Circa un anno fa, era il 14 luglio 2018, parlavo della scelta di svolgere il ritiro estivo ad Appiano, tra le sicure mura amiche del 'Suning Training Centre', piuttosto che in montagna come da passata tradizione. "Un po' come giocare a porte chiuse" era il titolo del suddetto editoriale in cui esprimevo il mio disappunto, e sicuramente quello di tanti altri tifosi, per una scelta che tagliava fuori il tifoso dal contatto fisico e visivo con la squadra cui ci si era ormai abituati negli ultimi ritiri di Pinzolo e Brunico. Perché il ritiro estivo era diventato anche un modo di vedere con i propri occhi la nuova squadra che stava nascendo, osservare le modalità di lavoro del nuovo allenatore, tastare le capacità dei giocatori (vecchi e nuovi), incontrarli a fine allenamento e chiedere selfie e autografi. Invece nulla di tutto questo, lavoro a porte chiuse per alzare la concentrazione ed evitare distrazioni. "Motivi di sicurezza" si spiegò poi lo scorso anno, vista la non capacità di un centro sportivo come quello di Appiano di ricevere e ospitare in sicurezza tante persone al suo interno. E possiamo anche capirlo: ma il punto non era far entrare i tifosi alla Pinetina, quanto piuttosto svolgere il ritiro in un luogo adatto, come fanno tante altre squadre, portando anche un indotto alla zona turistica prescelta.

Ebbene, si pensava che quest'anno le cose fossero diverse, che con il ritorno a una località esterna rispetto ad Appiano, si ritornasse anche al "turismo calcistico" di tanti tifosi che facevano magari combaciare le proprie vacanze con quelle della squadra, per passare un'estate a tinte nerazzurre. La scelta è ricaduta su Lugano, località insolita poiché generalmente si sceglie la montagna mentre la città svizzera è decisamente più "cittadina" appunto, seppur la Svizzera, e Lugano in particolare, offra molte opportunità di svago. Non a caso alla conferenza di presentazione del ritiro erano presenti anche il sindaco di Lugano Marco Borradori, il Capo Dicastero cultura, sport, ed eventi del Comune di Lugano Roberto Badaracco; il presidente del Consiglio di Stato cantonale Christian Vitta. "E' un'occasione per la nostra città di farsi conoscere e di mostrare la capacità di organizzare e di accogliere chi viene dall'esterno" ha detto il sindaco Borradori nell'occasione; "L'Inter a Lugano è il biglietto da visita per un Cantone a vocazione turistica" gli ha fatto eco Vitta. Tutti a Lugano questa estate dunque, avranno pensato i tifosi nerazzurri immaginando già come dividere il proprio tempo tra campi di allenamento e lago di Lugano, o trekking sulle vicine montagne. E invece no: "Gli allenamenti saranno a porte chiuse" la doccia gelata di Alessandro Antonello al momento di prendere la parola.

Ma come? Si torna a svolgere un ritiro fuori dalle mura del quartier generale, si sceglie un luogo turistico, si fanno accordi con la municipalità, si spendono parole sulle opportunità turistiche della città che va ad ospitare la squadra, e poi si chiudono le porte ai tifosi? "Motivi di sicurezza" è stata nuovamente la motivazione della scelta, proprio come un anno fa. Ma mentre per Appiano si può anche comprendere, non essendo come si diceva il centro attrezzato per ospitare tifosi, come può non esserlo un complesso sportivo, tra l'altro oggetto di recente restyling? O meglio, ci può anche stare che il Cornaredo di Lugano non abbia i prerequisiti di sicurezza per gestire un tale afflusso in massa, ma allora perché scegliere Lugano come meta? Aggiungendo tra l'altro di "sperare che il Cornaredo sia pronto e i lavori ultimati per aprire le porte quantomeno all'amichevole del 14 luglio contro il Lugano".

Verrebbe da chiedersi cosa abbia spinto Inter e Lugano a stringere questo accordo: se da un lato si può capire come, anche senza un indotto turistico diretto (dubito che qualche tifoso nerazzurro raggiunga la meta solo per poter visitare la città, senza possibilità di visionare gli allenamenti o incontrare la squadra) al comune di Lugano la "pubblicità" che deriva dal legare il proprio nome a quello dell'Inter porti comunque dei vantaggi (anche se ridotti rispetto alla possibilità di avere tifosi sempre in città per una settimana consecutiva), dall'altro cosa "ci guadagna" l'Inter da questo affare? Non può creare "engagement" con i tifosi, non può vendere merchandising come era a Brunico (dove lo store era preso d'assalto con lunghe file all'ingresso), non potrà godere di un clima meno rovente come poteva essere in montagna. Non a caso il presidente dell'Inter Club ticinese JZ4 parlava di "delusione" e di "avere un sogno a portata di mano e non poterlo toccare".

Il "ritorno" chiaramente per entrambe deve esserci, altrimenti non si sarebbe arrivati a un accordo, a maggior ragione se è vero come si dice che l'organizzazione del tutto all'Inter è costata 400 mila euro. Ma l'Inter rientrerà della spesa, e dovrebbe produrre anche un utile, dalle sponsorizzazioni legate al ritiro, specie da parte di investitori svizzeri che non si faranno sfuggire l'occasione di associare il proprio brand alla squadra nerazzurra. Già detto della "pubblicità" che investirà la città stessa, c'è poi anche una questione "politica" riguardante il Lugano Calcio, messo in vendita dal presidente nonostante la nuova qualificazione in Europa League, e in questi casi un po' di visibilità non guasta mai. Ma non è questo che ci interessa in queste righe. Va bene il business, va bene pensare al budget in ogni occasione possibile (le società di calcio sono delle aziende a tutti gli effetti, come ha detto Antonello più volte nel corso della conferenza), ma rispetto a un'azienda tradizionale una squadra di calcio è anche calore, emozione, magia, e una squadra di calcio non può esistere senza i suoi tifosi.

A mio avviso quindi l'Inter ha perso un'altra occasione per creare un momento di condivisione e coinvolgimento da sempre atteso e abituale nella ciclicità del tifoso; nulla contro la scelta di Lugano, città che personalmente adoro e più vicina a Milano rispetto ad altre mete, ma se la squadra non può godere dell'abbraccio dei propri tifosi nelle prime sgambate stagionali, come dicevo un anno fa, è ancora "come giocare a porte chiuse".

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Sezione: Editoriale / Data: Dom 23 giugno 2019 alle 00:00
Autore: Domenico Fabbricini / Twitter: @Dfabbricini
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