Sul profilo whatsapp domina la foto di lui con un mega sorriso e le braccia incrociate. Dietro lo sfondo di San Siro. Il messaggio di stato, con una punteggiatura impeccabile, sprona a guardare al futuro. Nulla di strano se non fosse che il protagonista non è né italiano, né tantomeno ha conquistato trofei su trofei in nerazzurro. Eppure l’Inter gli “è entrata nel cuore”. E se paradossalmente, se potesse tornare indietro, farebbe di tutto per far vedere di cosa è capace. Andy van der Meyde, tra argomenti più che seri, stemperati da svariate battute e risate, si racconta a FcInterNews.it.
Se le dico Inter, cosa mi dice?
“(ride, ndr) Un grande club. Ho trascorso bei momenti a Milano. Ma penso che al tempo ci si sarebbe dovuti focalizzare di più sul calcio giocato rispetto alle vicende extra campo. Mi faccia spiegare. Avevamo un’ottima squadra. Ma quanta gente si intrometteva e parlava al posto del boss! Come il direttore Marco Branca e similari. Dovevano lasciare in pace il mister, fargli fare il proprio lavoro e non provare a decidere per lui. I tifosi meritano la pace, non avere sempre dei problemi”.
Mi sembra però che lei sia restano legato all’Inter, nonostante tutto.
“Sempre. Amo l’Inter. Un top club nelle cui fila hanno militato star come Ronaldo, Klinsmann, Bergkamp. Unbelievable”.
Quella squadra avrebbe potuto ottenere risultati migliori?
“Certamente. Io poi volevo restare. Ma e poi mai me ne sarei andato. Ma mi hanno comunicato che avrei dovuto farlo. Branca mi disse che mi avrebbe ceduto, ecco perché sono andato via da Milano”.
Chi era il migliore con cui ha giocato in nerazzurro?
“Ce ne sono tanti. Certamente nomino Zanetti. Adriano al tempo era in gran forma, che calciatore. Ce n’era di talento. La squadra era buona. Ma il problema principale fu che non venne mai sfruttato tutto il potenziale a disposizione. Era una situazione difficile. Come le ho detto Branca si intrometteva sempre nelle decisioni. Non lasciava mai libero Mancini di scegliere tranquillamente. Diceva lui può giocare, lui pure. Ma così il tecnico non poteva prendere decisioni in totale autonomia”.
Lei però partì bene, perché poi non riuscì ad imporsi?
“Quando firmai per l’Inter c’era Cuper. Successivamente arrivò Zaccheroni. E dopo Mancini. La rosa era composta da una quarantina di tesserati. Poi Mancini mi disse che contava su di me, che avrei giocato molto. Risposi: cool, bene così. Ma non fu così e rimasi deluso. Volevo giocare il Mondiale con l’Olanda. Dovevo scendere in campo più spesso, altrimenti non sarei stato convocato. Ne parlai con Branca, specificando come il desiderio mio fosse comunque quello di restare, perché davvero mi piacevano squadra e tifosi. Ma lui rispose dicendo che sarebbe stato meglio per me andare via. Anche questo è il calcio”.
Cosa pensa dell’Inter attuale? Le piace?
“Sì, peccato per tutto il casino della situazione di Icardi. Per me è un grande attaccante. Letale in area di rigore, segna sempre. Però vede quante difficoltà si creano? Quando non voleva giocare per via dell’infortunio creava problemi a sé stesso, ma anche alla squadra, al tecnico, ai tifosi. Non dobbiamo dimenticarci fosse il capitano. Probabilmente c’era altro che non sappiamo. In generale, che merda che ci sia sempre qualcosa che non vada!”.
Lei si auspica che Mauro possa tornare a giocare con continuità in coppia con Lautaro?
“Sì, certo. È sempre positivo quando due giocatori forti si contendono il posto in squadra. Mi piace anche Martinez. Poi della rosa attuale apprezzo ovviamente anche il mio connazionale De Vrij. Ma se dovessi scegliere un solo giocatore direi sempre Icardi. Ripeto: è letale in area di rigore. Il mister deve prendere le sue decisioni, ma io sono un grande fan di Mauro”.
Oggi lei è una persona totalmente diversa rispetto a quanto ci si possa aspettare leggendo i suoi trascorsi.
“All’epoca ero molto giovane, quando firmai per l’Inter ero un ragazzino che sarebbe dovuto crescere, eccome. Ho commesso errori stupidi. Quello più grande fu firmare per l’Everton. Avrei dovuto ascoltare Materazzi, che mi aveva consigliato di restare, anche per il tipo di calcio praticato. All’epoca però non volevo dare retta a nessuno. Potessi tornare indietro, lo farei. Avrei avuto una carriera migliore e non mi sarei ritirato a soli 30 anni. Per fortuna però adesso sono sposato, ho dei figli. Vivo un’esistenza felice, senza problematiche. E questo è buono”.
I suoi continui allenamenti l’hanno fatta diventare una vera e propria roccia.
“Eh eh. Mi godo la vita, ma sto diventando anche un po’grasso (ride dopo aver pronunciato l’unica parola in italiano – grasso - usata durante l’intervista, ndr)".
Vuole aggiungere qualcosa per i tifosi nerazzurri?
“A Milano per fortuna non ho avuto problemi, a differenza dell’Everton. Peccato solo non aver giocato molto nella seconda stagione. Ma le racconto un aneddoto. Quando giocavo avevo i capelli lunghi e un aspetto diverso rispetto a quello attuale. Ecco, un po’ di tempo fa sono tornato a San Siro. Avevo in testa un cappello ed ero seduto vicino al settore della Curva Nord. Le persone non mi avevano riconosciuto. Poi proprio dalla Curva mi hanno chiamato per unirmi a loro. Ho intonato e ricevuto cori. Devo dire che è stato molto bello ed emozionante vedere il match da lì”.
I tifosi della Beneamata ricambiano il suo affetto.
“Ne sono felice. Peccato mi sia infortunato poco prima di giocare per Inter Legends contro le glorie del Tottenham. Ma prometto di esserci al prossimo appuntamento. Non mancherò di sicuro. Voglio vestire ancora la casacca nerazzurra”.
VIDEO - ALLA SCOPERTA DI... - PEDRO DE LA VEGA, LA NUOVA PROMESSA ARGENTINA
Autore: Simone Togna / Twitter: @SimoneTogna
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