"Indossarlo mi dava calma e serenità, era la mia forma di protezione". Nella lunga lettera scritta all'Inter e ai suoi tifosi, Cristian Chivu non dimentica il rapporto con il caschetto che ha dovuto tenere in testa dopo il trauma cranico rimediato il 6 gennaio 2010 nella partita di campionato contro il Chievo Verona: "Poi certo, pronti via ho capito che il laccio era troppo stretto e da subito l’ho sganciato, non sarei riuscito a respirare. E vi assicuro che con il caldo non era per nulla piacevole. Ma non l’ho più tolto. Anzi, ad un certo punto sì, l’ho tolto. E l’ho buttato dentro alla Champions. Assieme al caschetto, in quel trofeo, ci ho messo tutto: le paure, le incertezze, i sacrifici che avevo affrontato. Finiva tutto, con la realizzazione del sogno più bello. E le lacrime di quel momento erano di gioia, ma anche di liberazione - si legge su Inter.it -. Era anche l’aver raggiunto un meritato momento di rilassamento, fisico e mentale. Perché non è stato uno scherzo arrivare fino lì, a Madrid. Sono serviti tutti i pezzetti di una vita intera: l’educazione dei miei genitori, il lasciare la Romania, l’esperienza all’Ajax, gli infortuni, le sconfitte. Le paure e le fatiche".

Sezione: Focus / Data: Lun 13 aprile 2020 alle 15:15 / Fonte: Inter.it
Autore: Stefano Bertocchi / Twitter: @stebertz8
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