Poche storie. Antonio Conte è uno tra i più bravi in circolazione. Così come lo era Giovanni Trapattoni. Così come lo sono stati i vari Zlatan Ibrahimovic e Patrick Vieira. Anche Marcello Lippi era bravo, se no non avrebbe vinto un Mondiale. Poi non ha funzionato per svariati motivi. L'Inter ha il dovere di scegliere il meglio per blasone e forza economica e se il meglio ha un passato che non piace, è lecito farlo notare. Ma diventa stucchevole e anche noioso insistere sul tema in un mondo, quello del cosiddetto calcio moderno, dove i tifosi occupano gli spalti, mentre in campo e dietro le scrivanie ci vanno i professionisti. 

Antonio Conte arriva a Milano, sponda nerazzurra, con due anni di ritardo. Suning lo aveva già tentato e quasi convinto, poi ha prevalso la scelta di rimanere al Chelsea, con lui campione d'Inghilterra al primo colpo, con l'Inter che virava così su quello che poteva comunque garantire competitività e raggiungimento degli obiettivi, alias Luciano Spalletti. Ma anche Spalletti, che in poco tempo si è calato perfettamente nell'interismo, ai tempi di Roma era un “nemico” a cui non stavano certo particolarmente simpatici i colori nerazzurri. Dopo due piazzamenti Champions ottenuti con un po' di fiatone, ma ottenuti, Suning ha però deciso di alzare l'asticella. E dopo Marotta, ecco la logica conseguenza.

È arrivato uno dei più bravi, uno dei più vincenti, il trascinatore, l'elettroshock di cui l'Inter ha grande bisogno. Pronti via, Conte ha subito chiarito alcuni concetti davanti alle telecamere della tv di casa. Ha detto di aver scelto l'Inter per la serietà del progetto che gli ha illustrato la società e, udite udite, per la storia e il blasone di uno dei club, parole sue, più importanti d'Italia, d'Europa e del mondo. Vuole riportare l'Inter ai livelli che merita, ha aggiunto, e per raggiungere questo obiettivo chiede che i giocatori con lui lavorino tanto e sentano forte lo spirito di appartenenza. Musica per le orecchie dei tifosi, anche dei più scettici. Antonio Conte, l'ex capitano e allenatore della Juve, che parla di spirito di appartenenza all'Inter. Frasi pronunciate senza particolari sforzi, ma con la convinzione che questa sia la ricetta giusta per vincere. Sì, perché Conte vuole vincere, che non sarà l'unica cosa che conta, ma è sicuramente un bel modo per passare delle belle ore dopo aver visto una partita dell'Inter.

Non deve essere stato facile per l'attuale tecnico nerazzurro accettare l'incarico, sapendo cosa gli avrebbero potuto riservare molti tifosi, sia dell'Inter che della Juventus. E invece lo ha fatto con grande convinzione, con grande coraggio, sapendo di avere in tasca la chiave giusta per poter convincere tutti gli interisti, o quasi. Meno gli juventini che si stanno mobilitando per chiedere addirittura la rimozione della sua stella celebrativa all'Allianz Stadium. Sembra già una vittoria. A Conte piace molto come è strutturata la proprietà nerazzurra, in grado, a suo dire, di dare un respiro internazionale al club. Tema a lui caro, dopo aver lavorato e vinto in Premier League. Chiaro che lo abbia lusingato ulteriormente il ricco contratto triennale firmato, ma sappiamo che mai si adagerà sul denaro che incasserà, chi non crede vada a vedere i suoi allenamenti.

Io ho avuto la fortuna di seguirlo quotidianamente all'Europeo in Francia nel 2016, quando Conte era il commissario tecnico di una Nazionale dagli scarsi contenuti tecnici. Bene, dopo ogni seduta, ti sentivi in grado di andare a fare la “guerra sportiva” contro tutti e ne sanno qualcosa Belgio e Spagna, oltre alla grande Germania salvata ai quarti solo da chi ha voluto fare il gradasso dal dischetto. Troppa enfasi? Troppe aspettative? Certo, poi sarà solo il campo il giudice inappellabile, ma dico che alla corte della Beneamata sia sbarcato il Mourinho italiano.

Con Antonio Conte tornerà in nerazzurro anche Lele Oriali. I due sono divenuti “fratelli” durante l'esperienza azzurra. Ora si ritroveranno a vivere una elettrizzante esperienza nero e azzurra. La Curva chiede a Conte di imparare presto da Oriali e Zanetti i valori dell'Inter, perché, recitano nel comunicato: “Noi non siamo la Juve”. Tranquilli, lo sa, e i primi concetti espressi ieri stanno a dimostrarlo. Penso che i tifosi dell'Inter debbano essere orgogliosi che uno come Conte, proprio perché esponente in passato di un'idea di calcio che non piace, abbia ora deciso di sposare la causa che si ritiene giusta. Il resto lo dovrà fare la società con un mercato all'altezza e all'insegna della chiarezza. Vincere non è l'unica cosa che conta, ma è molto bello.

Chiusura dedicata a Luciano Spalletti. Bravissimo allenatore, carattere difficile, ma comunque persona che all'Inter ha dato tutto. Fino all'ultimo, quando un aspetto privato molto triste avrebbe giustificato un certo distacco. No, lui ha voluto portare a termine la missione e da gran signore, ha ringraziato da par suo i tifosi che hanno riempito d'affetto un'Inter arrivata quarta all'ultimo respiro. Chapeau. Ma l'Inter vuole e deve tornare a giocare per vincere. Antonio Conte sa come si fa. E farlo da interista, gli piacerà ancora di più.

VIDEO - TUTTA LA LEADERSHIP DI CONTE: LO SPETTACOLO NELLO SPETTACOLO DELL'EX CT A BORDO CAMPO

Sezione: Editoriale / Data: Sab 01 giugno 2019 alle 00:00
Autore: Maurizio Pizzoferrato
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