Nandez, Bellerin, Dumfries, Scamacca, ma anche Lazzari, Luis Alberto, Van Aanholt, Pessina, Florenzi, Mancini, Keita… Chi ne ha più ne metta. E a metterci sono in tanti, troppi. Ma il ballo del mercato è ballato solo tra le redazioni, possibilmente al pc, perché di movimenti (reali) in questa sessione di calciomercato ce ne sono pochi. Davvero pochi, troppo pochi. All’Inter in particolar modo, ma anche altrove non si naviga in acque migliori.
Emblema, se non a tutti gli effetti prova, del mercato meno mercato di sempre sono i villaggi turistici extra lusso nelle località balneari più gettonate colmi di attori di mercato, più rilassati di altri anni, sebbene forse il termine più adatto sarebbe ‘più liberi’ di altri anni. Liberi da offerte, ma non da pensieri e problematiche. In un mercato stritolato dalle esigenze economiche più stringenti che mai, fatto di prestiti e movimenti a tasso zero (o meglio dire a costo zero), le trattative non scarseggiano ma si complicano. A scarseggiare sono i soldi da mettere sul piatto, bonus e commissioni comprese, eccezion fatta per qualche club, ancora in grado di proporre ingaggi faraonici ma a patto che il costo del cartellino sia zero.
È il caso del Psg, l’eccezione che conferma la regola di quella ‘famosa’ quanto bistrattata e odiata Super League, tornata in vita proprio ieri con la decisione del Tribunale di Madrid che ha accolto la richiesta dei promotori della suddetta competizione, respingendo il ricorso mosso dalla Uefa e confermato l’intimazione alla massima organizzazione calcistica europea che “qualora quest’ultima non si conformasse alla decisione, ne scaturirebbero ammende e responsabilità penali”. In parole povere, condannando Nyon per gli atti intimidatori nei confronti dei club che avevano proposto il suddetto progetto, smontandone entusiasmi ed esiti. Ma questo è un altro discorso (quantomeno rispetto al nocciolo qui in esame), ma non troppo perché di incongruenze e beghe ce ne sono fin troppe e non a caso la Super League nasceva dall’esigenza dei club di trovare un percorso alternativo ad un fallimento arginato ma non scongiurato. E infatti tant’è: Inter, Juventus, ma anche Real Madrid, Barcellona… si ritrovano a fare i conti minuziosi e zelanti come mai prima e ogni acquisto vale una o più stagioni.
Possibile? Sì. Ahinoi sì. Ma fermiamoci all’Italia, e proprio nel Bel Paese il mercato di oggi è tutto fuorché bello. Nomi, tanti. Ma tra il dire e il fare o tra proposte (e rumors) e il “tutto fatto” ci passa… settimane e addirittura mesi e persino un prestito con diritto di riscatto a 20 milioni oggi sembra un’impresa titanica che finisce per essere Titanic: schianto senza diritto di riscatto, figuriamoci di retromarcia. Operazioni ad un passo dal compiersi che finiscono infrante e persino i nervi non saltano neppure più, a saltare bastano trattative, accordi e soprattutto buoni auspici. In viale della Liberazione persino le famosissime ‘visite di cortesia’ si sono ridotte ai minimi storici, i ristoranti non si riempiono più e gli hotel del centro di Milano sono parecchio vuoti. In casa Inter nella fattispecie tutto si limita a tentare scambi che alleggeriscono il monte ingaggi e persino l’adrenalina da plusvalenza viene meno, d’altronde s’è detto: +80 finale e chi s’è visto s’è visto.
Sì ma non troppo. E mentre Marotta e Ausilio tentano di far quadrare e mettere a segno il colpo Nandez, che temporeggia in Uruguay, Dumfries lancia messaggi social e Nainggolan scalpita e scappa dalla famiglia a Cagliari (nei tre giorni di libera uscita concessi da Simone Inzaghi) nella speranza di restarci, Bellerin vuole l’Inter ma riceve la proposta di rinnovo dall’Arsenal (sebbene ancora in maniera più ufficiosa che ufficiale). Embé? Embé boh. Chi è libero dal peccato scagli la prima pietra, ma nel mercato più insulso di sempre tutti siamo peccatori e più che pietre, si scagliano tweet (e per fortuna). Tweet che lasciano il tempo che trovano, perché se in tempi normali nel calciomercato non c’è logica che tenga, in quello di oggi a non tenere sono persino e soprattutto accordi e parole date quanto ‘volontà’: un mercato che non balla, ma Bellerin.
Emblema, se non a tutti gli effetti prova, del mercato meno mercato di sempre sono i villaggi turistici extra lusso nelle località balneari più gettonate colmi di attori di mercato, più rilassati di altri anni, sebbene forse il termine più adatto sarebbe ‘più liberi’ di altri anni. Liberi da offerte, ma non da pensieri e problematiche. In un mercato stritolato dalle esigenze economiche più stringenti che mai, fatto di prestiti e movimenti a tasso zero (o meglio dire a costo zero), le trattative non scarseggiano ma si complicano. A scarseggiare sono i soldi da mettere sul piatto, bonus e commissioni comprese, eccezion fatta per qualche club, ancora in grado di proporre ingaggi faraonici ma a patto che il costo del cartellino sia zero.
È il caso del Psg, l’eccezione che conferma la regola di quella ‘famosa’ quanto bistrattata e odiata Super League, tornata in vita proprio ieri con la decisione del Tribunale di Madrid che ha accolto la richiesta dei promotori della suddetta competizione, respingendo il ricorso mosso dalla Uefa e confermato l’intimazione alla massima organizzazione calcistica europea che “qualora quest’ultima non si conformasse alla decisione, ne scaturirebbero ammende e responsabilità penali”. In parole povere, condannando Nyon per gli atti intimidatori nei confronti dei club che avevano proposto il suddetto progetto, smontandone entusiasmi ed esiti. Ma questo è un altro discorso (quantomeno rispetto al nocciolo qui in esame), ma non troppo perché di incongruenze e beghe ce ne sono fin troppe e non a caso la Super League nasceva dall’esigenza dei club di trovare un percorso alternativo ad un fallimento arginato ma non scongiurato. E infatti tant’è: Inter, Juventus, ma anche Real Madrid, Barcellona… si ritrovano a fare i conti minuziosi e zelanti come mai prima e ogni acquisto vale una o più stagioni.
Possibile? Sì. Ahinoi sì. Ma fermiamoci all’Italia, e proprio nel Bel Paese il mercato di oggi è tutto fuorché bello. Nomi, tanti. Ma tra il dire e il fare o tra proposte (e rumors) e il “tutto fatto” ci passa… settimane e addirittura mesi e persino un prestito con diritto di riscatto a 20 milioni oggi sembra un’impresa titanica che finisce per essere Titanic: schianto senza diritto di riscatto, figuriamoci di retromarcia. Operazioni ad un passo dal compiersi che finiscono infrante e persino i nervi non saltano neppure più, a saltare bastano trattative, accordi e soprattutto buoni auspici. In viale della Liberazione persino le famosissime ‘visite di cortesia’ si sono ridotte ai minimi storici, i ristoranti non si riempiono più e gli hotel del centro di Milano sono parecchio vuoti. In casa Inter nella fattispecie tutto si limita a tentare scambi che alleggeriscono il monte ingaggi e persino l’adrenalina da plusvalenza viene meno, d’altronde s’è detto: +80 finale e chi s’è visto s’è visto.
Sì ma non troppo. E mentre Marotta e Ausilio tentano di far quadrare e mettere a segno il colpo Nandez, che temporeggia in Uruguay, Dumfries lancia messaggi social e Nainggolan scalpita e scappa dalla famiglia a Cagliari (nei tre giorni di libera uscita concessi da Simone Inzaghi) nella speranza di restarci, Bellerin vuole l’Inter ma riceve la proposta di rinnovo dall’Arsenal (sebbene ancora in maniera più ufficiosa che ufficiale). Embé? Embé boh. Chi è libero dal peccato scagli la prima pietra, ma nel mercato più insulso di sempre tutti siamo peccatori e più che pietre, si scagliano tweet (e per fortuna). Tweet che lasciano il tempo che trovano, perché se in tempi normali nel calciomercato non c’è logica che tenga, in quello di oggi a non tenere sono persino e soprattutto accordi e parole date quanto ‘volontà’: un mercato che non balla, ma Bellerin.
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