“Io e Luciano Spalletti abbiamo parlato, ci siamo aggiornati sulle nostre situazioni, poi lui mi ha detto: 'Facciamo questa partita?'. Io gli ho risposto che per me sarebbe stato un enorme piacere”. Così, qualche giorno fa, l’allenatore dello Zenit San Pietroburgo Sergej Semak ha raccontato quella che è stata la genesi dell’amichevole che andrà in scena questa sera all’Arena Garibaldi di Pisa, che torna ad abbracciare i nerazzurri di Milano a distanza di 14 anni dall’ultima volta, in amichevole contro l’Aek Atene. Lì dove, nell’ormai lontano 1997, il primo Ronaldo che si prese la ribalta a 360° del calcio italiano e internazionale segnò la sua prima rete con la maglia dell’Inter, si consumerà anche un happening speciale per lo stesso Spalletti, che ritrova da avversario quella squadra da lui allenata dal 2009 al 2014.

Probabilmente, è stato quello il momento più brillanti della carriera da tecnico di Spalletti, in quella San Pietroburgo dove è riuscito a togliersi parecchie soddisfazioni, a partire dalla doppia vittoria nel campionato nel 2010 e nel 2012, traguardo che ancora non è riuscito a raggiungere in Italia. Un’esperienza che ancora oggi, come egli stesso ha ammesso, il mister nerazzurro ricorda con grande affetto, condita anche da alcuni episodi che hanno contribuito a forgiare il personaggio Spalletti, come la celebrazione della vittoria del campionato a torso nudo sfidando una temperatura non esattamente tropicale o la celeberrima sfuriata in italiano davanti ai microfoni delle tv russe diventata un cult al punto da ispirare una frequentata pagina su Facebook.

Il tempo per i convenevoli, anche se si tratta soltanto di un’amichevole, è comunque poco: perché quello con lo Zenit di questa sera è un impegno dal quale Spalletti vorrà in qualche modo delle risposte. Certo, manca poco meno di un mese dall’inizio del campionato e questo è più che altro il momento per cominciare a registrare i ritmi per l’avvio della stagione, e ben venga la terza partita in una settimana se aiuterà ad abituare il gruppo alla cadenza di impegni che diventerà la norma con il ritorno in Champions. Ma tant’è, l’ultima uscita, così come avvenuto l’anno scorso contro il Norimberga, si è risolta in una sconfitta contro il Sion, sicuramente più in forma e meglio registrato visto l’imminente avvio del campionato in Svizzera (come lo era anche il Lugano, e visto il rendimento delle due squadre l’impressione è che per il simpatico tecnico spagnolo dei ticinesi Guillermo Abascal ci sia ancora un bel po’ da lavorare. Ma questa è un’altra storia…), trovatosi a proprio agio al cospetto di un’Inter condizionata fin troppo dall’aumento dei carichi di lavoro.

Il risultato è l’ultima cosa che si guarda in circostanze come queste, del resto una volta iniziati gli impegni ufficiali i tabellini delle amichevoli li porta via il vento. Di certo, però, Spalletti avrà pensato che lo spettacolo proposto al Tourbillon dai suoi ragazzi, specie se messo a confronto con quanto visto quattro giorni prima a Lugano con un’Inter che aveva dato segnali decisamente più convincenti, sia andato al di sotto della soglia di tolleranza, anche con tutti gli alibi del caso. Una squadra che ha perso meccanismi specie dopo l’uscita di Radja Nainggolan per infortunio, di certo non un bel segnale considerato anche il fatto che l’infortunio patito mercoledì costringerà il belga a marcare visita questa sera.

L’Inter è comunque ancora in fase di studio, e questi test tornano utili essenzialmente per questo: capire la condizione del gruppo, valutare per tempo cose da correggere e potenziare gli aspetti dai quali arrivano segnali positivi. E, nel caso, cominciare a fare i primi esperimenti: siano essi di modulo, come la tanto attesa difesa a tre per la quale, forse, bisognerà aspettare il ritorno di Joao Miranda, oppure di uomini. Cercando di ovviare alle temporanee lacune con l’impiego di giocatori in nuove posizioni, in attesa di capire quelli che saranno gli sviluppi del mercato. Che però non dovrebbero portare in casa nerazzurra quel Malcom a lungo inseguito e poi per via di mille vicissitudini congelato al punto da permettere l’inserimento netto della Roma. Operazione in dirittura d’arrivo che ringalluzzisce il ds Monchi, il quale però trascura un dettaglio: il saper vendere a caro prezzo i propri gioielli, specie appena questi cominciano ad emergere, è sicuramente un merito per il suo lavoro ma di certo non rende giustizia alla continuità di un progetto che, probabilmente, si vorrebbe anche foriero di qualche titolo come tra l'altro la Roma meriterebbe visto il lavoro degli ultimi anni, prima ancora che di taglie pregiate da mettere sul mercato.

Si parlava di esperimenti legati all’organico: mercoledì se ne sono visti già un paio. Il primo è l’inserimento di Yann Karamoh come esterno sinistro, un’idea che sostanzialmente ha dato qualche frutto visto che comunque il francesino è stato indubbiamente quello che ha provato a fare qualcosa in più nell’arco dei novanta minuti. Meno, decisamente meno, ha reso l’altra trovata, quella di Henrique Dalbert terzino destro. Si dovrebbe aprire un ampio discorso, in merito al brasiliano: dopo un’annata incolore successiva ad un inseguimento eccessivamente lungo, l’Inter ha deciso di confermargli anche pubblicamente la fiducia auspicando che il poter lavorare sin da subito con Spalletti potesse in qualche modo giovargli per poter finalmente imporsi e rispolverare le doti viste in Ligue 1. Ma sin qui i segnali offerti non sono stati promettenti: malino a Lugano, male nella posizione non sua a Sion dove ha permesso ai dirimpettai elvetici di godere di vere e proprie autostrade. Non è stato aiutato a dovere da Matteo Politano, è vero, ma di suo il brasiliano ci ha messo parecchio.

L’Inter ci crede, magari è anche costretta a crederci visto l’investimento dell’estate scorsa che non può essere lasciato ad evaporare restando inermi. Luciano Spalletti, aspettando il nuovo terzino che stando agli ultimi aggiornamenti dovrebbe essere il vicecampione del mondo Sime Vrsaljko, intanto prova a spronarlo nelle dichiarazioni post gara. Tutto, insomma, è apparecchiato per mettere a proprio agio il ragazzo, che però adesso deve dare risposte concrete e convincere tutti di essere quel giocatore sul quale l’Inter ha fatto bene a mettere sul tavolo quella somma. Perché è adesso che ci sono ancora i margini affinché l’esperimento Dalbert non si risolva in un’amara incompiuta. Del resto, in questo momento cosa potrebbe andare peggio? Perdere un’altra amichevole o piovere? 

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Sezione: Editoriale / Data: Sab 21 luglio 2018 alle 00:00
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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