Undici rigori concessi nell’ottava giornata di campionato. E’ un dato epocale, mai così tanti penalty, infatti, sono stati concessi all’interno della stessa giornata di campionato. Tanti, molti, forse troppi in realtà non erano neanche da assegnare. In uno di questi episodi, alla concessione della massima punizione è stata abbinata addirittura l’espulsione del portiere. E' toccato al signor Doveri vestire i panni del mattatore errante, nella chiamata sull'uscita di Samir Handanovic in contrasto su Alessio Cerci, a cui oltre al rigore ha aggiunto un'insensata espulsione.

L’uscita (in occasione del penalty, ma anche di scena) del portierone sloveno, ha di fatto condizionato una partita comunque iniziata male dagli uomini di Walter Mazzarri. Un allenatore furioso nel corso del primo tempo per la sufficienza messa in campo dai propri ragazzi nell’approccio ad una partita tanto complessa quanto complicata. Due ingenuità, una dietro l’altra che hanno sbilanciato gli equilibri del match a favore dei padroni di casa in maglia granata.

Mancava Campagnaro, è vero, ma l’assenza del difensore argentino non potrà più essere a lungo una scusa accettabile, soprattutto dopo due settimane di intenso lavoro fra le mura di Appiano Gentile in cui Campagnaro non era presente. Il fedelissimo dell’allenatore potrà essere un valore aggiunto in grado di dare un equilibrio superiore rispetto ai suoi compagni di reparto, ma la quadratura della fase difensiva nerazzurra non può prescindere da un singolo uomo.

Una partita in salita, quindi, ma anche ripresa, riequilibrata e, addirittura, ribaltata a proprio favore. Un altro segnale fondamentale per un gruppo vivo, coriaceo e caparbio. La reazione d’orgoglio dei nerazzurri è partita proprio da chi, ad inizio gara, non ha saputo garantire il contributo necessario. Fredy Guarin è stato gioia e dolore della prima frazione, ma proprio dal suo moto d’orgoglio è partita la scossa in grado di risvegliare dal torpore iniziale l’intera squadra.

Gioia e dolore come quelle che Juan Pablo Carrizo ha avuto l’onore di regalare al pubblico interista. Dalle stelle, con la parata sul rigore calciato da Alessio Cerci, alle stalle con l’errore di posizionamento che condanna i nerazzurri ad un pareggio che profuma di beffa. Dei tre gol subiti, infatti, nessuno arriva da un’azione manovrata e costruita da un Torino non in grado di mettere in difficoltà una squadra ridotta in dieci per più di 85 minuti.

Doveva essere la prima uscita stagionale di un’Inter marchiata con i colori indonesiani portati da Erick Thohir. Doveva essere il primo appuntamento con un’Inter diversa, nuova e più internazionale. Doveva, certo, ma la squadra ammirata all’Olimpico ha ancora tatuato nell’anima lo spirito pazzo costruito nel corso dei 18 anni di lunga storia morattiana. Un’anima pazza che Erick Thohir dovrà presto imparare ad amare.

Sezione: Editoriale / Data: Lun 21 ottobre 2013 alle 00:04
Autore: Emanuele Tramacere / Twitter: @tramacema
vedi letture
Print