Si rischia un lungo abbiocco quando, inesorabile, si abbatte sul tutti noi la cosidetta pausa per gli impegni della nazionale. Le stesse polemiche improvvisate nel lasso di tempo, una quindicina di giorni, generalmente connesso allo svolgimento di un paio di partite in azzurro, paiono essere l'equivalente del caffé sorbito dall'automobilista che sonnecchioso si deve fermare all'autogrill per evitare di ritrovarsi al volante tra le braccia di Morfeo. Il sistema calcio di fatto si ferma e scavando dove può scova temi generalmente prevedibili. Anche stavolta è andata così. Il mercato innanzitutto, il chiavistello per aprire il portafogli del tifoso nei pressi un'edicola e poi, in ordine sparso, lo scandalo di periodo, le dichiarazioni di A. Agnelli, e i rantoli provenienti dallo stomaco della scuderia Raiola. Questo inserto bisettimanale vuoto è il muro spazioso e in bella vista a disposizione dei writers nel lungo boulevard del calcio nostrano, l'affaccio condominiale che, per rimanere proprio al gruppo dei Raiolidi, può essere riempito a piacimento con le scritte più fantasiose. La saudade in versione svedese-ma avrebbero potuto imporci un mal di pancia di Balotelli- di Ibra verso i colori rossoneri a poca distanza dal suo trasferimento a Parigi e a ancora meno dalla regalia promessa dal ricco calciatore "vi serve un assegno?" ai dirigenti appena abbandonati è il più tipico e spregiudicato effetto generato dalla libertà di espressione consentita dall'abbandono in cui vive il tifoso in attesa della ripresa del campionato. Per il nostro appuntamento settimanale riteniamo opportuno smarcarci da questa frusta e illusoria falsariga dedicandoci a un primo bilancio one to one di alcuni componenti dell'organico nerazzurro, coloro che per rilevanza intrinseca o per signicatività di prestazioni si prestano ad un giudizio ancorchè parziale, degno di attenzione.
Giudizio positivo
Samir Handanovic. Nonostante la fase di starting resa complicata dall'infortunio agostano, il portiere ha dimostrato di mantenere fede alle premesse che l'avevano portato fino ad Appiano, ovvero di essere un proprietario sicuro del ruolo. Para il parabile, ha ottima padronanza della porta e fa il suo per infondere sicurezza a tutto il reparto arretrato. Rispetto a chi l'ha preceduto, ci pare assicuri maggiore qualità nei fondamentali ma promette anche di garantire diversa quantità intesa come integrità e stabilità là dove nel recente passato troppo spesso ci si era dovuti affidare con molti ragionati patemi alle prestazioni di Castellazzi.
Juan Jesus. Gestito "cum grano salis" per tutta la scorsa stagione, è rimasto a Milano per la quella in corso per specifico volere del mister che, nel momento più critico, la trasferta di Torino, l'ha inserito nel novero dei titolari da cui non è più uscito. Sarebbe limitativo legare la sua esplosione al cambiamento di modulo difensivo ma è certo che da mancino puro si trova valorizzato in quella posizione, terzo di sinistra dietro, a fare da pendolo tra le chiusure centrali e le uscite sulla fascia di competenza. Fortissimo fisicamente e sull'anticipo è destinato a crescere in tempo reale con l'acquisizione dell'esperienza e della conoscenza che il nostro calcio richiede.
Andrea Ranocchia. Finalmente. Il migliore del reparto ad oggi, più forte dell'attesa che lo circonda e degli spifferi baresi che gli soffiano contro. Attento e reattivo, dimostra anche a Milano, seppur con un anno di ritardo, che chi l'aveva inquadrato anni fa come il difensore italiano più promettente non aveva fatto un buco nell'acqua. Ha gia dato prova di potere essere dominante nelle palle inattive in attacco come lo è in copertura e su questo versante lo aspettiamo per una probabile conferma.
Javier Zanetti. Un ragazzo su cui contare, un capitano che non usurperà mai il posto ad alcuno. Un cuore che spinge ancora e più che mai altri cuori a sventolare le proprie bandiere quando parte inarrestabile palla al piede. Disponibile, allineato e coperto pronto fare sempre ciò che serve prima, dopo e soprattutto durante i 90 minuti. Il sollucchero per qualsiasi allenatore.
Esteban Cambiasso. Verrà il giorno in cui entrerà in campo col numero sulla schiena e la lavagnetta in mano. Ma già da oggi dirige i lavori sopperendo con l'intelligenza all'apporto agonistico che, ovviamente, non è più quello di un tempo. Per questo non entra nelle rotazioni. Al limite può scalare in difesa. Irrinunciabile.
Antonio Cassano. Coinvolto, orgoglioso, sorridente. Gol e assist, assist e gol la sua vicenda interista è cominciata bene. Tante lenti di ingrandimento - anche la nostra personale - appiccicate addosso ingrandiscono la sua immagine evidenziando particolari, la siluette eccellente e il copioso sudore secreto ad arricchire l'espressività del suo volto nel corso delle partite sostenute sinora. Durante le quali ha preso la via della panchina in più occasioni dopo avere dato tutto quello che aveva e senza avanzare reclami. Una scommessa - per ora - vinta targata Andrea Stramaccioni.
Giudizio interlocutorio
Alvaro Pereira e Fredy Guarin. Piatto ricco delle scelte di mercato di quest'anno, i due sono personaggi ancora in cerca d'autore. Il colombiano ha fatto intravvedere nel primissimo scampolo di stagione di avere la dimensione del giocatore ritrovato che per qualità e forza fisica può, anzi deve, fare la differenza. E' retrocesso tra i roteabili di centrocampo causa limitata disciplina tattica, scadimento generale delle prestazioni e restringimento del numero delle posizioni nel reparto col passaggio al modulo con 2 soli centrali. L'esterno uruguagio, l'unico a salvarsi nell'esordio con la Roma e autore di un gol pesantissimo a Verona, ha nel motore i cilindri della fuoriserie per il ruolo ricoperto. Potessimo incontrarlo di persona gli consiglieremmo di "lasciare andare di più la gamba", di bandire la timidezza nell'impattare la grande responsabilità che ha davanti. Diventare il padrone del ruolo come - al netto delle differenze - lo fu Maicon nel settore opposto, per gli anni a venire.
Infine, e benchè non abbiamo volutamente titolato "giudizio negativo", non possiamo tacere più di una perplessità sull'abbrivio al campionato e dintorni di Wesley Sneijder. Ci aspettavano una secca soluzione di continuità col recente passato, mentre purtroppo siamo costretti a riscontrare che l'olandese stenta ancora a prendere in mano con la sua qualità una squadra che mai come quest'anno avrebbe bisogno di qualità e di una guida a surrogare almeno in parte quel ruolo di regista puro di cui è priva. Il talento al servizio della squadra insomma, questo gli si continua a chiedere, una maggiore elasticità nell'interpretazione della partita e magari quella propensione alla leadership come segno tangibile della completa maturazione tecnico-agonistica e di attaccamento alla causa. E purtroppo non ci siamo. Continua inoltre il calvario degli infortuni muscolari, una matassa sempre più ingarbugliata di cui evidentemente si stenta a trovare il bandolo, dando per buona la sua serietà complessiva di professionista. Così come si stenta a riscontrare i motivi per cui per la cura dell'ultima recente patologia, il calciatore si sia dovuto recare ad Hollywood. Clima più favorevole per il recupero? Se lo dite voi...
Autore: Giorgio Ravaioli / Twitter: @Gravaioli
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