L’ultima volta che il Brescia giocò in Serie A fu la stagione post Triplete quando - dopo aver vinto tutto - l’Inter cominciava un nuovo ciclo. Fu ad agosto che Massimo Moratti vendette Mario Balotelli al Manchester City per 28 milioni di euro più bonus. L’attaccante classe ’90 tre anni dopo tornò a Milano, ma sull’altra sponda del Naviglio, quella che non aveva mai fatto mistero di preferire anche quando in nerazzurro galoppava verso quella stagione che fu l’apice della sua carriera. Con l’Inter, Mario ha vinto 3 scudetti, 1 Coppa Italia, 1 Supercoppa Italiana, 1 Scudetto con la Primavera. Gli altri unici due titoli conquistati in carriera dall’attaccante risalgono all’epoca Citizens, 1 Coppa d’Inghilterra nel 2011 e una Premier l’anno successivo. Tre dei massimi titoli Nazionali vinti, 2 Scudetti e 1 Premier li ha conquistati con Roberto Mancini che lo fece esordire in Serie A con la maglia dell’Inter in un Cagliari-Inter il 16 dicembre 2007, in campo per un solo minuto, entrato al posto di David Suazo.
La sua prima vera partita con l’Inter fu poco dopo, il 19 dicembre in Coppa Italia contro la Reggina, partita in cui mise a segno le sue prime reti ufficiali replicando il 30 gennaio successivo, al ritorno di quarti di finale sempre di Coppa Italia contro la Juventus. Ancora una doppietta che sancì il passaggio del turno. La prima vera partita in campionato la giocò nel memorabile Inter-Roma dei due capitani, febbario 2008, con Javier Zanetti che rispose a Francesco Totti in uno dei testa a testa per lo Scudetto con la Roma di Luciano Spalletti, durante il quale giocò trentadue minuti entrando al posto di Cambiasso. La prima titolarità arrivò alla partita successiva contro il Napoli finita 1-0 per i partenopei e il primo gol in Serie A arriva ad aprile dello stesso anno contro l’Atalanta, 2-0 per l’Inter a Bergamo: assist a Vieira sul primo gol e rete del raddoppio.
La rivelazione sotto tutti gli aspetti di Balotelli con le sue infinite e controverse sfaccettature arriva con Mourinho, con cui finiva talvolta in panchina per punizione come quella volta che entrò nello spogliatoio cantando l’inno del Milan. Gioie e dolori. Genio (in)compreso e sregolato direttamente proporzionale al talento; istintivo, irascibile e irruento, ma vederlo danzare col pallone era spettacolo puro. Spesso e volentieri il folle prodigio si rivelava esattamente per com’era: un paradosso di e con se stesso. Proprio lui, il ragazzo dalla testa mai a posto che finiva a rimettere a posto quantomeno i risultati. Non tantissimi i gol all'Inter, 28 in 3 stagioni, 15 assist e 86 presenze in tutte le competizioni. Pochi ma buoni e soprattutto pesanti, come contro l’Anorthosis il 4 novembre 2008, quando con la sua doppietta diventa il più giovane marcatore in Champions League della storia dell'Inter, realizzando a 18 anni e 85 giorni il suo primo gol nelle competizioni UEFA per club, superando il precedente record di 18 anni e 142 giorni stabilito da Obafemi Martins. Alla prima stagione di Mou fu decisivo anche nel pareggio con la Roma o contro la Juve e anche l'anno successivo, nell'anno del triplete, si ripetè risolvendo match come Rubin Kazan, Chievo, Parma, Palermo e Udinese. Quell’anno però, con l’Inter sul tetto d’Europa, finì con l’avere un sapore agrodolce per il numero 45 nerazzurro: fuori dalle scelte tecniche di José al Camp Nou per la semifinale rimase fuori pure al Bernabeu in finale con il Bayern e l’ultima sua apparizione in Champions con la Beneamata fu memorabile, se non altro per uno dei gesti più recriminati e contestati dagli interisti.
Il lancio della maglia alla fine della partita con il Barça mentre San Siro faceva festa è stato un oltraggio mai perdonato dai tifosi dell'Inter, che solo anni dopo, quando tornò al Meazza con la maglia del Milan, lo hanno riempito di fischi. Un'accoglienza che non ha mai reso giustizia a quello che sembrava poter diventare l'attaccante del futuro a livello europeo e mondiale. Sono tanti i rimpianti di un SuperMario che sarebbe potuto essere e che non è stato: tra City, Milan, Liverpool, Nizza e Marsiglia, del Balotelli tutto talento che a 17 anni aveva fatto innamorare l'Italia e l'Europa è rimasto solo quello delle 'balotellate', lontano dalla consacrazione atletica che sarebbe stata naturale se avesse ascoltato la testa più del cuore e dell'istinto, wild e prorompenti più del suo destro e del suo fisico.
Dopo l’addio, Balo ha affrontato l’Inter ben cinque volte, tutte con il Milan, senza mai riuscire a prendersi una vittoria personale che se non una rivincita sarebbe potuta certo fungere da riscatto nei confronti di un popolo che forse, per delusione e orgoglio, lo ha dimenticato troppo in fretta senza mai rimpiangerlo davvero. Nelle cinque volte in campo contro i nerazzurri, Mario non è mai andato in gol sebbene al suo primo derby contro abbia impensierito almeno un paio di volte Samir Handanovic, nel febbraio 2013. L’ultima comparsa contro la sua vecchia famiglia invece fu nel 2016 quando a vincere fu il Milan senza però entrare mettere la sua firma. Soltanto 11 minuti in campo e un giallo, concludendo così un quadro che lo dipingeva come il figliol prodigo mai diligente e di cui non avere rammarichi. Dopo un europeo peregrinare torna nel campionato italiano ad inizio di questa stagione a Brescia, a casa, dove è cresciuto come uomo prima che come calciatore. Questa sera contro l’Inter, squadra affrontata più volte in Serie A senza mai andare a segno, Super Mario si ritroverà ancora una volta faccia a faccia con il suo più agrodolce passato, avendo la possibilità di dimostrare una maturità come calciatore e come uomo poco quotata dai più, potendo cominciare a smacchiarsi di quell’alone di bad boy che sembra destinato a portarsi dietro anche ora, dieci anni dopo e un'esperienza che mai ha risposto alle aspettative dei suoi anni all'Inter.
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