Oggi si gioca a Bologna, e la sensazione è che l'Inter si trovi già di fronte a uno spartiacque. Una sensazione, perché se malauguratamente la vittoria non arrivasse neanche stavolta, al di là di un'analisi accurata che la situazione richiederebbe tutto bisognerebbe fare fuorché riporre in un cassetto i sogni di gloria ed etichettare come fallimentare anche questa stagione. Nessuno mette le mani avanti, sia ben chiaro, ma in una fase di assestamento come questa i risultati rischiano di non essere fedeli alle premesse o alle aspettative. Non è un problema specifico dell'Inter, è la storia del calcio che lo insegna. Così come insegna che a una falsa partenza non corrisponde necessariamente una stagione da cestinare già all'alba. Meglio comunque fugare ogni dubbio: di riffa o di raffa, si torni con 3 punti in più dalla trasferta di Bologna e nessuno si farà male.

Due giorni fa a Montecarlo le sapienti mani di Ricardo Kakà e Diego Forlan hanno regalato all'Inter un emozionante ritorno in Champions League. In generale, la tifoseria ha accolto l'esito dell'urna con delusione, preoccupazione e quasi rassegnazione. Non tutti, per fortuna. La domanda da cui partire è: l'Inter è in Champions League e partiva dalla quarta fascia, davvero c'erano migliori aspettative? Chiaramente, finire in un Gruppo D forse avrebbe acceso più speranze di qualificazione, ma quale miglior bentornato dall'Europa che conta poteva esserci rispetto allo sfidare Barcellona, Tottenham e PSV? Quando la società nerazzurra basa la sua campagna abbonamenti sul concetto di "riveder le stelle", evidentemente non si riferisce a Lokomotiv Mosca, Schalke 04 o Young Boys, senza offesa. Leo Messi (Philippe Coutinho, Arturo Vidal, Luis Suarez...), Harry Kane (Dele Alli, Lucas Moura...), Hirving Lozano, queste sono stelle da rivedere al Meazza, questi sono i campioni da guardare dritto negli occhi invitandoli a fare altrettanto. Perché, come tempo fa disse Spalletti, "nessuno può farci sentire inferiori senza il nostro consenso". Nessuno, neanche in Champions. Ergo, questo Gruppo B non è un limite, ma un'opportunità. Perché se l'Inter is Here dopo 6 anni di attesa, deve meritarselo nei palcoscenici più affascinanti. Altrimenti ci saremmo accontentati di una banale Europa League, senza tuttavia avere il pass garantito per i turni successivi. E gli interisti lo sanno bene. Siano Barcellona, Tottenham e PSV a preoccuparsi dell'Inter e non viceversa.

Nota polemica post-sorteggio. L'ennesima uscita fuori luogo di Florentino Perez sul caso Luka Modric. "L’Inter ha cercato di prendere un numero 10 come lui senza pagare un euro. Una cosa mai successa in vita mia". Colpe riversate sulla società nerazzurra, salvando il giocatore che evidentemente si è fatto convincere a rimanere. Don Florentino naturalmente tira acqua al proprio mulino, ma le sue sono parole di facciata per salvare l'immagine sua e del club. Sanno benissimo anche i sassi che Modric si è proposto all'Inter in virtù di una promessa non mantenuta dal presidente della Casa Blanca. Il primo passo nasce dall'entourage del croato, che a sua volta ha prospettato uno scenario più roseo a Piero Ausilio. Ma ormai è inutile rivangare, l'augurio è che come ha detto il vp Javier Zanetti il club nerazzurro si difenda nelle sedi opportune da questo danno di immagine inaccettabile, accuse provenienti da chi non ha una fedina morale così limpida. Perez si lamenta, ma è lui che ha fatto firmare un contratto a Julen Lopetegui, quando questi era ancora legato alla Federcalcio spagnola nonché impegnato al Mondiale. Questo è legale? E il buon Modric, che a Montecarlo ha ammesso di avere la coscienza tranquilla e di voler restare per anni al Real Madrid come se fosse stato coinvolto in un caso che non lo riguardava, rifletta prima di parlare: quel like a 'Who's missing?' di Ivan Perisic l'ha messo lui. Evidentemente, gli riescono meglio le finte sul rettangolo di gioco rispetto a quelle fuori dal campo.

Sezione: Editoriale / Data: Sab 01 settembre 2018 alle 00:00
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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