Tecnico come tutti i brasiliani. Tattico come gli italiani. Dalla personalità spiccata. Tant’è che oggi l’ex terzino destro Zé Maria di mestiere fa l’allenatore. E ha appena guadagnato sul campo la promozione nella massima serie albanese col suo Tirana. All’Inter il sudamericano ha trascorso due stagioni, dal 2004 al 2006, conquistando uno Scudetto (quello assegnato a tavolino), due Coppa Italia e una Supercoppa Italiana. In esclusiva per FcInterNews, tra un presente radioso e un passato più che apprezzabile, l’ex Parma e Perugia tocca plurimi argomenti.
Ha appena guadagnato la Promozione in Serie A. Non è mai facile vincere, ma a guardare i risultati per voi lo è stato…
“È stato un anno abbastanza tranquillo per via di come sono andate le cose. Anche se come ha detto lei, vincere non è mai semplice. Soprattutto perché i nostri avversari, sapendo di affrontare una squadra importante, contro di noi davano sempre il massimo. Abbiamo mantenuto un ritmo importante. Siamo stati bravi”.
C’è un allenatore a cui si ispira?
“Prima di iniziare la carriera di mister ho potuto ammirare da vicino il lavoro di allenatori top. Come Mancini, Mourinho, Zeman, Ancelotti, Luis Enrique. Ho imparato tantissimo da ognuno di loro. Alcuni sono maestri di calcio. Tu poi puoi osservare chiunque, ma quando scendi in campo devi mettere il tuo. Quello che hai nel dna. La tua personalità. Per fortuna finora sta andando tutto bene…”.
Lei ha vissuto delle esperienze pazzesche. Da quella problematica, per via degli stipendi, con i rumeni del Ceahlăul, al sorriso dei kenioti del Gor Mahia che gli sono valsi la proposta di allenare la Nazionale Africana. Ma a quando l’Italia?
“Se fossi stato in Romania con un Presidente serio la situazione sarebbe stata diversa. Un mio amico dice sempre: ‘con pochi soldi puoi fare qualcosa di positivo nel calcio. Senza è impossibile’. Ed è vero. Il progetto era più o meno similare a quello attuale dell’Albania. O a quello del Kenia. Ma non ricevendo gli stipendi tutto si è complicato. A proposito del Paese africano lì ho vinto tanto, conquistando lo Scudetto alla seconda stagione e togliendomi della soddisfazioni non appena arrivato. Quest’anno col Tirana abbiamo addirittura vinto la Supercoppa con i Campioni di Albania, oltre a essere promossi. Da tutte queste esperienze ho imparato qualcosa. Mi piacciono le sfide. Non alleno per soldi, altrimenti sarei andato in Oriente. Per ora non è arrivata alcuna proposta dall’Italia. Ma sono sicuro che con lavoro e abnegazione ce lo farò. Il prossimo anno probabilmente sarò ancora al Tirana, ma il successivo obiettivo a breve termine è di essere il tecnico di un team che competa in Europa League o in Champions”.
Nel 2010 ha effettuato uno stage con Josè Mourinho. Che ricordi ha di quella esperienza? E cosa le è rimasto del vate di Setubal?
“È uno dei top manager attuali. Ha vinto all’Inter creando una situazione fantastica, difficile da ripetere. Ho visto il suo modo di gestire i calciatori e di allenare. Ha una forza sul gruppo devastante. Il punto di vista psicologico è fondamentale”.
Dagli aspetti di mister a quelli di ex giocatore. Lei arriva all’Inter e di fatto i nerazzurri iniziano a conquistare trofei…
“L’epoca di Moratti è stata caratterizzata da grandissimi campioni. Prima del mio approdo in nerazzurro la Beneamata aveva vinto ben poco se paragonata alla forza delle sue rose. Io sono arrivato a 32 anni, un po’ tardi. Ma abbiamo alzato al cielo subito tre trofei. È stato l’inizio dell’Inter vincente che ha avuto il suo culmine col Triplete. Per me è stato veramente importante. Riuscire a vincere con quella maglia, di una società di livello mondiale, è un qualcosa che porterò sempre con me”.
È quella la squadra più forte con la quale ha giocato?
“Se la gioca col Parma con il quale ho sfiorato lo Scudetto. C’erano Buffon, Thuram, Cannavaro, Benarrivo, Sensini, Crespo e tanti altri. Una bella lotta dai…”.
Cosa si ricorda di quelle stagioni in nerazzurro?
“Eravamo un gruppo unito. Ognuno con una forte personalità. Sia da parte di chi era appena arrivato all’Inter, sia di chi invece c’era da più tempo. Abbiamo creato uno zoccolo duro che giocava sempre per vincere. Che mentalità! Ci dicevamo sempre prima di scendere in campo: ‘ragazzi, qui dobbiamo vincere, non ce n’è’”.
Come ha vissuto l’assegnazione dello Scudetto a tavolino per i nerazzurri?
“Io sono una persona a cui piacciono le cose chiare. Quando succedono degli episodi un po’ così, in cui si cercano di manipolare i risultati e di non essere sportivamente corretti, credo sia giusto intervenire. E che a quella squadra non vengano riconosciute le vittorie. Che poi non sono io a dirlo. Ma la Giustizia Sportiva Italiana che ha confermato come fossero successi questi episodi. Tant’è che lo Scudetto è stato assegnato all’Inter. E io lo prendo come mio. Noi giocavamo in campo e cercavamo di vincere. Poi abbiamo visto che non era quanto accaduto sul terreno di gioco a determinare solo il risultato…”.
A proposito, sabato sera c’è Inter-Juve…
“Sarà una partita difficile per i nerazzurri che cercano la qualificazione alla Champions. E pure per la Juve, che non può nemmeno pareggiare per non farsi superare in classifica dal Napoli. Spero sia una partita aperta e ovviamente tifo Inter. Ha un passato glorioso e deve tornare quanto prima nell’Europa che conta”.
Da terzino dai piedi buoni e dal goal facile qual era, riscatterebbe Cancelo?
“Abbiamo in comune il ruolo e la lingua. Lui è migliorato negli ultimi mesi e sta facendo bene. Mio figlio Daniel, che è interista sfegatato, è un suo fan. Cancelo ha corsa, tecnica, svariate capacità. È giovane e con Spalletti può diventare più forte. È da tenere insomma”.
Anche se il riscatto è fissato a 35 milioni?
“L’Inter ha speso più soldi per altri giocatori che alla fine non si sono meritati la conferma in nerazzurro. A Cancelo si deve concedere fiducia. Crescerà ancora e lo sta già facendo, contando anche tutte le pressioni a cui l’ambiente lo ha sottoposto”.
Dato che Daniel è un tifoso nerazzurro magari vorrà fargli un bel regalo nel proseguo della sua carriera…
“Il mio desiderio in effetti è quello di allenare l’Inter. Lui sarebbe doppiamente contento. Ma per arrivarci dovrò fare bene e maturare esperienza da altre parti. Se devo arrivare devo farlo da vincente. Dovrò essere pronto per non bruciarmi. E credo che se le cose continueranno ad andare così, come quest’anno, ce la farò. E mio figlio sarà la persona più felice del mondo”.
Autore: Simone Togna / Twitter: @SimoneTogna
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