All'atto dell'annuncio del sospirato rinnovo di contratto di Marcelo Brozovic con l'Inter fino al 2026 forse a qualcuno sarà venuto in mente il dialogo tra Papa Pio XIII-Jude Law e la responsabile del marketing del Vaticano Sofia Dubois-Cécile de France nella seconda puntata di 'The Young Pope' di Paolo Sorrentino. Un botta e risposta in cui il pontefice dagli occhi azzurri partorito dalla fantasia sterminata del regista premio Oscar incalza l'interlocutrice chiedendole chi sono, in ordine, lo scrittore, il regista, l'artista contemporaneo e il gruppo di musica elettronica più importanti degli ultimi 20 anni. Il rebus è di difficile risoluzione fino a che, dopo il puntuale elenco, non viene svelato un minimo comun denominatore tra questi quattro personaggi: "Adesso lei sa quale è l'invisibile filo rosso che unisce tutte queste figure che sono le più importanti nei loro rispettivi campi? Nessuno di loro si fa vedere. Nessuno di loro si lascia fotografare", il pensiero espresso dal Papa della serie tv. 

Ebbene, l'assenza sulle scene di Epic Brozo, come se fosse Kubrick, Bansky o uno dei Daft Punk, dà ragione a Pio XIII anche in ambito calcistico, dove non è stato difficile dimostrare il teorema della rilevanza del croato all'interno del gioco dell'Inter. Simone Inzaghi avrebbe fatto volentieri a meno di questa prova scientifica con Sassuolo, Torino e Fiorentina (2 punti su 9), ma la scelta è stata forzata, imposta dalle circostanze: prima la squalifica, poi l'infortunio hanno tenuto lontano dagli occhi di tifosi e telecamere l'uomo che ha reso celebre il 'coccodrillo' che, non a caso, è l'azione di stare dietro a un sipario, una barriera in opposizione a un calcio di punizione per evitare che la palla passi sotto le loro gambe. Brozovic non ha mai amato le luci della ribalta, preferisce stare sempre un passo indietro ma non per nascondersi, anzi: è il giocatore che si prende le maggiori responsabilità, anche nei momenti più difficili. Attorno alla sua figura totemica dal punto di vista tattico, la squadra trova come per magia le distanze per far pressing o costruire; in più, i suoi movimenti con e senza palla creano quella superiorità che altrimenti non ha ragione d'essere in una formazione che è allergica al dribbling come quella nerazzurra. Le piccole-grandi cose che magari non saranno tangibili al pari di un gol o un assist ma si notano fatalmente quando vengono a mancare. Come le linee di passaggio, spezzate all'avversario o disegnate per i compagni, sulle quali sono state costruite molte vittorie nel tempo. Senza tutto questo, anche la partita contro una squadra di metà classifica diventa più complicata, un viaggio senza bussola verso i tre punti.

Per fortuna della Beneamata, l'instancabile viaggiatore in campo di Zagabria marca visita raramente nel corso di una stagione: in questa occasione, per colpa di un polpaccio dolente nella serata in cui era salito in cattedra ad Anfield, si è preso due turni di pausa consecutivi proprio a ridosso della sosta del campionato. Un periodo propizio per recuperare la forma migliore e annunciare che non lascerà l'Inter sola almeno per i prossimi quattro anni. Una giocata decisiva di Brozo, arrivata dopo quella scontata della dirigenza che gli ha passato volentieri la palla per provare a uscire dal momento di massima pressione mediatica nel post-Conte. Se l'azione iniziata da Beppe Marotta si concluderà con lo scudetto non dipenderà certo da questa firma che, nei giorni in cui Dybala e Kessié hanno sancito ufficiosamente il loro divorzio con Juve e Milan, va comunque accolta come una rara eccezione alla regola dei free agent sempre più numerosi nel calcio mondiale. Il tutto senza proclami, promesse o ricatti, per uscire finalmente allo scoperto dopo mesi di trattative con un'istantanea in cui abbozza una specie di sorriso mentre firma il contratto. Più che mai simbolica della sua presenza nell'assenza.

Sezione: Editoriale / Data: Gio 24 marzo 2022 alle 00:00
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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