioso: "Ogni cosa rendeva speciale Moratti..., solo guardandolo non potevi che provare rispetto per lui. Aveva un amore per me davvero significativo e lo dimostrò nella volontà di portarmi in Italia. Non fu l'allenatore dell'epoca Ottavio Bianchi a venire alla partita contro il Crystal Palace, ma direttamente Massimo. E quando mi convinse a venire in Italia, si assicurò che tutto fosse perfetto per me. Mi ha trattato come un re".

RAPPORTO CON I TIFOSI. Quasi s'emoziona Ince nel rimembrare il meccanismo perfetto che univa la squadra al pubblico: "Sin da subito i tifosi iniziarono a cantare "Come on Paul Ince". E quando lo dicevano in Inghilterra mi dicevano che significava che dovevo fare meglio. Poi le prestazioni sono migliorate e i tifosi hanno continuato a intonarmi quel coro. Lì ho realizzato che sono sempre stati al mio fianco. Ci tengo a dire che non mi hanno mai criticato nemmeno per un attimo. E io spesso andavo a ringraziarli sotto la curva, mi sostenevano anche quando giocavo male. Sono dei tifosi davvero speciali (amazing è l'aggettivo utilizzato, ndr), e mi dispiace sia dovuto andare via così presto".
Sezione: Focus / Data: Ven 19 novembre 2021 alle 23:12
Autore: Niccolò Anfosso
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