Nel giorno dell'Epifania, che significa "apparizione", "manifestazione", quello che l'Inter ha manifestato sono stati certi suoi limiti, che hanno la forma della tenuta difensiva e di alcuni errori tecnici individuali che puntualmente il collettivo finisce per pagare: ha fallito contro la Samp la prova del 9, interrotto a 8 la striscia di vittorie consecutive in campionato e rinunciato, di fatto, a dare l'assalto al Milan e alla vetta. Il 2-1 di Marassi è paradossale ma fino a un certo punto. Di certo è un punteggio slegato dalla partita che è andata in scena. Una sconfitta che l'Inter non avrebbe meritato ma che si è andata "a cercare" complicandosi l'esistenza e sfidando la sorte (avversa).

Perché i nerazzurri Conte (che tra i titolari ha confermato quasi tutti gli 11 visti col Crotone a eccezione di Vidal e Lukaku, sostituiti da Gagliardini e Sanchez) la gara l'hanno inizata forte, molto forte, producendo quattro palle gol nitide e clamorose in 12 minuti (12 minuti fatti anche di un ottimo fraseggio e gioco di squadra). Ma è stato proprio qui lo spartiacque della partita: dopo le occasioni di Young e Skriniar, il rigore sbagliato da Sanchez (con ribattuta stampata sulla traversa ancora da Young) ha capovolto equilibri e destini di una partita che poteva essere avviata verso una comoda discesa e che invece ha preso una ripidità che l'Inter non è più riuscita a risalire. Su quel rigore l'Inter si è ritrovata fragile e umorale, ha permesso alla Samp di alzare la testa e di trovare un doppio vantaggio dato da un rigore di Candreva per fallo di mano di Barella ma soprattutto da una sgroppata non contenuta di Damsgaard che ha messo Keita nella comoda posizione del doppio ex che ha celebrato la sua vendetta.

E una volta che si finisce sotto di due gol saltano schemi, moduli, a volte i nervi, persino un po' di concentrazione e lucidità. Questo nonostante l'Inter abbia continuato a produrre occasioni da gol di cui alla fine si perderà il conto. Ai nerazzurri non è girato bene niente e questo è stato evidente su due colpi di testa di Lautaro, finiti fuori di niente, che tra il finire del primo tempo e l'inizio del secondo potevano dare un senso diverso a tutto il resto della partita. Perché il resto della gara l'Inter lo ha dominato (o meglio, è stata l'unica a giocarlo) ma contro un avversario che doveva solo difendersi e ripartire, su un terreno pesantissimo per la pioggia, col portiere avversario migliore in campo, con gli umori agli antipodi e altre varie dimostrazioni di giornata-no (occasioni fuori di poco o sbagliate), i nerazzurri non hanno trovato il modo, non hanno avuto abbastanza forza e lucidità, per rimontare e rimediare ai danni del primo tempo.

D'altra parte non puoi sempre regalare un tempo e due gol agli avversari, cosa già successa tre giorni prima col Crotone. E non puoi ogni volta confidare nella goleada perché se l'Inter è tra le squadre che segnano di più in Europa, si conferma anche una difesa che puntualmente il pallone dalla propria porta lo deve andare a raccogliere (è successo quattro volte in tre giorni). Non c'è sempre la rimonta a salvarti la vita, non c'è sempre il miracolo che ti permette di raddrizzare ciò che è nato storto.

Gli ingressi di Lukaku ed Eriksen sono serviti fino a un certo punto, come il colpo di testa di De Vrij che avrebbe dovuto riaccendere la miccia della speranza. Ma gli attacchi, anzi, il forcing interista è stato soprattutto disperato e spesso vanificato da errori tecnici o da scelte individuali sbagliate. Se contro il Sassuolo l'assenza del gigante belga in area non si era sentita, contro la Samp la storia è stata diversa: sulla prestazione di Sanchez pesa enormemente il rigore fallito ma anche tante giocate sbagliate (al tiro, nell'ultimo tocco o nella mancata rapidità) che quasi hanno cancellato i suoi tanti movimenti e il suo essersi fatto trovare spesso al posto giusto (tra le linee, largo o andandosi ad abbassare per prendere palla): ma non ha mai dato la sensazione di aver nei piedi la giocata vincente, ha frequentemente rallentato o cercato finezze inutili e poco concrete.

Il grande classico dell'Inter che si butta via si è presentato puntuale all'appuntamento col 2021: che è appena iniziato, che ci mette davanti ad aspettative, forse illusioni. Ma che siamo tutti obbligati a guardare con occhi nuovi e diversi, per una questione di sopravvivenza. E di speranza. Per infiniti motivi, calcistici e non. Quindi, anche se forse abbiamo smesso di dircelo e di augurarcelo: buon anno!

Sezione: Editoriale / Data: Gio 07 gennaio 2021 alle 00:00
Autore: Giulia Bassi / Twitter: @giulay85
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