Eppur criticavano. Una tre giorni europea quasi drammatica per il calcio italiano. Male in Champions con Juventus e Milan, malissimo in Europa League con Napoli e Udinese. Si salvano solo la Lazio, che pareggia ad Atene, e la solita Inter, che supera non senza fatica il Partizan.

Qualcuno obietterà: l'Europa League non è la Champions League. Verissimo. Ma se andiamo a vedere le campagne europee degli ultimi anni, ci accorgiamo che per i club nostrani – strano a dirsi – è ben più complicato fare risultato in EL che non in Champions. E il motivo è presto detto: le scelte degli allenatori. Se da una parte quella che una volta si chiamava Coppa Campioni ti 'costringe' a utilizzare i migliori, dall'altro l'ex Coppa Uefa viene affrontata più come un impiccio, mandando in campo seconde e terze linee. Nessuno fa eccezione, ma poi i valori e le motivazioni cambiano le prospettive.

L'Inter contro il Partizan ha lasciato a riposo – almeno inizialmente – tantissimi big, da Milito a Palacio, passando per Zanetti, Ranocchia e Samuel. Insomma, un lusso che in Champions non puoi permetterti. E allora ecco che il gap si restringe, anche quando affronti formazioni sulla carta parecchio inferiori. La differenza che c'è però tra l'Inter e le altre connazionali va forse ricercata nella motivazione, nella voglia di fare risultato in Europa. Anche per prolungare la striscia positiva: una sorta di incantesimo che nessuno vuole spezzare, creatosi all'indomani del ko tremendo con il Siena. Stramaccioni lo diceva già in estate: “Perdere non fa mai bene, non ci stiamo. Importante anche pareggiare”, dichiarava dopo l'1-1 in amichevole con il Celtic con rete nel finale di Palacio. Appunto, lo stesso spirito che si è visto con il Rubin prima e con il Partizan ieri.

Strano, per una squadra spesso criticata per la sua poca italianità. Una squadra, l'Inter, che ha consentito con la vittoria della Champions 2009-2010 di prolungare di un altro anno la possibilità di iscrivere 4 squadre nella massima competizione europea. E pensare che poi l'Udinese spreca tutto cedendo i pezzi migliori in estate e uscendo sistematicamente ai preliminari. Investimenti azzeccati, dicono. Eppure un club di calcio dovrebbe essere soprattutto un mezzo per raggiungere risultati sportivi e non introiti economici fine a sé stessi. Ma tant'è.

Insomma, calcio italiano ai minimi termini. Basti pensare alle recenti magre figure della Juventus – il prodotto più importante del nostro campionato numeri alla mano – con Shakhtar Donetsk e Nordsjælland, avversari non certo insuperabili.

Zitta zitta l'Inter va, in Italia e in Europa. Magari non vincerà nulla quest'anno, ma almeno si stanno gettando le basi per un futuro importante, con un allenatore giovane, una voglia ritrovata e una rosa di qualità. Un'alchimia da non sottovalutare, che fa ben sperare i tifosi nerazzurri. Eppur criticavano.

Sezione: Editoriale / Data: Ven 26 ottobre 2012 alle 00:01
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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