Alla fine di un sogno cosa resta? L’incapacità di ricordarlo del tutto, il rimpianto per averlo interrotto, sprazzi di memoria offuscati dal risveglio. Il solo fatto di sognare, però, resta una fuga dalla realtà, un tentativo di credere che il difficile possa diventare realizzabile, che l’immaginario assuma una forma concreta. Almeno per un po’. Finché dura il sogno, appunto. Poi i sogni si realizzano anche, certo. Ma mai per caso. E mai senza un duro lavoro, tanta costanza, ostinazione, passione e giusto equilibrio tra immaginazione e concretezza. E sempre al momento opportuno. E tra Luka Modric e l’Inter, probabilmente, nulla è stato più sbagliato del momento.

Perché dopo l’addio di Zidane e la cessione di Cristiano Ronaldo, lasciar partire anche il numero 10 croato, a fronte di un mercato in entrata mai del tutto (o non ancora) decollato, avrebbe avuto per il Real, o meglio agli occhi dei suoi tifosi, il rumore eccessivamente fastidioso e vagamente insopportabile della smobilitazione. Motivo per cui i Blancos hanno alzato un muro e minacciato di denunciare i nerazzurri alla Uefa oltre a rifiutarsi di ascoltare esigenze e motivazioni del giocatore. Non è detto che sia finita, sostengono alcuni. Soprattutto se a Madrid dovessero dare l’assalto deciso e definitivo ad Hazard. O Milinkovic-Savic.

L’attendismo portato avanti fino ad ora dall’Inter, però, ha fatto il suo tempo. Spalletti ha detto di essere felice alla sola idea che il miglior giocatore dell’ultimo Mondiale abbia pensato alla sua squadra ma la sola idea che tutto ciò resti un “sogno sognato” a lungo fa capire che manca ancora qualcosa all’Inter per essere definitivamente grande, per essere club capace non solo di sognarli i sogni e di rimanere abbastanza impotente di fronte ad essi ma capace di tentare il Real con un’offerta un po’ più allettante di un prestito oneroso da 15 milioni. Il momento è (anche) questo.

Nella settimana che porta all’inizio della stagione che, come detto tante volte, dovrà essere quella della svolta, per i sogni non c’è più posto: serve capire cosa è fattibile e cosa no per completare l’opera. Opera alla quale, come scritto nell’editoriale di sette giorni fa, sembrerebbe mancare il tocco del ragionatore, del giocatore col “cervello” nei piedi e che non abbia solo la qualità istintiva e in certi momenti persino trabordante alternata, però, alla messa in stand-by di certi altri, colui che tiene la mente fredda e la visione lucida con la palla tra i piedi. Un Luka Modric, insomma. Forse l’unico per cui Spalletti avrebbe fatto un’eccezione. Perché il ragionatore, il giocatore dalla qualità sopraffina l’Inter sul mercato non lo ha mai cercato davvero e persino per Rafinha non sembra essersi esposta più di tanto. Perché, evidentemente, le esigenze e le scelte, concordate (cosa fondamentale) con l’allenatore erano altre.

Quella che sta mettendo in piedi Spalletti, a quanto pare, vuole essere una squadra che gioca sulla velocità e sull’imprevedibilità più che sulla manovra e sulla costruzione, con le ripartenze, gli inserimenti e le giocate di qualità dei centrocampisti alla Nainggolan o degli esterni piazzando sempre due mediani davanti alla difesa per recuperare e rilanciare secondo un tipo di calcio moderno ed efficace che affiderà, presumibilmente, la “conduzione” delle sue ripartenze a al Ninja o a Brozovic o a un Lautaro Martinez nelle vesti di ”assistente” di Icardi. Squadra tosta, di lotta, resistenza e corsa con l’estro, l’imprevedibilità, la giocata dei suoi esterni al servizio degli assalitori dell’area che non sarà più, e sarebbe un bel passo in avanti, proprietà privata del capitano.

Squadra concreta dunque, quella che l’Inter vorrebbe provare a diventare: del resto, a pochi giorni dal via, i sogni vanno o realizzati o messi da parte. Con concretezza. Che non è poi così male.

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Sezione: Editoriale / Data: Lun 13 agosto 2018 alle 00:00
Autore: Giulia Bassi / Twitter: @giulay85
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