Se dessi retta o ascoltassi seriamente tutto il battage di luoghi comuni cui mi è capitato di dover sottostare nell’ultima settimana sarei quasi costretto a chiedermi, con ogni probabilità, se sono tornato ai tempi della scuola elementare o, viceversa, dialogo con persone adulte. Perché il dubbio mi assale. Ahimé, spesso. Qualche volta, andando oltre il comune prendersi in giro che fa parte del gioco, trovo che ci siano personaggi, ancora non ho capito se reali o fittizi, se hanno un corpo oppure sono ologrammi, più vicini ai cicca cicca bum bum di quando andavo sulla bicicletta con le rotelle piuttosto che a sane personalità che amano scherzare e divagare sul calcio. Perché il calcio è un gioco. Non una guerra di religione. È un passatempo, non un motivo per scatenare faide paesane. E ben vengano le battute, anche sarcastiche, quando hanno un minimo di intelligenza al loro interno. Quando esprimono tutta la satira possibile e immaginabile. Ma, lo ripeto, usare un minimo di intelligenza. 

Ora capita che F.C. Internazionale sia stata acquisita da un gruppo cinese; una azienda che, come ci ha spiegato il suo fondatore e presidente Zhang Jindong, si è sviluppata in più settori e conta su un fatturato globale di oltre, raccontano, 40 miliardi di dollari. Ma non essendo un economista anzi, confessando pubblicamente la mia ignoranza in materia, demando a chi di dovere analisi su numeri, utili e via dicendo. Certo è che Suning, il nuovo proprietario della Società coi colori del cielo e della notte, ha indubbiamente le risorse per poter riportare l’Inter verso i lidi che le competono. Le posizioni che sono state perse per tutta una serie di motivi, i soliti, fastidiosi da ricordare e persino un pizzico dolorosi fatti da scelte sbagliate, portafoglio non diciamo vuoto ma quasi, gestione altamente insufficiente che ci ha penalizzato oltre ogni immaginazione (dal triplete, unici in Italia e la memoria va rinfrescata a chi se lo è dimenticato, ad oggi il fatturato nerazzurro si è perlomeno dimezzato se non peggio), vanno riconquistate. In fretta. Siamo l’Inter, siamo una delle Società calcistiche più importanti del mondo, il ruolo di comprimari può essere ricoperto per un anno o due, il tempo necessario per ricominciare dopo un ciclo vincente. Non per cinque anni di mezzi giocatori, di delusioni, di non gioco, di che palle ho fatto l’abbonamento e mi tocca andare al Meazza. Già, ho citato apposta il termine abbonamento; anche nella stagione passata il pubblico nerazzurro è stato il più presente d’Italia confermando, ce ne fosse bisogno che sì, è vero, gli interisti sono brontoloni, criticoni, magari un filo rompiballe, ma amano i propri colori come nessun’altra tifoseria. E non lo dico io; basta saper leggere i numeri.

Ora credo che questo affetto, questo amore incondizionato, vada ripagato. Non in parte. Completamente. Questa è e deve essere la mission di Suning e di Zhang Jindong. Il quale, durante il discorso di insediamento, a parte il “Fozza Inda” ormai virale ed uno spiccato senso di comando che emergeva piuttosto chiaramente dalle sue parole – una roba del tipo qui si fa come dico io o tutti a raccogliere riso nei campi della Cina del Sud -, ha di fatto assicurato che il suo gruppo farà ogni sforzo per riportare la Società in alto. In patria ed in Europa. Perché non so a Voi ma a me l’Europa manca. E la coppetta che ci giochiamo quest’anno, non vogliatemene, non è nelle nostre corde. Anzi, per la precisione lo è stata negli anni novanta; ma volete mettere quella coppa Uefa con l’EL di oggi? Il paragone non regge. Anzi, a dirla tutta, fossi la coppa Uefa citerei per danni l’Europa League. 

Comunque io ci credo. Credo che Suning farà il possibile mettendo in campo risorse economiche elevate. Credo che con una strategia ben studiata il marchio, non mi piace scrivere brand, sentite il termine marchio quanto è rotondo, così indigeno e nostrano come un cacciatorino dell’area collinare del territorio lombardo, possa trovare uno sviluppo particolarmente importante nell’area asiatica. E lo so, Vi annoio e Vi tedio con argomentazioni trite e ritrite; ma guardate, deve davvero entrare in testa che il calcio è ormai uno sport globale. E che poco importa dove risieda la maggior parte dei tuoi supporters. Chiaro che l’Inter ha denominazione d’origine controllata e garantita in quel di Milano, suolo italico. Ma è altrettanto chiaro che il marketing, quel termine figo col quale si intende cercare il modo migliore di proporre e soprattutto vendere gli oggetti che commercializzi, deve obbligatoriamente abbracciare il mondo intero. E se è reale che in patria l’Inter, sparo numeri a caso, vende un milione di magliette, lo è altrettanto che nel resto del pianeta ne dovrebbe vendere, questo è il desiderata di Suning, non dieci ma cento volte tanto. Tifo una squadra con proprietari cinesi? E chissenefrega. Anzi, semmai oggi ho delle aspettative che fino ad un paio di mesi fa manco immaginavo. Provate a chiedere se i tifosi di City, United, PSG, Chelsea e chi più ne ha più ne metta si vergognano di avere proprietari per nulla anglosassoni. O se i tifosi del Leicester obiettano qualcosa al loro patron, che tutto mi sembra fuorché un distinto lord inglese.

Quelli che la menano con il peccato, avete perduto l’identità nazionale, probabilmente sparlano col piloro infiammato; si, insomma, con quella gastrite con la quale conviviamo in parecchi ma che, in forme acute, porta al largo consumo di sciroppi e pasticche. Oltre ad una leggera bavetta bianca che incornicia gli angoli della bocca.
Tutto è in divenire. Tanti bei nomi nel mercato sui quali, incredibile, ci siamo anche noi. È poco, d’accordo. Ma Vi ricordo che fino a qualche settimana fa gli stessi nomi li leggevamo; accostati ad altri.
Amatela. Sempre. E buona domenica!

Sezione: Editoriale / Data: Dom 03 luglio 2016 alle 00:00
Autore: Gabriele Borzillo / Twitter: @GBorzillo
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