Per fase di transizione si intende quel lasso di periodo, più o meno ampio, in cui avvengono dei cambiamenti. Nel calcio, come nella maggior parte dei campi, difficilmente si riesce nell'impresa di centrare un obiettivo massimo in un momento di transizione. A mio avviso è un po' quello è successo all'Inter in questo momento: grande entusiasmo iniziale con l'arrivo di un tecnico giovane e spigliato, tante cessioni, tanti acquisti e soprattutto parecchia voglia di tornare ad alzare trofei. Tutti questi fattori hanno creato involontariamente nelle menti di tifosi, giornalisti, società e calciatori, una dannatissima convinzione: l'Inter può lottare per il titolo. Con l'incorrere dei classici momenti difficili, dovuti a defezioni dell'ultim'ora, episodi arbitrali spesso sfavorevoli e problemi interni, come quello che è stato il caso Sneijder, si incappa in questi sfortunati "tunnel", da cui difficilmente si riesce ad imbeccare qualche risultato positivo. In questi momenti dovrebbe venir fuori la solidità del gruppo, l'esperienza dell'allenatore e dei giocatori più anziani. Mancando ancora certi fattori si fa sì, che come nel caso dell'Inter, arriva più di una difficoltà.

Viene da chiedersi allora il perché di una fase di transizione così lunga, che va avanti ormai dalla partenza per Madrid di Mourinho. La verità è che dopo le sazianti annate del 2010 e del 2011, la società ha optato per una lenta rivoluzione. Sono partite piano piano le pedine più importanti, è crollato il tetto ingaggi, sono arrivati giocatori nuovi e giovani. I tifosi continuano a chiedere chiarezza, aspettano ansiosamente che la squadra faccia vedere sul campo la validità del progetto attuato diversi mesi fa dalla dirigenza. Dopo gli acquisti di gennaio, a mio avviso, e soprattutto dopo la partenza di Sneijder, si può dire che la fase di mezzo possa considerarsi praticamente terminata. Ormai la squadra, sia dai cicli positivi (vissuti) sia da quelli negativi (che continua a vivere), può aver guadagnato quella compattezza giusta per venire fuori da un momento negativo. Non bisogna caricare Stramaccioni di responsabilità eccessive: è nuovo a questo genere di situazioni, ma ha mostrato in questo periodo di avere il carattere necessario per capire rapidamente dove e come intervenire. Però è chiaro che almeno entro la fine di febbraio, Moratti si aspetta un'inversione di marcia decisiva in chiave terzo posto.

Sarà fondamentale, come dicevo, l'esperienza dei giocatori più anziani. Giocatori che ultimamente rappresentano simbolicamente le difficoltà di casa Inter. Basti pensare a Samuel, pilastro della difesa: è assente da Udine e non si sa con esattezza quando tornerà a calcare il campo. L'argentino ha un contratto in scadenza nel prossimo giugno, sta all'Inter decidere se sfruttare o meno l'opzione per il rinnovo. Opzione che oggi come oggi, sembra probabile quanto una chimera. Nel momento più duro, sempre a causa di problemi fisici, è mancato il peso di Diego Milito. I suoi non gol di questi due mesi sono costati diversi punti in classifica. Problemi da cui è attanagliato anche il recuperato Cambiasso e da cui non è completamente sfuggito Zanetti, piuttosto in ombra nelle sue ultime uscite. Insomma, nel momento di difficoltà all'Inter stanno mancano i giocatori con maggiore responsabilità, quelli che in queste situazioni ci sono capitati più di una volta ma dalle quali sono già usciti. Adesso, fatta eccezione per Samuel, sono quasi tutti recuperati (c'è anche Stankovic...). Poco più di una settimana fa, sono arrivati calciatori del calibro di Kuzmanovic e Kovacic, in grado da subito di spingere verso l'alto questa squadra. Insomma, la transizione è finita, adesso - a meno di altre sorprese - sarà una corsa a pieni polmoni verso il terzo posto. Senza più scuse.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 10 febbraio 2013 alle 00:04
Autore: Mario Garau / Twitter: @MarioGarau
vedi letture
Print