Appesi a un filo sottilissimo che porta al miracoloso terzo posto e, poco sotto, la realtà parallela, meno piacevole e decisamente più realistica e probabile, di un piazzamento in Europa League, con conseguenze che soltanto in questi giorni si stanno delineando. È possibile tutto, persino l'addio di Mancini, come le parole di Stankovic hanno lasciato immaginare. E poi c'è una lista di possibili e appetibili prede che per l'Inter rappresentano un valore aggiunto in termini tecnici ma anche un tesoretto notevole, considerando il debito. È proprio questo che impedisce all'Inter di crescere con la velocità che l'opinione pubblica pretenderebbe.

In pratica l'Inter ha costruito quest'anno una squadra con un ossatura che, in assenza di debiti, sarebbe più facilmente completabile la prossima stagione. Invece a causa dei 400 e passa milioni di passivo è costretta a vendere alcuni pezzi a cui una squadra normale non rinuncerebbe. Il fattore straordinario è che sembrano tutti convinti che le eventuali cessioni, i cosiddetti scarti sembrano più causati dalla volontà di Mancini, incapace, secondo i più, di gestire un gruppo e dunque di esaltare le qualità dei suoi giocatori, anche più talentuosi come Jovetic. Il problema non è naturalmente questo e se davvero il tecnico dovesse lasciare l'Inter a fine stagione, a fronte di una clamorosa offerta estera o di un ancor più clamoroso dissidio interno, oggi invisibile, significherebbe, come già detto, ricominciare da capo per l'ennesima volta con un ennesimo progetto tecnico diverso da quelli precedenti. 

Quale che sia il piazzamento dell'Inter e, supponendo che sia quello del quarto o quinto posto, credo sia meno proponibile rinunciare a giocatori come Brozovic e Perisic di quanto non lo sia forse con Handanovic o Icardi. Per non parlare di Miranda che certamente è il giocatore con maggior qualità ed esperienza in difesa, non rimpiazzabile nell'arco di una sola sessione estiva da un giocatore altrettanto valido, specie considerando la fatica che si è fatta per arrivare ad avere un reparto finalmente solido, pur con qualche crepa come quest'anno.

Dicevo di Handanovic e Icardi che, per quanto forti hanno richieste importanti e sostituti più facilmente rintracciabili di quanto non siano in altri ruoli. Un portiere come Perin sarebbe un eventuale ottimo investimento, con otto anni in meno e una carriera in serie A già convincente, nel caso di Icardi invece parliamo di un attaccante di grande livello che resterebbe poco serenamente dopo un’eventuale offerta di 45 milioni. Senza contare che la stessa società spingerebbe il giocatore all’addio. La rinuncia a Jovetic e Ljajic (incredibile) pare scontata e per questo stiamo leggendo già oggi nomi che l'anno prossimo potrebbero vestire il nerazzurro, a partire da Banega, passando per Milik e arrivando allo stesso Perin. Chiaro che non partiranno tutti e i giocatori che resteranno diventeranno fondamentali per creare il gruppo dell'anno prossimo.

Se l'Inter sta impiegando tanto, troppo per tornare essere una squadra da vertice il motivo è dovuto certamente al laborioso passaggio societario da un presidente all'altro, da un'idea di società all'altra, da un numero elevatissimo di cambi di allenatore e di idee di calcio profondamente diverse l’una dall’altra e poi da questa mannaia di un debito spaventoso. Il progetto dell’Inter, a lunga distanza, però qual è? Se non arriva un terzo posto e lo stadio non è fattibile quali altri piani esistono? Per un club che per più di 100 anni ha lavorato con una cultura e un tipo di approccio tecnico, è maledettamente complicato ricostruire una società di alto livello con questa zavorra. Guardo ad esempio al Manchester Utd che, dopo l’addio di Ferguson, pur senza debiti e potendo contare su uno sponsor che per 10 anni mette 100 milioni all’anno, arranca in Premier League e sta per liberarsi anche del deludente Van Gaal. Parliamo di una società modello a cui è bastato l’addio dello storico allenatore per trovarsi completamente spiazzata. 

Ciò che sta facendo l'Inter per aumentare i ricavi è parzialmente visibile e ogni tanto ci viene raccontato, ma la vera risorsa, ovvero l'ingresso in Champions League con i relativi ricavi, non è raggiungibile se non con ulteriori investimenti e la conferma necessaria di un gruppo che resti per diversi anni. Naturalmente l'altro vero importante elemento mancante all'Inter, per poter crescere e restare stabilmente una società forte, era e resta lo stadio di proprietà, insieme ad un territorio riconoscibile che il tifoso nerazzurro possa popolare. Un luogo dove i tifosi dell'Inter possano dunque ritrovarsi e diventi riconoscibile e raggiungibile dai nerazzurri di tutta Italia (e del mondo) che seguono questa squadra. Un posto che, pensato diversamente da casa Milan, collochi il tifoso al centro, lo spinga a frequentarlo durante la settimana e dove possa trovare tutto quello che lo inorgoglisca, dal negozio al museo, dagli studi di Inter Channel ai mini campi per giocare, da un bar ristorante interista all’area giochi. Oggi non esiste un luogo aggregativo per i tifosi e che sia spendibile in termini di riconoscibilità. Giusto un temporary store e uno stadio che viene condiviso con il Milan una volta a settimana. 

Penso convintamente che le strategie per la crescita di una società abbiano bisogno di una casa definitiva, vissuta come tale da tutti i tifosi e da un progetto tecnico composto da giocatori che non cambino ogni anno e disamorino chi segue faticosamente l'Inter.

Sezione: Editoriale / Data: Mar 29 marzo 2016 alle 00:00
Autore: Lapo De Carlo / Twitter: @LapoDeCarlo1
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