Inizio l’editoriale con un detto che gira da tempo. Se un giapponese non conosce un argomento, lo studia. Se un cinese affronta qualcosa di inedito, tenta quantomeno di replicarlo. L’italiano invece se non sa nulla di un determinato tema, allora pretende di insegnarlo. Stereotipi a parte, mi spiace essere così netto. Reputo il nostro Paese, per distanza, il più bello del mondo. E fidatevi che io ho girato proprio tanto. Da noi ci sono persone splendide, squisite e spiritose. Ma dopo aver letto certe eresie di determinati utenti su internet (e assistito a scene di panico esagerato) credo che sia proprio mio dovere – da giornalista, ma soprattutto da persona di buon senso - consigliare a ognuno di voi di leggere e di informarsi il più possibile, ma solo dalle persone competenti.

Sul coronavirus non si scherza. La mia opinione “tecnica” su possibilità di contagio e annessi vale zero. Anzi meno di zero. La mia, come quella di chi non è preparato in materia. Solo quelli che hanno conseguito un dottorato specifico e sanno davvero di cosa si parla, possono dare consigli e spiegarci come ci si comporta. I tuttologi e laureati su Twitter non mi interessano. E per me sono uno dei tanti mali del Paese. Non siamo tenuti per legge ad esprimere un’opinione su tutto. O a dire si fa così, piuttosto che cos’à. Di Leonardo Da Vinci ce n’è stato uno nella storia.

Perché questo preambolo? Per ribadire (ancora una volta) che per me è normale e scontato che la salute pubblica venga prima di una partita di pallone. Ma evidentemente per molti non è (o non era) così. Col denaro che conta(va) di più. Il calcio è il mio lavoro, “mangio” grazie a questo sport e alla professione connessa. Tuttavia non baratterei mai il benessere anche solo di una persona, pur non conoscendola, per un mio ritorno economico. Ma di cosa stiamo parlando? Ma si deve pure discutere su questo punto? Evidentemente sì.

La sostanza delle parole di Steven Zhang su Instagram non può che essere condivisibile. Chiedere semplicemente che venga tutelata la salute pubblica rispetto agli interessi economici deve essere la normalità, un qualcosa su cui manco esista un abbozzo di confronto. Davanti alla vita umana, i diritti della Serie A sono il nulla più assoluto. Certo, qualcuno perderà soldi e prestigio, ma davvero, chissenefrega. Suning, per chi non lo sapesse, detiene proprio tali diritti in Cina, quindi se c’è qualcuno che conosce perfettamente l’argomento della “tutela del campionato all’estero”, è proprio Zhang. E invece no, in molto hanno dato maggior risalto alla parola “pagliaccio” (espressione che tra l’altro io non avrei usato), piuttosto che al senso dell’intervento del numero uno nerazzurro.

Ok, possiamo anche sederci e confrontarci sull’appellativo clown, ma il punto non è quello. Non spostiamo l’attenzione su cosa realmente conta. Anche perché c’è una vera e propria gerarchia dei bisogni dell’uomo. Con la sopravvivenza e lo stare bene che rappresentano la base di una ipotetica piramide. Per un concetto espresso da Maslow, condiviso da e al mondo, grazie allo psicologo di fama mondiale, che tanto per capirci era ritenuto il Messi del suo ambito lavorativo. La cosa più incredibile è che dopo l’intervento di Agnelli, che ufficialmente si è schierato con il numero uno nerazzurro e che quindi magari potrebbe anche pensare che l’epiteto utilizzato per Dal Pino sia appropriato, si è tentata una frettolosa retromarcia. Va bene essere tifosi di questa o quella squadra, ma si può avere comunque una visione oggettiva del tutto senza essere per questo meno vicini al proprio team del cuore.

Quasi mi spiace scrivere tali righe su FcInterNews, perché comunque si dirà un articolo “di parte”. Invece no, non è così. È solo usare la testa, con razionalità. Come quella di Klopp in conferenza stampa (e di sicuro non tifo Liverpool). Le persone non sono numeri. Gli affetti degli altri, potrebbero essere quelli dei nostri cari. Per cui se qualcuno antepone il benessere pubblico a una partita di pallone, fa solo bene. E gli si faccia un plauso. Non lo si critichi per una parola antipatica. Altrimenti si è lo stolto che guarda il dito e non la luna.

Sezione: Editoriale / Data: Ven 06 marzo 2020 alle 00:00
Autore: Simone Togna / Twitter: @SimoneTogna
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