E’ stata una serata di suggestioni, evocazioni, rimpianti ed esortazioni, una serata strana, zeppa di spunti e curiosità come quella di rivedere ben quattro ex interisti (Dodò, Ranocchia, Silvestre e Alvarez) espulsi dallo stomaco nerazzurro con eccesso di entusiasmo.
La presenza intempestiva, per quanto romantica, di Mou e Ronaldo a San Siro nel peggior momento della stagione, mi ha fatto riflettere riguardo all’apparente scollegamento tra le strategie di società e squadra. Come se altre logiche avessero determinato la scelta dell’invito di due elementi storici, diversamente accolti dal pubblico nerazzurro, entrambi finiti al Real ma solo uno andato al Milan, con tanto di gesto (sgradevole) delle orecchie dopo un gol segnato alla stessa Inter nel derby. La presenza di due simboli come loro mi riporta chiaro in testa che nell’epoca in cui le bandiere stanno sparendo, non è più necessaria una permanenza duratura in un club per lasciare il segno ma una presenza intensa.

L’Inter di oggi è invece una squadra fragile che ha vinto una partita contro una Sampdoria con tanti giocatori di talento ma priva di consistenza. Dopo un 3-1 ci si lascia andare senza troppe preoccupazioni ma battere la quart’ultima in classifica, dopo i primi venti minuti in cui si è subito e rischiato, e dopo essere stati graziati dall’arbitro per un rigore non visto, non si possono tralasciare annotazioni preoccupanti come l’ammonizione di Brozovic che verrà squalificato per la gara contro la Juve. L’unico centrocampista in grado di fare gioco non sarà dunque presente allo Juventus Stadium e, francamente, non vedo come si possa far risultato con una mediana senza qualità che ripresenterà (mi vengono i brividi) Melo e Medel insieme.
Questa Inter però ha fatto una partita discreta, con alcune giocate interessanti, un Biabiany capace di fare il centometrista con ostacoli sulla fascia destra, un Felipe Melo insolitamente misurato, gli inserimenti in attacco dei difensori e i non casuali gol di D’Ambrosio e Miranda, oltre a un ricorso sospetto al colpo di tacco (la squadra avrà visto l’intervista di Paolo Condò a Mancini).

Sono però incredulo di fronte al fatto che la squadra, dopo tre giorni di mini ritiro, giochi una partita contro un avversario in palese difficoltà di classifica e, invece di aggredirlo, si lasci accerchiare e gestisca la partita amministrandola con sufficienza.
Mi preoccupa vedere Miranda e Murillo che non sono più in grado di essere determinanti come all’andata e, in generale tutta la squadra che non ha mai intensità (da non confondere con cattiveria).
L’Inter corre meno, non è lucida e vive le gare assecondando l’inerzia di una giocata o dell’avversario. Per questo sono contento di passare il secondo week end del 2016 senza essere permeato da una depressione cosmica e pensando vagamente positivo ma non entusiasta.
Nel frattempo prosegue il mistero Eder, ex vice capocannoniere capace di fare quasi un gol a  partita nella Samp, slegato dal resto della squadra e nei movimenti con Icardi.
La spiegazione tattica più evidente è che l’Inter vive di slanci ma non ha giocatori in grado di proporre gioco, come di attaccanti in grado di dettare passaggi in profondità nei tempi giusti. Stupisce vedere Perisic così bolso rispetto a quello del Wolfsburg e personalmente non comprendo bene la scelta di Mancini nel relegare Ljajic stabilmente in panchina.
Sono scelte spiazzanti e che sembrano provenire più da fattori lontani dal campo che dal rendimento stesso. Un po’ come la scelta di non puntare più su Santon per poi piazzarlo in campo dal primo minuto nel derby e cancellarlo di nuovo. Ci sono diverse cose disorientanti nell’Inter di quest’anno. Non può bastare la vittoria contro la Samp per ritenersi usciti dalla crisi. Domenica prossima c’è la Juve e, prescindendo dagli interpreti che scenderanno in campo, vorrei che la squadra affrontasse i rivali col piglio da grande squadra,  non con quella leggerezza sconcertante utilizzata nel confronto in Coppa Italia.Mancini parla di voler vincere ma la squadra ha molta meno volontà di lui.

In ultimo menzione d’onore per Ricky Alvarez che, uscito dal calvario degli infortuni, ha mostrato di avere più classe di qualunque giocatore presente in campo. Migliore in campo ma i tifosi lo hanno condannato a essere ricordato come un “bidone” o altri appellativi che il tifoso competente spesso rifila senza mai cambiare idea. Peccato.
Amala.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 21 febbraio 2016 alle 00:00
Autore: Lapo De Carlo / Twitter: @LapoDeCarlo1
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