Il finale di girone d’andata che non t’aspetti. Si sente ancora, a 17 ore di distanza, il frastuono del capitombolo interista in quel di Bergamo, evento che non accadeva da 14 anni e che, considerate le premesse, non aveva ragion d’essere. Inter prima in classifica e imbattuta da 13 giornate, Atalanta buona squadra ma senza un livello tecnico tale da impensierire una corazzata come quella avversaria. Il mezzo passo falso contro il Cagliari doveva rappresentare solo una distrazione. A distanza di otto giorni si è invece rivelato un sonoro campanello d’allarme. Si può parlare di crisetta? Un punto in due giornate non è un ruolino di marcia a cui l’Inter ci ha abituati, ma quello che preoccupa maggiormente è che tale ruolino si sta verificando al rientro dalle vacanze. Si ha la sensazione che la sosta abbia interrotto qualcosa, una sorta di filo conduttore che caratterizzava le partite (e le vittorie) interiste. Non è un caso quindi che l’anno nuovo abbia portato prima la fine della striscia di vittorie consecutive (fermatasi a 8), poi quella di risultati utili (13). Ma il problema vero risiede nel gioco, vittima di un’involuzione. Ovvio, Mourinho non ha mai guadagnato le prime pagine dei giornali per lo spettacolo proposto in campo. Erano le vittorie a renderlo “speciale”. Ma se anche queste venissero a mancare, cosa rimarrebbe?

Il tecnico, mai come prima, a Bergamo ha commesso una serie di errori imprevedibili e nel dopo gara se n’è assunto la responsabilità. Complimenti a Del Neri, geniale nell’interpretare la gara, e mea culpa pubblico. Giusto atteggiamento di chi non ha nulla da opporre a sua parziale discolpa, né ha intenzione di farlo. Cospargersi il capo di cenere ha un senso nell’immediato, ma adesso è necessaria una reazione che parta innanzitutto dalla guida della squadra. Mercoledì sera a San Siro c’è la Roma di Julio Baptista, in una forma tale da mettere in forte pericolo il proseguimento della Coppa Italia, a cui Mou tiene particolarmente. Restano da valutare le condizioni di alcuni dei presenti di Bergamo, perché contro Spalletti gli esperimenti sono da censurare. Per fortuna, in campionato la Juve ha rosicchiato solo un altro punticino e la vetta è ancora al sicuro dagli assalti bianconeri. Ma perché la situazione rimanga tale bisogna darsi una mossa.

Inevitabili, dopo il k.o. fragoroso contro l’Atalanta e la prima occasione di un bilancio (fine girone d'andata), i paragoni con l’Inter di Mancini, che lo scorso anno aveva più punti in classifica, più gol segnati, meno subiti e, soprattutto, non lasciava ancora presagire quel calo fisico che l’avrebbe attesa poco tempo dopo e l’avrebbe estromessa dalla Champions League. Che questa crisetta non sia altro che un semplice momento di appannamento dovuto alla lunga sosta invernale? Se è lo scotto da pagare per avere un’Inter più fresca in occasione della doppia sfida contro il Manchester United, ben venga. Nessun tifoso punterà il dito. In assenza di altri riscontri, pensiamola dunque così. Ed evitiamo, soprattutto, di fare paragoni con l’Inter dello scorso anno, che pur viaggiando a mille in tutto il girone d’andata ha conquistato lo scudetto solo nella ripresa dell’ultima giornata di campionato. Quando la Champions era ormai un lontano ricordo.

 

Sezione: Editoriale / Data: Lun 19 gennaio 2009 alle 09:39
Autore: Fabio Costantino
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