Saranno rimasti delusi coloro i quali già prefiguravano una crisi nera. Tra infortuni, squalifiche, condizione fisica scadente, caso Perisic, caso Nainggolan, caso Candreva, caso Miranda, caso Gagliardini e, soprattutto, caso Icardi, vuoi che l'Inter non entri in un tunnel senza fine? Ebbene: Parma, Rapid Vienna e Samp. Tre vittorie su tre. La miglior risposta "per perforare la montagna di cose che si dicono sempre sull'Inter", Spalletti dixit.

Emblematico quanto accaduto domenica sera al Meazza. Proprio nel momento più delicato, sono usciti fuori i valori del gruppo di questa squadra, spesso messa alla gogna ben oltre i propri demeriti. Si è visto un Ivan Perisic mai così trascinatore: il croato si è letteralmente caricato sulle spalle i compagni, guidandoli alla riscossa con rara volontà e rinnovata qualità. Vederlo andare a recuperare palloni a ogni angolo del campo è stato un qualcosa che ha scosso tutto l'ambiente, tifosi compresi. Ha innescato i due gol e non solo. E poi Radja Nainggolan: con una condizione fisica finalmente accettabile, il belga è tornato Ninja e s'è lasciato alle spalle il periodo buio. L'ovazione all'uscita dal campo, dopo i fischi rimediati con il Bologna, fanno capire che aveva ragione chi ha insistito su di lui. E l'ex romanista ci ha messo del suo per invertire la rotta, riconoscendo gli errori e rimediando di conseguenza. E poi la caparbietà di D'Ambrosio, il contributo positivo di Joao Mario e Candreva, la classe cristallina di De Vrij, la forza perpetua di Skriniar: l'Inter ha confermato di essere squadra vera, più forte di tutto. Più forte delle tante chiacchiere che si fanno quotidianamente attorno ai nerazzurri.

E cosa dire di Lautaro? Altra prestazione totale, alla quale è mancato solo il gol. L'ex Racing ha lottato, pressato, ripulito palloni, fatto salire la squadra, calciato in porta, preso falli, condizionato i difensori, dialogato coi compagni, offerto soluzioni. E non si è mai, mai, mai risparmiato. Quasi un messaggio per Mauro Icardi, presente in tribuna con l'amata Wanda Nara.

Perfetta la società Inter. Il nuovo corso ha già prodotto frutti con Perisic e Nainggolan, lecito aspettarsi lo stesso con Icardi. Far finta di nulla non era più possibile, la sacralità dello spogliatoio andava salvaguardata. A rischio c'era la salute dell'Inter stessa e non si poteva mettere a repentaglio una stagione che ha ancora tanto da dire. E Icardi ha perso una chance per dimostrare che davvero meritava quella fascia: invece di nascondersi dietro un problema fisico improvvisamente divenuto insormontabile, Maurito avrebbe potuto rimboccarsi le maniche, capire la situazione, domandare scusa (come fatto a suo tempo da Lautaro dopo le uscite social del padre) e mettersi a disposizione. Perché un capitano è tale prima nello spirito, nell'anima, e solo dopo in campo. Un capitano dà l'esempio, anche nel momento più critico. Nascondersi dietro l'infiammazione al ginocchio – in un momento di impegni ravvicinati e delicati, con l'attacco ridotto ai minimi termini tra squalifiche e infortuni – ha confermato indirettamente la bontà della scelta del club di sottrargli la fascia.

Wanda piange. Va in tv e piange. Ma non dà l'impressione di aver capito davvero il momento. Non pare essere cosciente del fatto che un capitano debba avere credibilità dinanzi al gruppo, perché di quello è il massimo esponente. Qui non è questione di soldi, di contratto o di bravura nel fare gol. Qui è questione che il generale delle truppe ha l'onere e l'onore di proteggere prima di tutto i suoi soldati, e non solo se stesso. Indicare la strada e offrire appoggio incondizionato. Che poi è anche ciò che spesso si rimprovera a Mauro guardando le partite. Le lacrime lasciano il tempo che trovano. L'Inter è al di sopra di tutti. E se qualcuno ancora non lo aveva capito, adesso non può più esimersi dal farlo.

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Sezione: Editoriale / Data: Mar 19 febbraio 2019 alle 00:00
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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