"Chi di voi non ha le palle vada a giocare in Serie C". Sarebbe il sunto del discorso con cui Massimiliano Farris ha riacceso la foga nello spogliatoio interista all'intervallo della sfida scudetto contro il Napoli al Maradona. Secondo le informazioni che abbiamo raccolto attraverso una fonte top secret, il vice di Simone Inzaghi avrebbe addirittura minacciato di non ordinare nessuna pizza a fine match se la squadra non fosse uscita dallo scontro con i partenopei con almeno un punto. Parole che ovviamente hanno scosso nell'animo Dzeko e compagni, i quali a dispetto di un primo tempo giocato in versione fantasmini, con un effetto ingigantito dalla divisa 'Away' interamente bianca, riprendono in mano il controllo della partita e trovano subito il pareggio grazie al flipper di Di Lorenzo in area degli azzurri. Il gol realizzato dal bosniaco rimarrà l'unico tiro nello specchio della porta di Ospina (nel primo tempo anche un colpo di testa debole e centrale dello stesso 9 aveva interrotto gli sbadigli del portiere). Serviva la scossa, ma stavolta per i primi due cambi bisogna attendere fino all'83': dentro nella mischia Sanchez e Vidal, mentre il terzo e ultimo sarà D'Ambrosio al 90'. Il motivo? Se non li fai nessuno può tacciarti di averli sbagliati. In panchina scalpitava per la prima volta anche Caicedo, ma vincere l'ennesima partita nei minuti di recupero sarebbe stato eccessivo.

Il Napoli aveva avuto una settimana per prepararla, mentre l'Inter aveva speso energie fisiche e mentali nel superare il 'trauma' del derby perso in rimonta contro il Milan battendo subito la Roma nei quarti di Coppa Italia giocati martedì a San Siro, due giorni e mezzo dopo (come rimarcato da Inzaghi) dal confronto con i cugini. C'è appunto la questione stadio, non parliamo di Populus o dell'abbattimento del Meazza, ma del ruolino di marcia che vede i nerazzurri dare il meglio di sé quando giocano in casa. Per notare una tale discrepanza non ci servono nemmeno le statistiche impensabili di OptaPaolo: nella classifica che considera le sole gare interne, quindi incluso l'ultimo derby, l'Inter sarebbe comunque in vetta a più 3 sul Napoli e sul Milan, mentre considerate le sole giornate in trasferta la squadra di Inzaghi cadrebbe al quarto posto a meno 5 dall'Atalanta, a meno 4 dal Napoli e a meno 2 dal Milan, con un misero più 2 sulla Juve che quei punti se li era già conquistati senza Terminator Vlahovic. Insomma, il manto erboso di San Siro è arrivato a un livello talmente pessimo che forse solo l'Inter imparando a conoscere a memoria ogni zolla riesce a trarne vantaggio. Dall'agronomo del Maradona ci è invece stato rivelato dell'inclinazione studiata per il terreno che avrebbe fatto giocare i nerazzurri in salita nel primo tempo, mentre all'intervallo il piano del campo sarebbe stato ricalibrato tramite un congegno meccanico nascosto in una stanza sotterranea.

Napoli che così gioca con due marce in più nei primi 45 minuti, l'Inter difende in maniera passiva e sbadata. Dopo l'errore su Giroud nel derby, De Vrij ne combina un'altra delle sue dando un pestone al solito Osimhen (solito nel senso che le prende tutte lui). Ricordiamo che l'olandese alla sua 100esima presenza in nerazzurro all'andata contro i cugini firmò l'autogol dell'1-1, mentre sabato scorso nel giorno del derby ha compiuto 30 anni. Non una stagione fortunatissima per lui nemmeno quando c'è da festeggiare una ricorrenza. Che sia forse il caso di interrompere le lezioni di pianoforte e tornare a studiare le marcature? Skriniar sbaglia i tempi del disimpegno sul campanile e concede al 'piccoletto' Insigne la sforbiciata in area che vola alta, Osimhen sul corridoio di Di Lorenzo colpisce solo l'esterno della rete (il terzino si riscatterà con l'assist a Dzeko), nella ripresa è decisivo Handanovic, prima sullo stesso Osimhen che tra una botta e l'altra è l'uomo che più di tutti impegna la retroguardia nerazzurra, poi chiudendo la porta anche ad Elmas in una serata che lo vede in edizione scaccia Onana. Davanti mancano lo sprint, la lucidità e le idee, Dzeko e Lautaro non sono accompagnati e in occasione del pari capiscono di dover fare tutto da soli. Di Calhanoglu non c'è traccia e la manovra dell'Inter si scontra con la diga formata da Fabian Ruiz e Lobotka, merito anche delle strategie di Spalletti che non per nulla ha disegnato pure il condominio.

Anche nelle consuetudini delle intese in campo l'Inter non si mostra in una delle sue giornate più brillanti, lo testimonia il fatto che siano i due 'cervelli' Brozovic e Barella ad andare in pappa in occasione della palla gol regalata a Osimhen. Entra solo nel finale il leone Sanchez, ma stavolta si trascina in campo tutta la gabbia e i suoi rimangono ruggiti inoffensivi e isolati, nel Napoli l'ingresso di Juan Jesus sancisce il passaggio alla difesa a tre con i due esterni a chiudere le minacce ai lati di Perisic e Dumfries. Un punto per parte che, come si è detto, fa bene solo al Milan, in una rincorsa scudetto tornata apertissima (ricordiamo che Bergamo per la Juve è stato un rallentamento studiato e i bianconeri da qui alla fine le vinceranno tutte). Mercoledì si riparte dalla Champions, sul manto amico di San Siro, in una sfida contro i Reds che potrebbe risvegliare anche la rabbia in zona gol del Toro. Servirà la vera Inter per impensierire il Liverpool, ma Farris e Inzaghi, che uscirà dal box e tornerà a sedersi sulla sua panchina, rimangono ottimisti. Nessun trofeo, a parte la Supercoppa Italiana, è stato ancora alzato, e nonostante le premesse spumeggianti e gli applausi per il gioco splendido la fine del percorso, da cui verranno tratte le proverbiali somme, è tuttora lontana. Il predecessore di Inzaghi direbbe a più riprese che "c'è da lavorare" (a Londra però il mantra non sta funzionando tanto bene). Non è ancora il momento dei giudizi per una stagione che inevitabilmente, giunta a questo punto, rimane senza titolo.

Sezione: Editoriale / Data: Lun 14 febbraio 2022 alle 00:01
Autore: Daniele Alfieri / Twitter: @DaniAlfieri
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