Sebastiano Esposito è un predestinato, uno di quei giocatori per i quali il presente non è un punto fermo ma un tempo in divenire dentro il quale qualcuno può prospettargli il futuro che vuole. C'è chi lo immagina in prima squadra già nella prossima stagione, chi più cautamente gli augura di maturare ulteriormente un altro anno in Primavera, e poi non mancano quelli che temono diventi presto o tardi una corposa plusvalenza per il club.

Succede sempre così per questo tipo di talenti, la cui precocità è uno schiaffo robusto assestato a Kronos: ogni giocata esibita da questi campioncini in erba anticipa l'attesa della loro maturazione e cristallizza il momento rendendolo eterno, in barba al ticchettio delle lancette che continuano a girare sull'orologio. D'altronde, a 16 anni, non conta nulla quello che hai già fatto o stai facendo, ciò che ti inquadra è quello che riuscirai a fare. Questo è il peso più grande che deve affrontare il classe 2002 di Castellammare di Stabia ogni secondo della sua vita: il canterano più promettente di un vivaio al top nel mondo come quello dell'Inter deve dimostrarsi all'altezza del dono che madre natura gli ha dato, rendendole omaggio con il duro lavoro e la serietà. "E' un giocatore che parte da una base di talento alta, ed è avvantaggiato da questo. Poi penso che lui abbia ancora dei margini di miglioramento ampi, spero che questa ribalta che sta vivendo, anche figlia dei tempi, la usi a suo vantaggio, nel senso che si metta in discussione per migliorarsi – aveva spiegato ai nostri microfoni Andrea Zanchetta ormai due mesi fa -. Non deve fermarsi al livello che ha raggiunto e di cui parlano tutti. E' una storia che si ripete da quando c'è il calcio: la testa farà la differenza, lui deve tenerlo bene in mente. Gli allenatori che hanno avuto a che fare con Esposito gliel'hanno spiegato perché è un ragazzo esuberante, deve sempre rimanere umile: questo farà la differenza nel suo percorso. Le qualità per giocare ad alto livello le ha tutte, ha dei colpi, delle giocate importanti e corsa".  

Il tecnico dell'Under 17 nerazzurra, uno di quelli che lo conosce meglio, ha centrato perfettamente il punto: non esistono fenomeni nel calcio che non facciano sacrifici. E l'enfant prodige campano ne è pienamente cosciente già da un pezzo, tanto da aver capito che deve esercitare anche la specialità che lo rende differente dai suoi coetanei e che lo eleva al rango dei più grandi: il calcio da fermo. "Ho realizzato 10 gol in stagione da calcio di punizione tra Nazionale, U17 e Primavera dell’Inter. Certe cose le hai dentro per natura e io sono stato fortunato”. spiegava il diretto interessato alla Gazzetta dello Sport prima della sfortunata finale europea con l'Under 17 azzurra”, non senza svelare l'altro segreto nascosto dietro questa sua dote da cecchino spietato. “Devo ringraziare mister Zanchetta, in un anno e mezzo con lui sono migliorato molto. Ogni allenamento di rifinitura restavamo a calciare e lui mi ha fatto capire come colpire meglio la palla, dargli più giro e più forza".

In mezzo a queste parole, per nulla banali se rapportate a quelle pronunciate da tanti colleghi anche più grandi, c'è il manifesto programmatico dell'essere Sebastiano Esposito: consapevolezza nei propri mezzi e riconoscenza verso le persone che giorno dopo giorno lo aiutano a evolvere gioco e carattere. Come, ad esempio, quel Luciano Spalletti che mandandolo in campo per un cammeo finale contro l'Eintracht Francoforte ha stampato il suo nome sul libro della Beneamata come il giocatore più giovane ad avere esordito in Europa nella storia del club. "Non me lo aspettavo, è stata l’esperienza più emozionante della mia vita. Ho coronato un sogno, ma quella notte per me sarà sempre un punto di partenza e non di arrivo", ha commentato lucidamente Esposito volando con la mente a un secondo esordio meno disperato di quello che gli è toccato in sorte.

Nel calcio, come nella vita, tutto fa esperienza, persino mettere piede per la prima volta a San Siro quando la squadra che stai rappresentando per la prima volta è alle corde in attesa di essere giustiziata dall'avversario di turno. Non il palcoscenico ideale per un attaccante che ha bisogno di certe situazioni per imprimere il proprio marchio, ma il contesto duro della realtà dei professionisti che prima arriva e meglio è. Per una volta nella sua ancor breve carriera, Esposito non si è sentito onnipotente come quando fa differenza giocando sotto età. Una sensazione per certi versi spaventosa che però non lo ha paralizzato, anzi: dopo quel 14 marzo, Espo si è caricato sulle spalle la propria Nazionale portandola a un passo dalla gloria continentale poi sfuggita in finale contro l'Olanda. Sei reti realizzate, tra qualificazioni ed Europei, che la dicono lunga sull'incidenza di questo giocatore sul fatturato in zona gol di squadra. Non contento, il 16enne interista ha trascinato per mano la Primavera alla finale scudetto con l'Atalanta grazie a una doppietta lampo in 11', segnata uscendo dalla panchina, che ha steso la Roma. Nulla di nuovo per Esposito, che si era presentato al grande pubblico proprio con due gol alla sua prima recita folgorante con l'Under 19 in Coppa Italia. Il primo dei quali, in data 4 gennaio, lo stesso aveva definito il 'più importante' della sua vita. Forse ingenuamente, senza pensarci troppo come si usa fare quando si risponde su Instagram alle domande dei propri follower. Anche perché quel superlativo relativo utilizzato per classificare la sua prodezza ha già bisogno di un aggiornamento. Così come la sua carriera, che qualcuno frettolosamente vuole mettere davanti a un bivio.

Non funziona così, non si è per forza plusvalenza o giocatore della prima squadra in pianta stabile senza essere diventati ancora maggiorenni, esiste anche la via di mezzo nel futuro di un predestinato. Non si può bruciare velocemente assieme al proprio talento come SuperMario Balotelli né perdere un anno seduto in panchina come accaduto ad Andrea Pinamonti, capitano e leader dell'Under 20 che giusto martedì scorso ha scoperto che la delusione vera di una sconfitta nella semifinale di un Mondiale è meglio della gioia finta di far numero nella squadra del proprio cuore. Esposito scriverà una storia diversa ancor prima che tifosi e analisti se ne accorgano, confermandosi il ragazzo che corre gomito a gomito con il futuro per provare a superarlo. 

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Sezione: Editoriale / Data: Gio 13 giugno 2019 alle 00:00
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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