Che distanza c'è tra il cuore e il ginocchio? Praticamente un braccio. L'anatomia del caso Icardi si misura così, in una strana triangolazione i cui vertici sono diventati sensibilissimi sulla pelle, nelle ossa e nei muscoli dei tifosi interisti. Fino a mercoledì scorso, prima di Rapid-Inter, il motore centrale che pompa nelle vene il sangue e l'amore nerazzurri di Maurito funzionava più o meno bene, con i soliti alti e bassi dovuti alla varie fluttuazioni relative ai discorsi sul rinnovo di contratto, ma un evento ha cambiato lo scenario: senza la fascia di capitano cinta sul proprio arto superiore sinistro, paragonabile all'amputazione di una gamba secondo Wanda Nara, l'argentino ha cominciato fatalmente a sentire nuovamente fastidio al ginocchio destro. Una fitta così insopportabile che ha costretto Mauro Icardi a disertare la trasferta in terra austriaca per una più rilassante serata di San Valentino con la propria agente e moglie. Ma qua non c'entra nulla il romanticismo, anzi: la decisione del rosarino di abbandonare la nave dopo aver perso i gradi di comandante, e quindi lo status di privilegiato in cui si era sentito a suo agio nel corso degli anni, è stata partorita dal cervello, che ha pensato bene di trasformare l'affronto subito dai compagni di squadra, da Luciano Spalletti e dalla società nell'atteggiamento infantile di dichiararsi nota a margine dell'Inter. Prima decidendo di rimanere in Italia giovedì, poi cominciando a svolgere di fisioterapia nel suo mondo parallelo di Appiano Gentile, fino a sbucare fuori dal tunnel costruito su misura per sentirsi altro dal mondo nerazzurro giusto domenica, per la toccata e fuga in un San Siro ostile durante Inter-Samp.
Messaggio pericolosissimo quello che si è insinuato nella mente di Icardi, che ha deciso di mettere in standby il suo matrimonio sportivo con la Beneamata pur di sposare in toto la verità raccontata dalla compagna della sua vita, nonché donna che ne cura gli interessi. Di fatto, Icardi ha scelto di autoescludersi dal gruppo nascondendosi dietro un problema fisico che non può essere classificato come tale, stando agli accertamenti effettuati ieri sotto la supervisione del dottor Volpi: "Non ci sono variazioni significative rispetto agli esami eseguiti prima dell'inizio della stagione sportiva in corso", ha scritto il club in una nota che assomiglia da vicino a un documento scientifico che stabilisce senza appello dove dimora la verità. Spogliando l'ex capitano dell'alibi più grande dietro cui si è trincerato nell'ultima settimana e, di fatto, costringendolo a farsi carico della responsabilità di un comportamento che danneggia pesantemente la sua figura di professionista. Peccato che le spalle di Icardi, contrariamente a quanto andava dicendo di lui appena un mese fa Luciano Spalletti, non siano larghissime come quelle di Ibrahimovic, famoso al massimo per i suoi mal di pancia: non è un caso che in soccorso del numero nove, chiuso in se stesso per eccesso d'orgoglio, sia andata ancora una volta Wanda, che in una mossa disperata ha cercato di chiedere la sponda amica di Massimo Moratti affinché riabilitasse l'antica immagine pura del marito innamorato dei colori, ora schiacciata sotto il peso della pressione esercitata dall'ambiente nerazzurro. Ma ora la mano dell'ex patron, altra parte del corpo che interviene in questo romanzo a puntate, al massimo può consolare e accarezzare, non decidere e imporre come una volta.
Sulla plancia di comando c'è Steven Zhang, la cui parola vale più di ogni altra: lunedì scorso, dalla bocca del presidente dell'Inter è uscita la versione definitiva del club su una telenovela che non vedrà la fine prima di un passo concreto mosso dal protagonista principale. "Il gruppo viene prima del singolo", ha detto il numero uno cinese. Anche quando a quell'uno è stato sciaguratamente fatto credere per anni di essere il più importante del tutto, a suon di rinnovi o attraverso l'assegnazione di un ruolo di capitano non corroborato dai meriti sul campo di battaglia. Questa è la prima verità scritta sulle tavole della legge nerazzurra dopo l'avvento di Beppe Marotta, il dirigente che dal suo sbarco a Milano ha rivestito il ruolo di vero e proprio acceleratore di eventi. Indietro non si torna più, Icardi – come già gli altri – deve prenderne atto, chiedendo umilmente scusa alla squadra. Magari con un gesto simbolico, da contrappasso dantesco, mettendo tutto il peso del suo corpo sul ginocchio destro, in segno di pentimento davanti ad Handanovic e compagni.
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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