Intervistato da Gianlucadimarzio.com, Sebastien Frey, ex portiere di Inter e Fiorentina, ripercorre gli ultimi mesi della sua vita segnati da un grave problema di salute: "Tutto iniziò con un po' di raffreddore, diventato però presto febbre a 40. Una mattina mi sveglio e mi rendo conto di poter muovere solo la testa; mi sentivo completamente paralizzato dal busto in giù. Mi ricoverano e dopo otto giorni i medici hanno scoperto che si trattava di un virus, mi dissero che rischiavo la vita. In poche parole, questo virus era riuscito a farsi largo a causa del livello troppo basso di difese immunitarie. Non mi restava che aspettare e sperare che il mio corpo sviluppasse gli anticorpi necessari per sconfiggere il virus. Poco alla volta sono riuscito a tornare alla normalità, oggi non posso dire di essere al 100%, devo ancora fare dei controlli, però ho ripreso a fare sport e a seguire la mia routine quotidiana".

Nelle parole di Frey c'è anche spazio per il ricordo della sua esperienza all'Inter: "Sono arrivato nel 1998, mi sembrava un sogno, l’Italia era il top per un calciatore. Oggi i grandi club sono delle vere e proprie aziende. Berlusconi, Moratti... Erano tutti tifosi sfegatati. Patron, sì, ma delle loro squadre del cuore. Mica come ora! Avevo 18 anni, entrai nello spogliatoio e vidi Youri Djorkaeff. Non sapevo dire una parola in italiano, presto feci amicizia con i colossi del calcio francese. Fatti una stagione in prestito, mi dicevano, ma io non ne volevo sapere. Quando arrivai in Italia, avevo alle spalle una sola stagione da professionista. Eppure, all’Inter riuscivano a farmi sentire alla pari di tutti gli altri. Ogni tanto faticavo a crederci anch’io. Capitava che Ronaldo mi facesse uno scherzo, mi raccontasse qualcosa. E io ero lì che pensavo: ma questo è Ronaldo".

E a proposito del Fenomeno, Frey svela un aneddoto: "Dicembre ‘98, eravamo alla Pinetina. Ronaldo era l’uomo immagine della Nike, che aveva spesso tantissimi soldi perché fosse il suo testimonial. Vediamo arrivare un camion gigantesco della Nike, non capivamo cosa potesse contenere. Cominciarono a scaricare un po’ di cose. Magliette, orologi, scarpe e cappellini firmati. Cinque, sei gadget per ogni giocatore, tutti in dono da Ronaldo. E’ il vostro regalo di Natale, ci disse lui. A mio figlio cerco di spiegare come il vero Ronaldo sia l’ex compagno di papà, non quello della Juve. Ma anche Gianluca Pagliuca invece che tirarsela era lí che mi dava consigli. Vai in prestito, vai in prestito, mi consigliava la gente. Non mi sono mai pentito di essere rimasto: un anno di allenamenti con calciatori di quel calibro mi ha fatto migliorare più di intere stagioni da titolare". 

Sezione: Ex nerazzurri / Data: Mer 01 gennaio 2020 alle 18:47
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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