Probabilmente uno dei giocatori più amati da chi ha vissuto l'Inter negli anni '90. Ruben Sosa, che recentemente ha festeggiato il 54esimo compleanno con tanti di auguri social dal club nerazzurro, è stato ospite della diretta Instagram di FcInterNews.it e ha risposto a molte domande sul passato ma anche sul presente della Beneamata.
Tu ti sei fatto amare in ogni squadra.
"Perché io giocavo per la gente, quella che urlava il mio nome. Mi sono trovato benissimo, quando torno in Italia mi chiedono sempre di fermarmi".
All'Inter non sei arrivato da titolare, poi ti sei preso il posto in squadra.
"Io ero il quinto straniero, dopo Shalimov, Pancev, Bergkamp e Jonk. Nel primo mese stavo in tribuna, poi quando sono entrato in squadra non ne sono più uscito".
Avete sfiorato lo scudetto, poi quel gol di Gullit...
"Eravamo in vantaggio in quella partita, la squadra stava andando benissimo ma a 5 minuti dalla fine il Milan ha pareggiato".
Come calciavi quelle punizioni?
"Mi piaceva allenarmi, facevo le sfide con Zenga dopo l'allenamento, un bene per entrambi. Un campione come lui che prova a parare i tuoi tiri era una soddisfazione. Quando hai il tiro, la voglia di segnare e ti alleni, poi riesci a segnare anche in partita".
Per tanti anni all'Inter è mancato un cecchino su punizione.
"Per un allenatore avere un buon calciatore da fermo, che sia un tiro o un cross, è importante. In ogni squadra deve esserci".
C'è un Ruben Sosa nel calcio mondiale?
"Un uruguayano che adoro è Cavani, è un giocatore completo. Velocità, professionalità, sempre allegro. In certi aspetti mi rivedo in lui".
Si parla proprio di Cavani in ottica Inter in caso di cessione di Lautaro. Saresti d'accordo?
"Se andasse via Lautaro secondo me Cavani sarebbe l'ideale, un uomo gol a tutto campo. Mi sembra completo".
In Uruguay che si dice di Cavani?
"Dicono che potrebbe andare all'Inter, che i connazionali ad Appiano ne abbiano parlato bene. Spero di vederlo in nerazzurro, farebbe benissimo".
Cosa pensi della ripresa del campionato?
"Non si sa, in Argentina hanno interrotto. In Uruguay stiamo aspettando di capire. Se in Italia non si ricomincia, nessuno deve vincere lo scudetto. Sarebbe brutto diventare campioni così. Difficile dire quando si tornerà in campo. La Juventus, l'Inter, la Lazio sono vicine e in pochi punti".
Questo poteva essere l'anno di uno scudetto non della Juventus?
"Sì, l'Inter si è rinforzata, la Lazio ha iniziato male poi ha vinto sempre. La Juve come sempre è lì".
Nel 1994 è arrivata la Coppa Uefa.
"Sì, siamo andati male in campionato e abbiamo vinto la coppa, è stato incredibile. Forse ci siamo concentrati troppo sull'Europa. Credo che sia stata una vittoria importante, regalare ai tifosi un trofeo è stato bellissimo".
Tra l'altro la Coppa Uefa all'epoca era una sorta di Champions League...
"Partecipavano grosse squadre, non è stato facile. Nella finale a Milano (contro il Salisburgo, ndr) se Zenga non fosse stato in forma non so come sarebbe andata. Ha fermato dei palloni difficilissimi. E abbiamo vinto 1-0".
Perché Bergkamp ha fatto bene in Europa ma male in campionato?
"Credo sia arrivato troppo giovane, ha fatto meglio di lui Jonk. Bergkamp è arrivato come idolo, aveva sulle spalle il numero 10 dell'Inter che non è per tutti. L'hanno indossato tantissimi campioni...".
Ieri Zenga ha compiuto 60 anni.
"Gli mando un grosso braccio e tanti auguri".
Al Nacional hai adocchiato Satriano?
"L'ho visto, quando uno stoppa il pallone capisci se può diventare un campione. Qui faceva la differenza, però è un ragazzo e gli serve tempo".
Ti senti ancora con gli ex compagni dell'Inter?
"L'ultima volta in Italia mi sono ritrovato con Berti, spesso con Ferri, Bergomi , Fontolan e Zenga. Sono stato all'Academy dell'Inter con un ragazzo uruguayano di 9 anni. Si è allenato tre volte e Bergomi era con noi. C'è un gruppo di tifosi della Curva e ogni tanto ci salutiamo. Il calcio per me era un'allegria e andarmene dopo una Coppa Uefa mi ha permesso di farlo serenamente".
Il più forte calciatore con cui hai giocato?
"Molti erano fortissimi all'Inter, peccato che a Bergkamp sia mancato qualcosa".
Qualche aneddoto che si possa raccontare?
"Quando vincevamo andavamo sempre a cena assieme. All'arrivo al Meazza prima di una partita mandavo avanti Zenga per capire chi veniva applaudito di più tra me e lui e ci ridevamo su".
Tu sei stato premiato con Zenga e Zamorano al Meazza con la maglia speciale.
"Sì, abbiamo ricevuto le maglie con i nostri numeri. Vuol dire che abbiamo lasciato nella società un bel ricordo, questo è importante per un calciatore. E io sono stato solo tre anni a Milano, tutti bellissimi".
Chi era il più scarso a parte Pancev?
"No, Pancev è arrivato come Scarpa d'Oro, l'anno prima segnava sempre. All'Inter non si è trovato bene, poi ha avuto problemi di salute. Non era un fuoriclasse, ma un bomber. Poi anche la squadra non era al massimo".
Quale partita sentivate di più, il derby o contro la Juve?
"Vincere un derby era come vincere lo scudetto, poi veniva la Juve. I tifosi ci chiedevano di vincere, ci tenevano contro entrambe. Ma il derby è il derby".
Il gol più bello che hai segnato?
"Contro il Genoa, ho dribblato 3 giocatori in area e poi ho segnato. Poi le punizioni contro il Parma, ma ero abituato a segnare così".
Come avete fatto a vincere a Dortmund 3-1?
"Abbiamo disputato una gara incredibile lì, a Milano abbiamo rischiato. Vincere a Dortmund, con tutti quei tifosi, è stata la chiave della nostra Coppa Uefa. Ci ha dato la fiducia di poter arrivare fino in fondo".
Anche Manicone giocò una grande partita contro il Borussia Dortmund.
"Sì, sia all'andata sia al ritorno. Ha giocato grandi partite, faceva dei bellissimi lanci. Ne ricordo uno per me contro la Lazio".
Perché sei andato via dopo soli tre anni?
"Avevo male al ginocchio, non riuscivo a giocare tutte le partite e non ritenevo fosse giusto restare all'Inter senza poter fare bene. Poi sono andato al Borussia".
Che rapporto hai con Recoba?
"Abita a 100 metri da casa mia, ora è tranquillo. Cerca di vivere serenamente, non è nel calcio. Voleva essere presidente del Nacional ma non ha insistito. Resta un nostro punto di riferimento in Uruguay".
Tutti gli uruguagi all'Inter hanno fatto bene.
"Sì, ricordo quando Moratti ha voluto il Chino, lui ama i calciatori uruguayani. Noi siamo calciatori che quando indossano una maglia danno tutto".
Che rapporto avevate con Bergkamp?
"Era strano, è arrivato come una stella olandese. Un ragazzo timido, chiuso, molto diverso da me. Gli dicevo di divertirsi, che era un campione. Non sono riuscito a vederlo felice. Non viaggiava con noi in aereo, preferiva il treno perché aveva paura. Era scritto anche nel suo contratto, niente aerei".
Cosa si dice in Uruguay di Godin?
"Grandissimo campione, il nostro capitano. Se gli dici di giocare 30 partite è difficile, anche se col suo cuore lo farebbe. Ha la garra charrua, è leader, è capitano, si sacrifica. Sta bene, può continuare altre due stagioni in Europa, ma non è semplice giocare sempre a quel livello tutte le gare. Non è un ventenne...".
Dicono che non avevi nulla da invidiare a Maradona nelle punizioni.
"Io le punizioni le consideravo dei rigori, mi allenavo tanto. Era bello prendere il pallone in mano con la gente che iniziava a fare 'oooooh'. Io non calciavo subito per questo, aspettavo che il coro della gente crescesse. Volevo segnare per loro".
Quanto ti mancano queste emozioni?
"Non mi manca nulla, sono felice. Mi sono divertito, ho dato tutto in campo. Ero un bambino anche a 30, guardandomi ora mi dico che sono stato un grande (ride, ndr)".
Dell'Inter attuale chi ti piace più degli altri?
"Mi piace Lukaku, gioca per la squadra. Grande campione, tecnicamente non bravissimo ma si sacrifica e ogni tanto segna gol incredibili".
Lautaro lo venderesti?
"No, lo terrei perché è giovane e ha ancora tanto da dare all'Inter. Lo considero un campione, ha fatto bene e continuerà a fare bene. Se l'Inter riuscisse a tenerlo sarebbe giusto".
Tanta gente dice che sei stato il suo idolo.
"Grazie, ho incontrato molte persone che mi hanno fatto i complimenti, vuol dire che ho reso felice la gente e per me è tutto".
C'è qualcuno che ha il tuo mancino oggi?
"Sì, mio figlio di 15 anni (ride, ndr). Gioca nel Danubio, ha il mio sinistro. Se lui continua ad allenarsi a 18 anni lo porterò all'Inter".
Ma è più bravo del padre nelle punizioni?
"No, io calciavo con tre dita, lui con quattro. Da piccolo tiravo fortissimo, poi con il trascorrere degli anni devi cambiare perché i portieri cominciano a conoscerti. Tirando con tre dita c'è un effetto che inganna il portiere. Anche Roberto Carlos lo faceva. Il segreto è avere un piede piccolo, massimo numero 40, perché colpisci il pallone pieno. Poi essere mancino è diverso, c'è un tocco da fuoriclasse. Quasi tutti i bravi calciatori su punizione sono mancini".
A proposito, perché Cristiano Ronaldo non segna più su punizione?
"Parliamo di un grande campione, poi diventa difficile quando i portieri cominciano a conoscerti. Roberto Carlos faceva 30 passi di rincorsa, io 2-3, Maradona anche meno. Se calci troppo diritto colpisci il pallone sopra e non fa il giro, ma CR7 resta un grandissimo campione".
A parte tuo figlio, c'è qualche giovane campione in Uruguay?
"Sì, ne abbiamo tantissimi. Al Nacional ce ne sono due o tre e presto andranno in Europa".
Si parla tanto di Rodriguez.
"Ha tecnica incredibile ma gli manca il fisico, l'allenamento. Ma prima o poi crescerà. Ragazzo umile, diventerà forte".
E Benavidez? Se n'era parlato anche in ottica Inter.
"Il Danubio è una scuola di calcio, ha avuto grandi campioni. Quando partono molto giovani conta la testa, avere la famiglia vicino. Gli uruguayani senza qualcuno vicino che li aiuti tornano subito indietro. Non è facile per loro".
In chiusura, Sosa saluta così: "Un abbraccio forte a tutti (a questo punto toglie la felpa e mostra una maglia con lo stemma nerazzurro, ndr) e un ringraziamento ai tifosi. Ora sono lontano dall'Italia, la mia seconda casa sia a Milano sia a Roma, e mi manca. Ma ci troveremo con tutti gli interisti e rifaremo presto dal vivo questa intervista".
Autore: Redazione FcInterNews.it / Twitter: @Fcinternewsit
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