Ai più, in queste ultime settimane, è sfuggita una notizia che potrebbe avere dei risvolti clamorosi. Lo scorso 9 settembre, in Spagna, è stata pronunciata una sentenza che ha respinto il ricorso di alcuni calciatori dell’Hercules Alicante, società di calcio iberica che li aveva licenziati per motivi economici.
La controversia legale è stata innescata dalla decisione del club di applicare per cinque calciatori, e a venti dipendenti in totale, una formula di licenziamento con buonuscita, concessa solitamente alle aziende che versano in uno stato di grave crisi economica. Il ritorno nella Liga del 2010 aveva portato l’Hercules a effettuare scelte strategiche discutibili (su tutte gli acquisti di Trezeguet e Drenthe) che lo avevano portato all’immediata retrocessione. Dopo l’infausta annata le entrate sono passate da 26 a 11 milioni di euro e il deficit è schizzato a quasi 35 milioni, di cui il 75% dovuto agli ingaggi troppo elevati.

Da qui la decisione clamorosa di beneficiare della legge in fatto di diritto del lavoro. Una volta scattati i licenziamenti, i cinque calciatori coinvolti (Velthuizen, Sarr, Del Olmo, Hidalgo e Rufete), pur trovando una nuova sistemazione, optano per il ricorso al tribunale competente.
A sostegno dei giocatori c’era anche un dato significativo: dall’intera operazione il club di Alicante aveva risparmiato 2.48 milioni ma, per operare nella nuova campagna acquisti ne aveva dovuti spendere 3,5. All’apparenza sembrava dunque una scelta tecnica più che economica.
Viste sia  le vecchie sentenze che la robusta tesi difensiva, la maggior parte dei cronisti locali pensava a una facile vittoria degli atleti. E invece, ecco la decisione che non ti aspetti: Il Giudice del lavoro di Valencia rigetta l’esposto. Il foro spagnolo afferma che non ci sono dubbi sul fatto che la decisione del club sia anche tecnica ma, che quest’ultima è secondaria rispetto a quella economica. La società così facendo ha ridotto i costi per garantirsi la sopravvivenza.
Il principio, assolutamente nuovo, che ne emerge è che a una società in grave crisi economica è concesso di licenziare i calciatori che maggiormente gravano sul bilancio per acquistare giocatori meno costosi.

La sentenza è certamente storica. Anche se rimangono le perplessità relative a un eventuale recepimento da parte degli altri paesi europei.
Oggi è francamente difficile sostenere che possa trattarsi di una nuova “Legge Bosman” ma, sicuramente è un passo importante verso l’“umanizzazione” dello status dei calciatori.
In un periodo storico come quello attuale è assurdo che certe categorie (politici e calciatori sopra tutti), oltre alla condizione di notevole agiatezza, possano anche godere di leggi su misura che garantiscono loro trattamenti speciali. La legge deve essere uguale per tutti e allora se possono essere licenziati, o cassintegrati, padri di famiglia, non vedo perché questa procedura non la si possa estendere a chi vive una condizione nettamente al di sopra della media.
Dura lex, sed lex.

PS: il 29 ottobre prossimo ci sarà l’assemblea dei soci dell’Inter: in quell’occasione dovrà essere ripianato un “buco” di circa ottanta milioni di euro. Nonostante la buona volontà, ho l’impressione che, oltre all’entrata dei cinesi nel CDA, ci sia da sperare che anche la legge riesca a venire incontro a una società che sta avendo più di un problema ad arrivare al tanto agognato pareggio di bilancio…

BoA

Sezione: Editoriale / Data: Mer 17 ottobre 2012 alle 00:00
Autore: Andrea Bosio
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