Qualcuno ha parlato di un talento sbocciato, io dico che c'è sempre stato. Se Ricky Alvarez è stato acquistato da Massimo Moratti, i motivi sono diversi. Innanzitutto perché se l'argentino era inseguito da Roma e Arsenal, prima di accettare l'offerta interista, vorrà dire che Sabatini, già scopritore di Pastore, e Wenger ci avevano visto giusto. Inoltre, non dimentichiamo che il numero 11 ha vinto un campionato argentino con il Velez, insieme a Maxi Moralez e Santiago Silva, con la differenza che i suoi ex compagni di squadra sono andati all'Atalanta e alla Fiorentina, mentre il ragazzo di Buenos Aires ha scelto di vestire una maglia particolarmente pesante. E a chi lo paragonava al giocatore più basso della Serie A rispondo che si tratta di un parallelo errato. Il fantasista atalantino dà il meglio di sè in contropiede, mentre a difesa schierata fatica moltissimo. Anche per questo, il 'Frasquito' ha avuto modo di esaltare le proprie qualità e di mettersi in mostra fin da subito. Alvarez predilige invece un tipo di gioco diverso, riuscendo a trovare verticalizzazioni e spunti importanti contro squadre che barricano la propria area: lo dimostra un passaggio per Pazzini, durante la partita con i sardi, non sfruttato dal centravanti di Pescia.

Ritorno a Pinzolo - Il secondo tempo della sfida contro il Cagliari e la partita contro il Trabzonspor hanno ricordato molto l'Alvarez di Pinzolo. Durante il ritiro estivo, il giocatore aveva subito dimostrato di avere grandi giocate nel suo repertorio, stupendo tutti i tifosi presenti e, soprattutto, il tecnico Gasperini. Con il cambio di allenatore, il minutaggio si è abbassato, ma non per scelta tecnica. Mister Claudio Ranieri ha sempre apprezzato le doti del 'Maravilla', soprannome poco gradito dallo stesso Ricky, ma ha preferito escluderlo per quattro partite consecutive per permettergli di trovare quel passo che "sembra lento ma quando ti punta poi ti salta". Scelta rivelatasi giusta, perché sta iniziando a dare i suoi frutti.

La ricerca del ruolo perduto - Il  momento no di Alvarez è coinciso con la partenza a rilento dell'intera squadra (si sa che per un giovane è ancora più difficile ambientarsi in uno spogliatoio poco sereno) e, soprattutto, con la difficoltà di trovare la giusta posizione in campo. In questi primi mesi, il ragazzo classe '88 ha girato tutte le posizioni: da interno sinistro a esterno, passando anche come centrale di centrocampo. Già nella sfida con il Lille, in cui il coach romano lo ha inserito come ala, era arrivato qualche segnale importante. La vera svolta è arrivata sabato sera: con il passaggio al 4-2-3-1, l'argentino si è posizionato sulla corsia laterale destra, potendo così convergere per sfruttare al meglio il suo mancino. Questi continui miglioramenti sono culminati con la rete al Trabzonspor. Partendo proprio dalla fascia, dopo una splendida triangolazione con Milito, Ricky ha trovato il primo sigillo con la maglia interista: una bella iniezione di fiducia.

Testa a posto - I segnali non arrivano solo dalle prestazioni in campo, ma, soprattutto, anche dalla sua vita extra-calcistica. Quanti giovani conosciamo che si sono persi nella movida milanese (Adriano, tanto per fare un esempio)? Il ragazzo preferisce il gioco con l'IPad alle nottate in discoteca, meglio una cena a base di asado a una serata all'Hollywood e l'ultima hit di reggaeton al nuovo successo di David Guetta. Insomma, anche lontano dai campi di gioco, Alvarez mantiene lo stesso basso profilo di Javier Zanetti che, non a caso, lo ha preso sotto la sua ala protettiva. Se poi aggiungiamo che i due condividono la stessa pettinatura, che già da bambino, come dimostra una sua foto, indossava la maglia nerazzurra e che ha molta voglia di migliorare, noi possiamo iniziare a sognare. Caro Ricky, il passo inizia a essere (davvero) quello giusto.

Sezione: Editoriale / Data: Sab 26 novembre 2011 alle 00:01
Autore: Alberto Santi
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