Il giorno tanto atteso sta per giungere. Potremmo chiamarlo la fine di un'era, la fine di tutti i discorsi, anche se tutti giurano che la situazione, purtroppo, potrebbe non chiudersi con questa occasione, proseguendo fino allo stremo delle forze, fino all’esaurimento delle energie mentali di coloro che seguono questa intricatissima faccenda, una matassa forse senza nodo, un nodo che tutti cercano, ma che nessuno osa sbrogliare. Ci penserà il procuratore Stefano Palazzi, quando fornirà la documentazione. Verranno perciò presentate le sue conclusioni, le sue osservazioni, anche quelle proposte dall’Inter, non certo pubblicizzate in pompa magna, con tanto di comunicato, come accaduto nel Regno Sabaudo. Conosciamo tutti cosa potrebbe accadere, si va dall’archiviazione definitiva, a un deferimento, ovvero il fatto di sottoporre il soggetto in questione deferito, alla Giustizia Sportiva, che ne trarrà le conclusioni.

Calciopoli è un tema scottante, sempre aperto e sempre prestatosi a diverse interpretazioni, soggetto a un revisionismo esasperato da parte di una fetta di stampa, che non vuole altro che vedere chiusa la faccenda per il quieto vivere. Calciopoli per l’Inter è stata una rivincita, il trionfo di coloro che per anni si vedevano spingere indietro dalla mano del destino, proprio sul più bello, a due passi dal traguardo. Una mano del destino però tirata a distanza da un gruppo di capaci mastri burattinai, abili nel loro lavoro dirigenziale, quanto abili a proteggersi le spalle con sistemi non certo leciti. Calciopoli è anche un pretesto squallido, una maniera volgare per gettare fango nei confronti di colui che ha fatto dell’onesta, della disciplina, del rigore e della signorilità la sua bandiera e viene tirato in ballo proprio ora che non c’è più, che è in un posto migliore, a vedere le imprese della sua Inter da un anello superiore, l’anello celestiale. Calciopoli è solo un pretesto per ingraziarsi la propria tifoseria, delusa per le vicende di calcio giocato, ma agguerrita dalle lotte di tribunale, per la rivendicazione di un passato che li vede colpevoli, senza nessun appello.

Oggi, il 30 giugno, forse, potrebbe esserel'inizio della fine. Martedì ci ha pensato Andrea Agnelli a scaldare l’ambiente, vestendo i piani di uno sciatto e distratto ragioniere, sbagliando i conti sugli scudetti delle big d’Italia (Presidente si fidi: Juve 27, Milan 18 e Inter 18), una risposta certamente piccata alle garbate parole del presidente Moratti, dettosi sicuro che la giustizia sportiva farà senz’altro il suo lavoro al meglio, asserendo che l’Inter, con l’intera vicenda, non c’entra assolutamente nulla. La società, dal canto suo, è fiduciosa. Ha mostrato sempre un ottimismo convinto, non certo di facciata. Molti tifosi nerazzurri si sono lamentati del fatto che Moratti non rispondesse a tono al veleno lanciato da Torino. A quei tifosi voglio solo dire che Moratti allo scudetto di ‘Cartone’ (così apostrofato dai bianconeri, che però dovrebbero fare i conti con i loro, quelli col verme), ci tiene eccome e non ci rinuncerà tanto facilmente. Non è questione di 18 o 17, è una questione di sani principi e valori etici, ‘minacciati’ da intercettazioni che vedono un uomo difendere l’amore dei suoi colori, che per tutta risposta, cercava di venire raggirato da chi tirava le fila del potere.

Al presidente Moratti dico (sicuro che tale consiglio è pleonastico) di lottare, di non mollare questo scudetto. Io non dimentico il 26 aprile 1998, non dimentico il 21 aprile 2002, quando Ronaldo cadeva in area di rigore e il fischietto dei direttori di gara non emetteva il suo assordante rumore. Non dimentico Giacinto Facchetti, che ci ha lasciati in silenzio, senza che potesse godere insieme a noi dei grandi successi della ‘sua’ Inter. Io non dimentico quello che tutte le domeniche i tifosi nerazzurri hanno passato, soffrendo e piangendo per una battaglia dall’esito scontato, già persa in partenza. Presidente lotti senza sosta. Svesta per una volta i panni del gentiluomo e tiri fuori gli artigli. Lo meritano i calciatori, i tifosi e soprattutto un uomo infangato da illazioni, che ora è sereno e tranquillo in un posto migliore, incontaminato, a differenza del calcio in cui ha vissuto gli ultimi anni di una vita da uomo, nel vero senso della parola. Questo sarebbe lo scudetto più bello, quella della memoria intoccabile del nostro amato Cipe.

Presidente lotti e in bocca al lupo!

Sezione: Editoriale / Data: Gio 30 giugno 2011 alle 00:01
Autore: Alberto Casavecchia
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