È bastato poco tempo, a Luciano Spalletti, per riordinare le idee, ritrovare la verve e soprattutto incanalarla in maniera un po’ più consona. Gli è bastato davvero poco tempo, dopo l’amaro sfogo successivo alla partita contro la Lazio dove ha preferito esprimere ancora una volta con toni abbastanza pesanti il suo punto di vista sull’ormai stucchevole vicenda Mauro Icardi, atteso da tutti almeno nella lista delle convocazioni e invece tenuto ancora lontano “perché all’interno dello spogliatoio bisogna avere una credibilità”, parole rimarchevoli all’interno di una filippica accorata grazie alla quale è riuscito a schivare anche abilmente eventuali domande su alcune scelte di campo risultate ai più opinabili, fino a un certo punto dettate dalla conta degli indisponibili.
Una presa di posizione sicuramente corretta nella sostanza del voler difendere quello che è il suo punto di vista sulla questione, anche se più di un dubbio lascia la forma nella quale tutto ciò è stato detto, quasi a volersi ergere al ruolo di ‘superuomo’ in grado di potersi definire anche al di sopra delle dinamiche societarie in virtù dei risultati acquisiti sul campo, quei risultati anelati da anni e da lui raggiunti, reclamando probabilmente in tal senso un maggiore coinvolgimento in una dinamica che aveva assunto, per usare le sue parole, toni umilianti nei confronti in primo luogo della tifoseria. Parole che non sono piaciute alla dirigenza stessa, pur condividendone le motivazioni di base. Ma ieri, alla vigilia di questo turno infrasettimanale delicatissimo che vedrà l’Inter impegnata a Genova, sponda rossoblu, da dove i nerazzurri sono usciti con le pive nel sacco e senza punti in classifica, ecco Luciano ripartire lancia in resta dando in primo luogo l’annuncio tanto atteso: Mauro Icardi salirà su quel pullman diretto a Marassi. E non solo: lo farà coi gradi di titolare nuovamente cuciti sul petto. Dopo 53 giorni di esilio più o meno forzato, quindi, l’argentino tornerà a calcare il campo di gioco, nel momento in cui l’Inter deve riprendere subito nel verso giusto la volata finale in campionato dopo la sbandata di domenica.
Il tutto a contorno di una serie di dichiarazioni dove Spalletti si è inizialmente divertito a mettere un po’ alla frusta, chiamando in causa anche i diretti responsabili, alcuni titoli un po’ fantasiosi legati al presunto crollo della valutazione del giocatore, dettato da non si sa quali parametri oggettivi presi in considerazione; poi, tra una mimica gestuale un po’ particolare e qualche altra stoccatina rivolta a quella che lui definisce ‘stoppa’ che si diverte a dare un’interpretazione sempre un po’ contorta delle situazioni che riguardano l’Inter, arriva il lungo panegirico sull’importanza di Mauro Icardi per questa squadra. Quell’importanza che ormai sembrava dimenticata, destinata a venire divorata dalla polvere dell’oblio prima che a giugno si consumi un addio ormai scritto, dell’uno o dell’altro o più facilmente (forse) di entrambi. Icardi che da ostracizzato ridiventa perno della squadra, giocatore che all’interno della squadra vale più di Lionel Messi e Cristiano Ronaldo insieme (nomi non a caso), Icardi che comunque ha fatto il suo lavoro in maniera egregia così come lo ha fatto l’ad Beppe Marotta nel guidare la scialuppa di salvataggio e così via. Il tutto al chiaro scopo di voler mettere un punto su questa struggente questione, che ha condizionato anche troppo gli umori di tutti.
Punto probabilmente, o almeno si spera, in una vicenda che mai, probabilmente, nella storia recente ha causato una frattura profonda anche e soprattutto all’interno della tifoseria, tra sostenitori convinti e difficilmente tendenti al dialogo dell’uno come dell’altro contendente, in un clima veramente quasi da soap opera o da serie televisiva particolarmente impegnata e cervellotica come quelle che tanto vanno in voga in questo periodo. Un ultimo capitolo sul quale però si sono già scatenati i più svariati punti di vista, da uno Spalletti messo in riga dalla società e chiamato ad abbassare i toni a uno Spalletti che, pur di fare il tanto decantato bene dell’Inter, ha deciso di turarsi il naso e mettere da parte rancori e tendenze quasi edipiche di una necessità di volersi inimicare a tutti i costi l’elemento cardine di una squadra, con tanto di intervento mediatico di una psicoterapeuta quasi a voler dipingere il ritratto di un caso da precedente clinico. Forse, ma proprio forse, la realtà può essere semplicemente un’altra, e non è nemmeno troppo distante dai nostri occhi: pur con toni diversi nel giro di poco più di 24 ore, Spalletti ha comunque mostrato un comportamento lineare.
Nella lucidità di una conferenza stampa della vigilia di un match è certamente più facile riorganizzare i propri pensieri e poterli esprimere meglio, specie quando non si è stuzzicati in maniera pruriginosa su determinati temi, il che fa sorgere anche qualche dubbio non tanto sulla legittimità delle interviste post-partita quanto sulla tara da dover fare a ogni tipo di discorso. E ieri, Spalletti ha spiegato, con altre parole e soprattutto con altri modi, quanto sostanzialmente aveva provato a far capire anche subito dopo la partita con la Lazio: l’atteso ritorno di Icardi non sarebbe potuto avvenire già domenica per una motivazione disciplinare, come avvenuto a suo tempo con Radja Nainggolan. Una sorta di ‘castigo’ rimasto in sospeso nelle scorse settimane, quando la sua assenza, volenti o nolenti, era più materia da gestire per lo staff medico piuttosto che per quello tecnico, e attivato in base al regolamento interno una volta tornato effettivamente nei ranghi. Il tutto, comunque, dopo essere stato il tecnico riportato a più miti consigli da parte dei piani alti dopo la reazione a caldo.
Impossibile, per Maurito, pretendere di poter tornare e come se nulla fosse successo reclamare di ripartire da dove aveva lasciato: la credibilità nello spogliatoio su cui ha fatto leva Spalletti passa anche dal riconoscere che le regole sono uguali per tutti, e che tutto e subito in men che non si dica non si poteva avere. Icardi, insomma, si è ritrovato a iniziare questo suo particolare ‘Gioco dell’Oca’ da una di quelle caselle, come il ‘pozzo’ o la ‘prigione’, nelle quali se ci caschi paghi pegno e ti tocca stare fermo finché un altro giocatore non ricapita nella stessa casella finendo col liberarlo (ruolo, questo, che presumibilmente può essere affidato a Lautaro Martinez, visto che col Toro disponibile forse la titolarità di Icardi stasera non era da dare poi per così scontata).
Icardi ora torna in corsa e ora tutto torna nelle sue mani: gli toccheranno nove partite nelle quali dovrà tornare a convincere tutti e prima ancora se stesso di aver definitivamente chiuso questo spiacevole capitolo, a parte la Curva Nord che ieri ha sancito la rottura insindacabile nei suoi confronti dopo anni di rapporti tra alti e bassi. Meglio farlo in trasferta, forse, in attesa del grande faccia a faccia di domenica a San Siro nel match contro l’Atalanta, lì dove Icardi sarà chiamato a combattere un ambiente magari non del tutto ostile, ma sicuramente particolare. È tutto nelle sue mani, perché Spalletti lo ha detto: con lui l’Inter è più forte, da lui si aspetta di poter raggiungere la fatidica casella 63 a fine campionato. Poi, sarà quel che sarà.
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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