È tutto diventato così clamorosamente straniante, è tutto diventato così maledettamente difficile. È diventato difficile parlare di calcio, specie adesso che il calcio, così come tutto lo sport, si ritrova ormai costretto a chiudere i battenti per forza maggiore: lunedì, col match tra Sassuolo e Brescia, è stata portata al termine, praticamente, forza d’inerzia la giornata numero 26, quella della fatidica sfida tra Juventus e Inter intorno alla quale tante, troppe polemiche sono state sollevate e alla fine disputatasi nel vuoto (nel silenzio, però, è un po’ difficile da dire) dell’Allianz Stadium. Una partita anche bella, impreziosita dalla gemma di Paulo Dybala che è valsa il definitivo 2-0 per gli uomini di Maurizio Sarri, e che ha visto un’Inter anche in piena lotta partita per poco più di un tempo ma evaporata in maniera anche non degna dopo il vantaggio bianconero di Aaron Ramsey. L’ennesimo calo di tensione costato caro nella ripresa, nel sentire dell’opinione pubblica; una partita che molto probabilmente lascerà dei segni sul piano psicologico ma dove forse l’Inter è arrivata segnata psicologicamente già da tempo, vittima involontaria di una gestione alquanto allegra della cosa calcistica ai tempi di un’emergenza colossale come quella che stiamo ahinoi vivendo in questi tempi.

Una partita bella, dicevamo; una partita che però rischia di cadere in una sorta di oblio perpetuo, lo stesso oblio nella quale l’ha lasciata cadere il tecnico del Borussia Dortmund Lucien Favre che per sua stessa ammissione ha cambiato canale dopo appena due minuti di gioco perché, ai suoi occhi, quello che stava andando in scena non era semplicemente assimilabile nemmeno lontanamente ad un’idea di calcio. Perché, qualche ora dopo, è arrivato il nuovo provvedimento governativo che ha ufficializzato una decisione che peraltro era nell’aria: tutto fermo in nome del ‘restiamo a casa’, le attività sportive chiudono i battenti così come Paesi come Austria e Slovenia hanno provveduto a chiudere i confini con l’Italia, dalle partite a porte chiuse si è passati direttamente allo stop totale, peraltro già anticipato in maniera autonoma da altri sport come ad esempio la pallacanestro.

Chiude tutto o quasi, quello che ad oggi rimane aperto o lo è a porte chiuse, come la partita di giovedì di Europa League contro il Getafe, o resta ancora avvolto da una nebulosa di incertezza, mentre su altri fronti ci si muove con maggiore decisione come dimostra il settore giovanile nerazzurro che si ferma di sua sponte portando la Primavera di Armando Madonna a rinunciare, in nome della salvaguardia della salute, a competere per il traguardo della Youth League dicendo no alla gara contro lo Stade Rennais peraltro già posticipata e traslata di luogo fino a Coverciano. Seguita, tra l’altro, dal Real Madrid che ha rinunciato all’ottavo di finale contro la Juventus, guarda caso nel match che avrebbe dovuto consegnare l’avversaria alla vincente della gara dei nerazzurri: bretoni e bianconeri si prendono questo inaspettato ‘bye’, per l’Inter la tutela della salute vale, come giusto che sia, molto di più di uno 0-3 a tavolino che peraltro la Uefa vuole riflettere bene prima eventualmente di certificare.

È tutto difficile per tutti, e di conseguenza diventa difficile anche parlare di calcio, una cosa che può anche sembrare frivola e inutile considerato il momento. È vero, il calcio non è una cosa importante, ma qualcuno diceva che di queste cose non importanti un pallone che rotola su un prato di 110x75 centimetri o giù di lui rappresenta quella più importante, come testimonia anche il fatto che nei giorni scorsi, tra le misure studiate allo scopo di rendere meno difficile la vita degli italiani costretti a fare i conti con le ben note misure restrittive, si è pensato anche alla trasmissione delle partite di campionato in chiaro con tutta la coda di polemiche che ne è conseguita, sulla quale non è opportuno soffermarsi. Di calcio, comunque, si è parlato inevitabilmente anche in queste ore, per le partite di Champions League in primo luogo, e poi per quanto avvenuto ieri a Roma dove, dopo giorni di panico, tante chiacchiere e poca chiarezza, il Consiglio della Figc ha provato a dare un primo indirizzo al calcio che sarà, dettando le potenziali linee guida per far tornare a rotolare il pallone una volta che, speriamo tutti il più presto possibile, tornerà a rotolare su quel prato.

Da questo consiglio è venuta fuori in primo luogo un’indicazione: quella di riprendere tutto una volta che la situazione sarà normalizzata, cercando di sfruttare tutte le date utili da qui fino al 31 maggio, anche per salvaguardare la disputa dell’Europeo del 2020. Ovviamente, rimane la curiosità sul capire con quale giornata si ricomincerà, se ad esempio l’Inter ripartirà giocando contro il Sassuolo o il Bologna. Qualora però non ci fossero le condizioni poiché l’emergenza Covid19 potrebbe anche protrarsi oltre la data del 3 aprile, allora, stando alla nota diffusa da Via Allegri che riportiamo testuale, “il presidente Gabriele Gravina ha sottoposto all’attenzione delle Leghe interessate alcune ipotesi su cui discutere nella riunione, già fissata, del Consiglio Federale del 23 marzo pv. Senza alcun ordine di priorità, un’ipotesi potrebbe essere la non assegnazione del titolo di Campione d’Italia e conseguente comunicazione alla UEFA delle società qualificate alle coppe europee; un’altra sarebbe far riferimento alla classifica maturata fino al momento dell’interruzione; terza ed ultima ipotesi, far disputare solo i play off per il titolo di Campione d’Italia ed i play out per la retrocessione in Serie B”.

Insomma, tre soluzioni di emergenza, ognuna coi suoi pro e i suoi contro, con le parti negative che a prima vista sembrano prevalere in tutte e tre le opzioni: la non assegnazione del titolo scatenerebbe una serie di contestazioni e soprattutto aprirebbe le porte allo spettro di un campionato di Serie A extralarge a 22 squadre per la stagione 2020-2021, con tutte le difficoltà di gestione legate in primo luogo al calendario; cristallizzare la classifica al momento dello stop, a parte avere un vizio di forma legato all’incompletezza del programma di partite visto che c’è ancora il famigerato vuoto dovuto a Inter-Sampdoria, potrebbe non andare giù a chi è ancora in lotta per i vari obiettivi; i playoff e i playout sono sicuramente l’opzione più affascinante, della quale si è anche dibattuto in passato, ma il format sarebbe da inventare ex novo, partendo dalle squadre da far partecipare fino alla formula della competizione (gare secche? Andata e ritorno? Magari gironcini se il discorso venisse allargato a più di 4 squadre?). E poi, ci sarebbe da capire quanto questo sistema possa essere digerito da squadre abituate a pensare ad un torneo sulla lunghissima distanza.

Il discorso, comunque, è stato rimandato al 23 marzo, quando ci sarà una nuova assise nelle quale le varie leghe calcistiche presenteranno alla Figc la sintesi dei loro ragionamenti e le proposte studiate per portare al termine quest’annata. Questo vuol dire prepararsi a dodici giorni di bonaccia, dove nemmeno si potrà dire di navigare a vista visto che comunque o le barche saranno ferme oppure si lavorerà più nei cantieri. Dodici giorni che vanno ad arricchire un periodo di sosta forzosa con tutte le ripercussioni fisiche e psicologiche che questo può comportare. Dodici giorni, però, che dovranno servire a chi di dovere per meditare bene, prima ancora che sulle soluzioni, sugli errori, sulle goffaggini, sulla poca lungimiranza nel gestire una situazione diventata a tutti gli effetti esplosiva. Sperando che perlomeno la toppa basti prima di voltare pagina e magari scrivere, definitivamente, un nuovo capitolo.

#Andràtuttobene

Sezione: Editoriale / Data: Mer 11 marzo 2020 alle 00:00
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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