“Paghiamo il fatto di essere diversi. E continueremo a esserlo”. Lo diceva Javier Zanetti dopo l'ennesimo abbaglio arbitrale che ha funestato la stagione dell'Inter al pari degli infortuni. Un'annata maledetta, certificata dal duro ko subito anche a Palermo. No, non mi riferisco al gol di Ilicic, che comunque non è certo stato un toccasana. Parlo, purtroppo, dell'infortunio grave patito proprio dal capitano nerazzurro, lui che più di chiunque altro ha incarnato i valori dell'Inter in questi anni di successi e record.

Una persona fuori dal comune, Javier. Uno che si alza dal tavolo dove sta cenando con la sua famiglia per venirti a porgere un saluto. Una bandiera dell'Inter, certo. Ma anche e soprattutto una bandiera dello sport, dell'essere uomo.

Vederlo dolorante è stato terribile. Della gravità si è capito subito, perché uno come lui non chiederebbe il cambio neppure sotto tortura. Il cross, la smorfia, il dolore acuto. E poi la barella. Brutto segno. Bruttissimo. Il tendine d'Achille sollecitato in maniera eccessiva, la lesione. La rottura. Adesso ci sarà tempo e modo di valutare il piano di recupero, ma è chiaro che la sosta ai box non sarà breve.

Deve finire nella stagione 2012-2013, al contrario, la sosta (siesta?) dell'Inter. Un biennio orribile, con qualche soddisfazione furtiva e parecchie delusioni. Anche al “Barbera” la squadra ci ha messo del suo per tornare a casa con zero punti, con una partenza ad handicap figlia di un approccio sbagliatissimo all'incontro. Eppure, il proseguo della partita ha dimostrato che – nonostante i tanti alibi – si poteva e doveva fare meglio. Da salvare  pochi dettagli: la continuità di Jonathan, il coraggio di Alvarez, il secondo tempo di Kovacic e il solito Handanovic. Male Silvestre, malissimo Schelotto: entrambi, più di altri, sembrano pagare l'annata storta, un po' come capitò a Ranocchia nell'anno passato.

Ma proprio il fatto che peggio di così non può andare, sono pervaso da uno strano ottimismo per la prossima stagione. Un ottimismo che mi deriva dalla conferma di Stramaccioni da parte di Moratti. Mai dire mai, perché nessuno può sentirsi davvero al sicuro. Ma se davvero Strama verrà confermato, allora sì che la parola progetto avrà avuto un senso. Gli acquisti di quest'anno in ottica futura, quelli già completati e quelli da fare offrono l'idea di una società che non si lascia prendere dalle emotività dell'oggi. Per tornare un'Inter vincente manca parecchio, ma ripartire con la fiducia nelle scelte effettuate solo un anno fa sarebbe un ottimo viatico.

Rinnovare mi sta bene, rivoluzionare meno. Mai agire sotto l'effetto dell'ira. Ottima la fiducia in Stramaccioni, quindi. Aspettando Milito e aspettando Zanetti. Perché loro sono l'Inter, la rappresentano come sportivi e come individui. E' facile essere interisti nell'anno del Triplete. Facilissimo esserlo oggi, quando sembra che tutto vada male e che tutto sia stato sbagliato. Esatto, avete letto bene: è facilissimo.

Perché siamo diversi. E continueremo a esserlo.

Sezione: Editoriale / Data: Lun 29 aprile 2013 alle 00:01
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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