La solita Pazza, ma dannamente emozionante squadra. Proprio quello che ha fatto innamorare tantissimi tifosi di una società dal dna unico, soprattutto per questa caratteristica: Pazza, Pazza, ancora Pazza Inter. Questa volta voglio però essere un po' cattivo ed evitare di dare troppo spazio a sentimenti positivi, a facili entusiasmi o applausi probabilmente immeritati. Pazza sì, ma senza esagerare. Questo club, la storia più o meno recente insegna proprio questo, si ama o si odia, si applaude o si critica, esalta o fa arrabbiare. Le mezze misure non sono mai stato il leitmotiv dalle parti di Appiano Gentile e fu così che anche la splendida trasferta del 'Celtic Park' si confermò... Pazza. Round one dei sedicesimi di finale di questa importantissima Europa League al cardiopalma: 2-0 in scioltezza, rimonta The Bhoys subita in un minuto (neanche il tempo di alzarsi ed applaudire Palacio e Shaqiri), 3-2 quasi immediato e beffa finale proprio al fotofinish firmata John Guidetti, proprio lui. L'uomo che tifa Inter e che Roberto Mancini conosce bene. Ennesimo capitolo di Pazza Inter pronto e servito.
In termini-qualificazione il risultato non è comunque da buttare, al pari della prestazione a parer mio, ma per crescere servirà capire cosa non ha funzionato per l'ennesima volta in questa stagione. Voglio quindi analizzare un reparto, considerando tre elementi in particolare: Andrea Ranocchia, Juan Guilherme Jesus Nunes e Nemanja Vidić. Verissimo che a Glasgow il buon Hugo Campagnaro non ha vissuto la gara migliore in carriera, ma l'out esterno resta coperto con un Davide Santon gradito ritorno da una parte e il rientrante Danilo D'Ambrosio dall'altra, in attesa di un Dodò che oggi sembra solamente un lontanissimo parente del coraggioso terzino ammirato a inizio stagione con Walter Mazzarri.
Tornando ai centrali, personalmente ribadisco ancora oggi l'importanza del serbo ex Manchester United e ora, più che mai, copio-incollo la mia speranza che porto avanti da mesi: una delle due maglie della coppia centrale deve essere sua. Senza discussioni, anche se il mio desiderio sembra sempre di più un sogno di difficile realizzazione, a maggior ragione dopo i rumors post Glasgow circa ulteriori screzi con il tecnico. Ok, la condizione fisica non è mai stata preziosa alleata in questa stagione e nessuno vuole negare qualche svarione difensivo non da lui, soprattutto a inizio annata, ma anche al 65% lo ritengo superiore ai due titolari attuali. Esperienza, physique du rôle e cattiveria, tanti punti a suo favore che determinano una sorte di rebus di fronte a questa ferrea discontinuità di impiego.
Serbo titolare, senza dubbio quindi, in coppia con... il JJ brasilano. Ebbene sì, perché il 5 con il nerazzurro nel cuore tutto corsa, muscoli e corazon è difensore vero, con il giusto mix di esplosività e cattiveria che in tantissime situazioni può risultare decisivo. Ovviamente, tecnicamente parlando, non stiamo parlando di David Luiz o Thiago Silva e forse manca ancora quel pizzico di concentrazione che un top del ruolo dovrebbe avere (vedi anche gli errori nel match contro gli scozzesi), ma oggi come in prospettiva il classe 1991 di Belo Horizonte non può che essere un titolarissimo. Resta il capitano a questo punto, con quel 23 portato sulle spalle che forse negli anni si è rivelato più un peso che una spinta da 'guerriero', proprio quello che solamente in pochissime circostanze il popolo interista ha ammirato dal momento del ritiro di Marco Materazzi.
Buone doti, ma ritenere l'ex Bari e Arezzo un elemento tale da poter indossare una fascia pesante con conseguente investitura da leader mi sembra un traguardo che con il passare del tempo sta assumendo sempre di più toni utopici. Senza Ranocchia rimarrebbe quindi una C vacante, ma in questo caso l'Inter sarebbe già coperta perché l'identikit ideale in grado di potersi prendere questa responsabilità ha già un nome e un cognome ben precisi: Fredy Alejandro Guarín Vásquez. Non voglio comunque inoltrarmi troppo su questo giocatore considerando che mi sono già espresso più volte in suo favore ultimamente, ma voglio chiudere invitando il tifoso a osservarlo anche nelle situazioni di gioco fermo: a Glasgow, nella bolgia del 'Celtic Park', nel momento di maggior difficoltà per l'Inter, a un certo punto è stato proprio lui a spronare i compagni in modo durissimo, con urla e battiti di mano che da fuori mi hanno fatto pensare che quel tanto ricercato leader, citato ma senza un volto perché mai trovato, forse, ci sarebbe. Ha il numero 13, viene da Puerto Boyacá e parla spagnolo. Augurandovi un buon week-end, vi do quindi appuntamento a Cagliari, magari con un Vidić titolare e un Guarín con la fascia al braccio. In fondo queste sarebbero solamente due semplici mosse per avere un'Inter più forte.
Autore: Francesco Fontana / Twitter: @fontafrancesco1
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