C’è solo il calciomercato in questo periodo di distacco dal calcio giocato, una vetrina che ha già esposto i saldi e gli affari persino per l mercato estivo. 
Tempo tre giorni e il nome dell’Inter è diventato centrale in tutte le trattative più importanti.
Riassumendo i nomi affiancati alla società sono quelli di: Godin, Modric, Lozano, Kroos, Robben, Isco, Herrera, Barella, Tonali, Tchouameni, Andersen, Mangala, Milinkovic Savic, Almendra, De Paul e Darmian. 
La prima considerazione è sul probabile arrivo del capitano dell’Atletico Madrid Diego Godin a giugno. L’opportunità di prendere un parametro zero dalla grande personalità e il talento indiscutibile significa che Skriniar verrà ceduto? All’apparenza sembra solo indicare la cessione di Miranda, forse già a gennaio per sua espressa volontà e l’arrivo di un giocatore che lo rimpiazzi. Si parla di Mangala dal Manchester City. Milan Skriniar tuttavia è rapidamente diventato un obiettivo per tanti grandi club in Europa con cifre importanti che verrebbero spese per acquistare il difensore e la trattativa per il rinnovo, per quanto avviata, non è a buon punto. Vale anche per Mauro Icardi, considerando che Wanda Nara chiede una cifra molto alta.
L’Inter da giugno uscirà definitivamente dai legacci del settlement agreement e aspira a tornare uno dei club più importanti al mondo, perciò non sarebbe comprensibile un’altra monetizzazione, per quanto importante, grazie alla cessione del difensore ceco. 
Se la strategia prevede l’acquisto di un mix tra grandi giocatori a parametro zero, ad un punto discendente della loro carriera ma ancora in grado di dare un prezioso contributo e giovani di prospettiva capaci di innervare la rosa, è un modello che l’Inter ha già intrapreso anche in passato con nomi meno rumorosi. 
La cessione di un giocatore di riferimento è uno spauracchio agitato da anni ma mai avvenuto. Con l’arrivo di Marotta cambia però la politica di un Inter che cerca l’età adulta e l’addio a Perisic, considerando le sue dichiarazioni, appare decisamente possibile, considerando anche l’età del croato e un rendimento ben al di sotto delle sue reali possibilità, specie ricordando le sue straordinarie prestazioni del Mondiale. 
Icardi è un discorso a parte, considerando che Wanda Nara ha un approccio politicamente scorretto. L’ipotesi di una cessione di Skriniar è invece incompatibile con il progetto di una grande Inter perché la politica dei grandi club d’Europa è quella di tenere i loro giocatori migliori. Non lasciarli partire.
Le eccezioni ci sono, come dimostrano Neymar o lo stesso Ronaldo andato via contro la volontà di Perez ma l’Inter è in una fase in cui le certezze che ha se le deve tenere strette e fare un sacrificio economico. Perciò l’unico motivo per cui la società potrebbe lasciar partire il difensore sarebbe un’offerta da capogiro, unita alla volontà dello stesso di partire.

La seconda parte di questo articolo è dedicata all’argomento ultras di cui si sta parlando da giorni e che vede il nome dell’Inter affiancato a una vicenda imbarazzante e sgradevole. Cito un mio recente articolo su un altro sito a riguardo che sintetizzo citando i governi che storicamente affrontano con approssimazione ed episodicamente la questione. Costa troppo, mancano strumenti adeguati e l’onda emotiva si è già spenta, dunque non c’è più urgenza. Il problema è anche culturale. Allo stadio la gente guarda la Nord quando c’è la coreografia, i quotidiani pubblicano le immagini degli striscioni e delle scenografie. Se la curva ad esempio dedica uno striscione contro Icardi, si dà per scontato che rappresentino l’intera tifoseria. Viene poi data enfasi alle buone azioni come quando ultras di Genoa e Samp diedero una mano agli alluvionati della loro città. C’è una complice esaltazione da parte degli stessi organi di stampa, altrettanto privi di un codice etico rispettato allo stesso modo. I calciatori, quando termina la partita vanno a salutare gli ultras e a loro si risponde in caso di contestazione.

Il calcio è ostaggio nei momenti positivi di quel folklore di un intero settore colorato e animato, pronto a sostenere la squadra fino all’ultimo, così come della loro espressione più violenta. Allo stesso tempo si fa largo l’indignazione ma gli organi preposti sembrano reagire su una spinta impulsiva come dimostra, pur non trattandosi espressamente di ultras, lo strano metro di misura che il giorno prima fa squalificare un intero stadio per razzismo e quattro giorni dopo non sente cori razzisti a due giocatori del Torino, N'Koulou e Meité, durante il match con la Lazio all'Olimpico di Roma).

Il tema ultras è comunque a prescindere velleitario, affrontato senza convinzione. A differenza dagli anni ’80 e la percezione della sicurezza dentro gli impianti è aumentata. Fuori prosegue come prima. Non c’è un reale sminamento del fattore subculturale degli ultras, non c’è alcuna contrapposizione se non quella dell’indignazione di beve durata e di una retorica ministeriale e goffa, espressa stancamente.

Gli ultras continueranno ad esistere, stampa e tifosi continueranno ad avere il consueto ambiguo atteggiamento di meraviglia e risentimento verso l’estremismo di settori dediti a gesti forti nel bene e nel male perché una cultura, per quanto perversa o sbagliata sia, spiace dirlo, vince sempre sull’assenza di un’altra che le si contrapponga con la stessa forza.

Amala.

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Sezione: Editoriale / Data: Lun 07 gennaio 2019 alle 00:00
Autore: Lapo De Carlo / Twitter: @LapoDeCarlo1
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