Avevamo detto come la prestazione nel secondo tempo di Napoli, giocato in dieci, avesse consegnato al popolo nerazzurro, nonostante la sconfitta che ancora brucia, una Squadra con la S maiuscola. La vittoria con il Genoa lo ha confermato. Il conseguente primato solitario in classifica, grazie anche al sorprendente Bologna che ha piegato i partenopei, regala nuova forza e nuovi stimoli per sognare in grande. Sabato scorso al Meazza, Roberto Mancini ha presentato una nuova versione della sua Inter, versione a chiara trazione anteriore pur senza Mauro Icardi, il bomber principe, rimasto a guardare per l'intera gara. Questa volta l'ottavo 1-0 a favore in quindici partite sta stretto alla Beneamata che, udite udite cari detrattori, per lunghi tratti, contro il Genoa, ha espresso anche un calcio piacevole, tecnico e aggressivo. Solo il povero Gasperini, accecato dal desiderio di vendetta, non se ne è accorto. Auguri a lui.
Mancini sta volando stravolgendo in parte i canoni cari al campionato italiano, per il Mancio squadra che vince si cambia. A parte il portiere e i due centrali difensivi, sempre in campo se non arrivano infortuni o squalifiche, nessun'altro è sicuro del posto. I ragazzi conoscono la formazione solo poche ore prima della partita, perché è lo stesso Mancini a cambiare più volte idea nel giro di poche ore. Insicurezza del tecnico che vanta dunque una buona dose di fortuna? Chiaramente no. Io la chiamerei genialità di un allenatore che nel giro di un anno e spiccioli sta ricostruendo una mentalità vincente, che l'Inter dovrebbe avere per statuto, ma che durante la passata gestione era stata chiusa in soffitta e nello stesso tempo propone una squadra in grado di primeggiare da subito. Mancini non ha certezze assolute, quelle che hanno gli altri allenatori di formazioni che giocano insieme da anni, ma partendo proprio dal lavoro settimanale e dalla conoscenza quotidiana degli elementi a disposizione, trae certezze a tempo determinato, decisive finora per ammirare la Beneamata prima in classifica.
All'ingresso della Pinetina campeggia ora un ipotetico striscione di un club nato da poco tempo, ma che sintetizza al meglio il pensiero dominante nel pianeta nerazzurro. Si chiama Inter club: “Tutti utili, nessuno indispensabile”. A parte qualche eccezione, aggiungo io, pensando al Presidente, al tecnico, e a qualche elemento menzionato prima. Il gioco funziona perchè quest'Inter sembra essere veramente un gruppo unito, senza gelosie e voglia di protagonismo. Chi entra cerca di dare il massimo per essere confermato la volta dopo, chi esce si impegna al massimo in allenamento per cercare di rientrare. A beneficiare di questo, la squadra e il suo rendimento. Poi, magari dopo il mercato di gennaio, guardando anche la posizione in classifica, Mancini potrà forse cambiare indirizzo, puntando su formazioni e moduli meno camaleontici. Per ora va bene così.
Intanto godiamoci le prestazioni di chi, in partenza, non sembrava potesse ritagliarsi in breve tempo un ruolo da protagonista. Penso ad Adem Ljiajic, mix di tecnica e concretezza come mai si era visto finora nella sua esperienza italiana. Molte cose sono cambiate da quel pomeriggio a Marassi, quando nel finale della partita pareggiata con la Sampdoria, Mancini fece entrare anche il giovane Manaj prima del serbo. I due si sono parlati, spiegati, capiti. Ljajic gioca e segna e l'Inter vince. Ma un altro giocatore che sta dando tantissimo alla causa senza troppi squilli di tromba, si chiama Jonathan Biabiany. Il francese pescato nel lontano 2004 dal capo degli osservatori nerazzurri Pierluigi Casiraghi nella banlieue parigina di Saint Denis, dopo aver vinto la partita più importante ricevendo l'idoneità per tornare a giocare dopo il problema al cuore, sta contribuendo in maniera sostanziosa alle fortune interiste. Tra i migliori con il Genoa e ricordiamo come il secondo maledetto palo colpito da Miranda al San Paolo, fosse frutto di uno splendido cross in corsa del Tgv nerazzurro.
Fin qui le note positive. Di negativo c'è il momento che sta attaversando Mauro Icardi, il capocannoniere dello scorsa stagione, a soli 22 anni. L'attaccante obiettivo di mercato, la scorsa estate, di club europei prestigiosi e che invece l'Inter ha tenuto stretto rinnovandogli il contratto fino al 2019 e promuovendolo capitano. Maurito, vittima anche di uno spiacevole fuori programma dopo la sfida con il Genoa, sembra ora ai margini del meccanismo che funziona, nonostante Mancini lo abbia volutamente tenuto in panchina dall'inizio solo in due occasioni. Io rimango convinto che se si vorrà avere speranze di poter lottare per il titolo, non si potrà prescindere da un giocatore che ha dimostrato di conoscere molto bene il suo mestiere, quello di buttarla dentro. A Mauro servirebbe la grande partita per sbloccarsi definitivamente, ma per tornare a vivere certe sensazioni anche lui dovrà impegnarsi al massimo per integrarsi con una squadra che, come abbiamo ripetuto più volte, fa del collettivo la sua forza, non dando punti di riferimento. Icardi pensa sempre positivo, non ha il cosiddetto mal di pancia e può ancora essere la classica ciliegina sulla torta, magari partendo proprio da sabato prossimo, nella difficile trasferta di Udine. Se Mancini riuscirà a risolvere anche questo apparente problema, ne vedremo delle belle.
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