Walter Zenga continua ad allenare fuori dai confini nazionali, anche se il sogno resta quello di stare sulla panchina nerazzurra. Ma non c’è mai stata la possibilità di tornare in Serie A negli ultimi mesi? "In Italia no e Bozzo, il mio procuratore, mi ha quasi chiesto scusa per questo. Gli ho risposto: “Beppe, sono i presidenti a non capire che sono un grande allenatore”. In realtà nell’ultimo periodo ho fatto il giro del mondo per parlare con mille squadre. Arabia, Stati Uniti, il Genclerbirligi in Turchia, qualcosa in Cina. Al Middlesbrough sarei andato a piedi, ma non mi hanno preso".

Nazionali, niente?
"Il Kazakistan e l’Azerbaigian. Tutti però come prima domanda mi chiedono: “Walter, quanto guadagni?”. Io rispondo: “Ma tu perché mi vuoi?”. Se la prima domanda sono i soldi, partiamo malissimo".

Una teoria nata da esperienze negative? 
"In Qatar una volta mi hanno offerto una paccata di quattrini, ma nella vita ho seguito due volte il dio denaro e per due volte ho pagato con errori personali. Oggi non lascerei mai la mitica Crvena Zvezda".

A proposito di occasioni mancate, l’Inter è passata a un indonesiano, uno dei pochi Paesi in cui Coach Zenga non ha amicizie. La sfortuna, certe volte...
"Non è importante: allenerò l’Inter in un’altra vita. Thohir però mi è simpatico, sarebbe ridicolo se uno straniero desse fastidio a me. Piuttosto, è bellissimo che Moratti, come Prisco, mi abbia incluso nella sua Inter ideale". 

Gioco chiama gioco: abbiniamo un sentimento a una partita. Partiamo dalla soddisfazione. 
"Mi limito all’Italia. Pari merito Palermo-Catania 0-4 e Palermo-Juve 2-0. Cavani era già un fenomeno, in settimana si lamentava: “Mister, io voglio giocare da attaccante”. Poi la domenica faceva il terzino senza che tu glielo chiedessi".

Commozione. 
"La salvezza col Catania!. 

Ira funesta.
"Bologna-Palermo 3-1, pessimo l’atteggiamento. Kjaer fece due errori imbarazzanti".

E adesso, che cosa c’è di bello nel calcio? 
"Ora faccio come Thohir che sorprende scegliendo Ventola: mi piace il modo in cui Klopp usa gli attaccanti in fase difensiva e mi incuriosisce un modello di allenamento dell’Anderlecht. Tra i portieri, Neuer è l’evoluzione della specie".

La mania per le palle inattive è sempre viva?
"Certo. Inter-Catania del 2008 resta una delle mie partite migliori. Mourinho marcò a zona sul nostro primo angolo, a uomo sul secondo, con una mista zona-uomo sul terzo. Era lui che si adattava a noi".

Qual è lo schema preferito?
"Uno in cui due uomini si mettono davanti al portiere e guardano lui, non la palla. I difensori non ci capiscono mai nulla. Gianni Vio, che ha lavorato con me tanti anni, lo faceva con due gemelli: il massimo". 

Negli Emirati apprezzano? 
"Qui sono tutti molto gentili. Una volta vado al club e arriva un ragazzo col dishdasha, il tipico abito bianco. Comincia a fare domande e io parlo parlo parlo, mi fermo solo quando vedo che il team manager mi fa dei segni. Vado da lui perplesso: “Ehi, sto spiegando le mie idee a un membro del board”. Si è messo a ridere: stavo raccontando tutto a un normale tifoso".

Altre difficoltà? 
"Nessuna, a parte quelle con mia figlia di quattro anni. A scuola studia già l’arabo, a volte le parlo in italiano e lei risponde in inglese. Forse stiamo esagerando". 

Sezione: Ex nerazzurri / Data: Mar 05 novembre 2013 alle 09:52 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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