Ne avevamo bisogno. Così almeno fino a domenica prossima, la proibitiva trasferta in quel dello Stadium già conquistato nel recente passato e quindi non vedo il motivo per cui andare in Piemonte con le orecchie basse e la convinzione di essere battuti in partenza, potremo fare conti e conticini, calendario alla mano, sperando in scivoloni di chi ci sta davanti e cadute rovinose di chi ci segue.
Gioco? Questo è un termine, un sostantivo maschile riportano i vocabolari, che per adesso non ci appartiene. Perché parliamoci chiaro; di gioco poco o nulla. Sotto lo sguardo vigile di Mou, inopportunamente chiamato a sedersi sulle tribune del Meazza in un momento storico del tutto sbagliato. Così come fuori luogo è sembrata ai più la presenza dell’ex “fenomeno” del calcio mondiale: che ha in effetti deliziato la platea nerazzurra con giocate al limite dell’incredibile, parliamo dell’età della pietra, ma a cui la gran parte del popolo coi colori del cielo e della notte non ha mai perdonato la fuga notturna verso Madrid o, peggio ancora, il gol nel derby con la maglia dell’altra squadra di Milano annessa esultanza mani alle orecchie in segno di sfida. Insomma, più inopportuna di così la visita e l’invito di ronaldo non potevano essere. Umanamente spiace, molti cori e troppi insulti, ma il tifoso ragiona col cuore ed era una situazione che si poteva serenamente mettere in preventivo.
Ecco, di gioco parlavamo; si, ma quale gioco? Sabato sera ho visto un paio di trame perfino gradevoli, vanificate poi da inutili tocchi o, peggio ancora, da cross effettuati con una pochezza tecnica da far impallidire perfino i miei tocchi di fino sul terreno di gioco. Penso, e lo scrivo senza nessuna vena di ironia, che Mancini dovrebbe prendere alcuni dei suoi uomini ed allenarli specificamente sui traversoni. Davvero, siamo improponibili su un fondamentale che nel calcio moderno ha una valenza non di poco conto. Ed infatti al primo calcio d’angolo battuto in maniera consona abbiamo costruito il vantaggio, fino a quel momento assolutamente immeritato per quanto visto in campo.
La squadra è non solo tesa, i risultati del resto non danno una mano ai nostri eroi; perché se da un lato è vero che in qualche circostanza nel girone d’andata la buona sorte e le manone di Samir ci hanno dato un aiuto, dall’altro è innegabile che il pallone toglie spesso quello che regala. Sicché ci siamo trovati nell’ultimo mese e mezzo a commentare o seguire partite dove abbiamo perso punti più di quanto effettivamente meritavamo. Lazio, Sassuolo, Carpi, Verona, Firenze. Tappe disgraziate di un inizio 2016 da incubo. Gare dove, senza esagerare, avremmo dovuto raccogliere una decina di punti e, al contrario, ne abbiamo messi in saccoccia solo tre. I sette persi per strada sono quelli con i quali, non sto parlando di cose impossibili, oggi ci troveremmo dietro la coppia in fuga. Con i se e con i ma nel calcio non si vince nulla. Quel che conta, con buona pace dei puristi del pallone, è il risultato. Boskov, un istrione della panchina, amava ripetere: squadra brutta che continua a vincere? Squadra forte. Non parlava di ghirigori e bel gioco, lui. 
Non è solo tesa la squadra, dicevamo. È impaurita, spaventata, a tratti terrorizzata. Il pallone scotta tra i piedi e quasi tutti scappano velocemente dal compagno che in quel momento ne ha il possesso consegnandolo, di fatto, a giocate complicate e spesso deleterie. L’Inter attuale non è infarcita di campioni o presunti tali. E meno ancora di cuor di leoni. Eccezion fatta per qualche raro caso, sporadico. Pertanto se aggiungiamo a questo l’insicurezza ed il timore, dove vogliamo andare?
A me sembra che il problema sia sì di gioco, di schemi, di formazioni; o almeno in parte. Ma il vero problema è nella testa di quelli che scendono in campo a giocarsi la partita. Già, però l’obiezione è; beh, c’è un allenatore per quello, è lui che deve infondere certezze laddove è evidente a chiunque che ne manchino. Già, obbietto io; in teoria sarebbe così. Certo che poi se chi va in campo non è in grado di fare un passaggio al compagno che si trova a tre metri tre, ieri nei primi venti minuti ho contato una quindicina di appoggi elementari regalati o all’avversario o al fallo laterale, di cosa discutiamo? Ora, poiché qui parliamo di una Società professionistica, Voi forse pensate che lo staff tecnico, dopo Verona, non abbia preso i giocatori per le orecchie e fatto vedere e rivedere loro i movimenti NON svolti nella città di Giulietta e Romeo? Pensate davvero che siamo a questo punto di pressapochismo? Io no, non mi sfiora nemmeno l’idea. Ma sabato, nonostante tutto, ad inizio partita siamo riusciti a restare fermi impalati in mezzo all’area consentendo all’ex di turno il salto in solitaria. Che, per nostra fortuna, non ha sortito effetti. E per tutta la partita le situazioni da palla inattiva mi hanno procurato mancamenti e tachicardia. Insomma, non solo sbagliamo. Perseveriamo, il che è ancora peggio. 
Poi vedo Mou in tribuna, accanto a Zanetti; chiudo gli occhi per un istante, rivivo la cavalcata pazzesca di pochi anni fa e sì, lo ammetto, una lacrimuccia mi ha rigato la gota destra. E pure quella sinistra. 
Li riapro. Riusciamo a perdere palla a centrocampo, minuto 92, regalando gloria pure a Quagliarella.
Ma non importa, mi accontento. Abbiamo preso tre punti. Importanti. Fondamentali.
Con un leggero velo di tristezza.
Buon inizio settimana a Voi.
Amatela! Sempre!

Sezione: Editoriale / Data: Lun 22 febbraio 2016 alle 00:06
Autore: Gabriele Borzillo / Twitter: @GBorzillo
vedi letture
Print