Nel giugno del 2008 José Mourinho mise per la prima volta piede nella Milano nerazzurra, con tante pressioni in valigia e una grande ed ambiziosa richiesta dal mondo Inter sul groppone: arricchire a dovere il vincente ciclo tricolore targato Roberto Mancini riportando la Champions League nella bacheca del Biscione dopo tanti anni di digiuno. Alla fine la missione fu compiuta il 22 maggio del 2010 dallo Special One, che nei mesi precedenti alla leggendaria notte di Madrid aveva conquistato le prime pagine dei giornali a suon di conferenze entrate di diritto nella storia del calcio italiano. Come quella datata 22 agosto 2009, alla vigilia dell’inizio del campionato: "Ho espresso un'opinione da uomo libero in un Paese libero (in riferimento alla polemica sulla celebre battuta dei ‘Zero tituli’, ndr), e subito ho sentito il rumore dei nemici. Questo mi piace: ho parlato e ora sono tutti qui..." punzecchiava il portoghese, con la solita calma che infastidiva i rivali.


Quello che per diverse (ed indimenticabili) stagioni è stato un grande alleato dell’Inter ora, con lo spiazzante trasferimento alla Roma, diventa uno dei principali nemici e avversari. Un po’ come succede da qualche settimana - anche se con le dovute proporzioni - dall’altra parte di Milano, con protagonista Hakan Calhanoglu. L’addio del turco al Milan, per le modalità con cui è arrivato, è stata una pugnalata al cuore di molti rossoneri, che hanno visto il loro numero 10 (e titolare indiscusso per diverse annate) salutare Milanello all’improvviso per sposare la causa degli odiati cugini. Come se non bastasse, il tutto al costo di zero euro per il cartellino. Una doccia gelata, che non sembra muovere minimamente la serenità dell'ex fantasista del Bayer Leverkusen. Uno che negli ultimi giorni si è lasciato andare a più interviste ad emittenti ribadendo in linea di massima gli stessi concetti: dalla voglia di vincere lo Scudetto in nerazzurro e di fare “grandi cose in Champions League” al feeling tecnico e tattico sbocciato automaticamente con Simone Inzaghi, passando per l’importanza di vestire la maglia delle Beneamata fino alla facilità per la nuova scelta professionale. Per concludere con la conferma della trattativa lampo condotta dal ds Piero Ausilio e la grande voglia di confezionare assist su assist per la LuLa, scoppiettante coppia d’attacco che deve ancora testare concretamente sul prato di Appiano Gentile prima e su quello di San Siro poi.


Mettendo le mani su Calha, l’Inter ha intelligentemente completato il puzzle dei vari incastri proposti dal destino: dal rimpiazzo tattico ideale di Christian Eriksen, il cui futuro in campo resta da decifrare dopo lo spaventoso malore che l’ha colpito nella sua Copenaghen durante Danimarca-Finlandia, fino al rispetto del diktat sull’abbassamento dei costi imposto da Suning in un periodo di evidente affanno economico. È da lì che nasce l'idea dello scippo low cost a una diretta rivale che, come ricordato dall’a.d. Beppe Marotta durante la cerimonia del sorteggio del calendario di Serie A, non rappresenta uno “sgarbo al Milan”. Ma semplicemente una ghiotta occasione di mercato ben sfruttata, seppur con i tanti risvolti morali che ne conseguono. Perché la decisione di Calhanoglu di attraversare quel ponte sul Naviglio (simbolicamente postato sui social dall’Inter per anticiparne l’ufficialità del trasferimento) è ovviamente discutibile, senz’altro coraggiosa. Ma non spaventa il diretto interessato, che dal ‘rumore dei nemici’ lanciato da Mou ha spostato ora il concetto sul fatto che il "rumore lo fanno i tifosi, è normale, per un giocatore così è normale - le sue parole a Dazn -. Non sono il primo e neanche l'ultimo. Sono passati tanti giocatori da Milan a Inter e viceversa, per questo non sono né il primo né l'ultimo. Io volevo solo guardare in avanti al mio futuro, con grande rispetto al Milan. Io ho fatto tante cose per il Milan. Per quattro anni ho rispettato tutti quelli che mi conoscono sapevano tutto, però ho davanti una nuova avventura all'Inter e devo guardare in avanti".


Da José a Calhanoglu, dai nemici ai tifosi: il rumore torna protagonista. E deve essere (di nuovo) messo a tacere.

Sezione: Editoriale / Data: Sab 17 luglio 2021 alle 00:00
Autore: Stefano Bertocchi
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