Una settimana. Una settimana dopo Istanbul, dopo delusione, rimpianti, rabbia mista a fierezza, orgoglio, amore... quel 10 giugno sembra già incredibilmente lontano eppure così ardente. Eppure a soli otto giorni dopo un evento non ancora realizzato a pieno, torna la realtà. Catapultati contro l'inesorabilità del tempo volato e nel bel mezzo di un nuovo centrifugato spezzone di stagione. Dunque signore e signori benvenuti, ricomincia una nuova, lunga, infinita finestra di calciomercato. La più lunga, decisiva, estenuante. A soli quindici giorni dal 30 giugno e le rispettive scadenze, all'indomani di un'altrettanto spompante annata, fatta di alti e bassi, estasi e depressione che funga da messa in moto, in Viale della Liberazione si sono già scaldati i motori dell'Inter Inzaghi ter. Nulla di realmente inaspettato dagli addetti ai lavori, tutto certamente più travolgente per chi sta ancora cercando di assimilare quanto ingerito a fatica una settimana fa in queste ore. Di fatto un ottovolante di sensazioni ed emozioni che non lasciano ben raccapezzarsi nel mare nel quale si è stati catapultati: da Istanbul ad Aarhus (vedi Bisseck), ad una cena con gli amici di Reggio Emilia, oppure ancora Istanbul come nel caso di Edin Dzeko sempre più orientato verso il Fenerbahce. 

Ma il su e giù non si è limitato a questo e nella già districata matassa di rinnovi, addii e uscite si è mosso parallelamente il filo dei rinforzi: si aprano le danze. Girotondo e trenini di nomi, passati tra righe di articoli e speech televisivi che hanno riempito di speranze i fantallenatori più fanatici e svuotato già la testa dei tifosi. Una sorta di girotondo dei mostri in stile Biancaneve che minaccioso si accinge a presentarsi sulle preoccupazioni dei secondi migliori d'Europa; migliori sì, ma pur sempre secondi (ride, per non piangere - semicit). Alla evergreen preoccupazione per qualche improvvisa e dolorosa cessione, pillola amara da ingoiare dopo la già letale mazzata dello scorso weekend, si aggiunge la frustrazione del tango di nomi, che talvolta spaventa altresì illude e alla paura di un abbassamento di livello tecnico fa da contraltare l'illusione di arrivare alla firma con giocatori del calibro di Milinkovic-Savic. Un ciclone emotivo che non arriva ad irrompere quiete bensì a sconvolgere ulteriormente un caos interiore tutt'altro che calcificato e il su e giù dell'argomento Inter sulla scaletta televisiva ha comprensibilmente alterato i parametri di minima e massima, volendola affrontare con educata pacatezza. 

'Show must go on' regola numero uno, sacrosanta e inalienabile del giornalismo '23 eretto su clamore e rumore acchiappa-click. Più se ne parla più ne giova il guadagno e nella macchina del 'pompa e spezzetta la notizia' (in perfetta linea col pompa e spezzetta il campionato italiano) ogni nome fa brodo e ogni rumors può andar bene: uno in più non fa la differenza. Ma anche qui l'argomento non è semplice e conciso e nelle ramificazioni della comunicazione ai tempi del calciomercato o del calciomercato ai tempi della comunicazione 'fast' anche un dettaglio può fare la differenza e via di gara a chi tweetta prima, a chi la dà per primo, a chi la scopre per primo, a chi fa, a chi dice, a chi la commenta e blablabla. E tutto diventa un correre continuo dietro a rumors di cui talvolta non resta neppure il più lontano degli eco e altre ne fa rimuginare la notte anche a distanza di decine d'anni. Il tutto dimenticandoci dal principio che ciò di cui si parla è, o almeno era, pur sempre uno sport, un mondo di uomini disposti e avvezzi al sacrificio ma pur sempre privilegiati, la cui narrazione è da sempre parte integrante di quello stesso mondo. Rendendone la professione entusiasmante e adrenalinica, questi elementi andrebbero talvolta tarati e dosati a dovere perché sì, 'Show must go on' purché lo show non diventi il TG3 condotto da Paolo Fiume. 

Sezione: Editoriale / Data: Dom 18 giugno 2023 alle 00:11
Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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