“Ci sarà la nuova Super-Champions in cooperazione con l'Uefa, ma siamo contrari al nuovo Mondiale per Club a 24 squadre”. Il dado, quindi, è tratto: da Amsterdam, nel corso dell’Assemblea Generale dell’Eca, l’associazione che riunisce i club calcistici europei, il presidente Andrea Agnelli annuncia che la rivoluzione avrà inizio. Nell’ambito di quella che, stando alle sue parole, rappresenta l’evoluzione dello scenario del calcio internazionale a partire dal fatidico anno 2024, quello in cui verrà modificato il calendario globale, il numero uno della Juventus e insieme dei club europei lancia quasi un guanto di sfida alla confederazione mondiale guidata da Gianni Infantino, non solo rigettando la proposta del nuovo campionato Mondiale per Club che dovrebbe partire nel 2021 ma anche rivendicando la richiesta della restrizione delle finestre per gli impegni delle Nazionali.

I club vero motore del calcio, anche perché sono le società calcio ad assumersi il rischio imprenditoriale di tutto il sistema: questo il tasto sul quale Agnelli ha battuto parecchio nella due giorni di meeting nella capitale olandese. Club europei che ora sono pronti a prendersi completamente la scena con quella che è stata per lungo tempo la svolta tanto annunciata e che adesso sembra pronta a partire: la nuova Champions League, anzi chiamiamola pure Super-Champions perché in fin dei conti, aspettando i dettagli ufficiali, il nuovo format della massima competizione europea per come è stato immaginato dai media stravolge completamente i canoni che contraddistinguono, e continueranno a farlo ancora per qualche stagione, la massima competizione calcistica continentale. Che si prepara ora a diventare più grande, grossa e soprattutto più ricca, con una struttura nuova tale da offrire ancora più partite e più spettacolo ad un pubblico che ormai riguarda tutti i continenti, al punto tale che il numero di spettatori in Paesi come India e Indonesia è pressoché quintuplicato nell’ultima stagione e a livello social si è registrato il sorpasso come numero di followers su Instagram su un colosso economico prima ancora che sportivo come l’Nba (tutti fatti annunciati ieri durante l’assemblea).

Non ci sarà la tanto vituperata Superlega a numero chiuso, quello spauracchio agitato anche in tempi recenti, chissà, magari come mossa strategica per ottenere condizioni più favorevoli da parte del presidente dell’Uefa Aleksander Ceferin. Ma la nuova Champions pronta a essere varata, se fossero vere le indiscrezioni circolate nei giorni scorsi, sarebbe qualcosa di molto vicine: sulla falsariga dell’Eurolega di pallacanestro, che prevede un girone unico a 16 (18 dall’anno prossimo) squadre con licenze pluriennali e annuali, le 32 partecipanti sarebbero divise in 4 gruppi da otto e alcune di esse, le cosiddette ‘fondatrici’, tra le quali dovrebbe essere inclusa anche l’Inter, sembrano destinate ad avere diritto di cittadinanza prolungato all’interno di questa competizione, senza dover passare dalle forche caudine di un’affannosa qualificazione da conquistare all’interno del proprio campionato, ma casomai preoccupandosi di non cadere nella ‘categoria inferiore’ visto che verrebbe innescato anche un meccanismo di promozioni e retrocessioni. Il tutto per avere più partite già dalla fase a gironi e prendendosi anche qualche finestra anche nei fine settimana, che potrebbero diventare la destinazione definitiva di questo torneo stellare (al di là delle parole di Agnelli stesso). E il tutto, dettaglio non da poco, con un montepremi in denaro da favola: questa nuova Champions porterebbe in dote ai club cifre stratosferiche, secondo qualcuno addirittura nell’ordine dei 900 milioni di euro (ipotesi però subito bollata come assurda dal leader di Mediapro Jaime Roures).

Il tutto, ovviamente, andrebbe a discapito dei campionati nazionali, il cui ruolo sarebbe ridotto a quello di semplice comparsa, una figura di contorno in un universo dominato dal confronto continuo tra i giganti d’Europa. Una deriva dolorosa, soprattutto per i più nostalgici, ma purtroppo resa inevitabile e anzi forse ritardata più del dovuto, nel tentativo sicuramente lodevole ma che alla fine non ha dato troppi frutti di tenere animati dei tornei nei quali però negli ultimi anni si è assistito all’allargamento esponenziale della forbice competitiva dovuta all’eccessivo gap di risorse tra i vari club sia a livello nazionale, sostanzialmente riverberatasi di recente anche sul piano continentale. Allora, tanto vale che ognuno possa andare per la propria strada, in base alle proprie necessità e disponibilità, perché ormai lo spazio per le favole nel mondo del calcio è a livello zero o quasi e sognare un salto di categoria richiede ormai troppi sforzi che se non controllati potrebbero sfociare anche nel collasso economico.

Il calcio, quindi, si prepara a inaugurare il gran ballo europeo, e Inter e Milan, a quanto pare, sono tra le prime invitate in pista. E allora, bisognerà sfruttare questi anni che intercorrono alla scadenza del 2024 per cominciare a prepararsi nel miglior modo possibile qualora questo disegno dovesse prendere corpo: occorrerà sicuramente avere l’abito adatto, e per avere l’abito più adatto bisognerà indubbiamente mettere sul piatto tanti investimenti, intesi anche e soprattutto per costruire compagini di alto livello, degne di poter prendere parte alle danze; un discorso che l’Inter potrà e dovrà cominciare ad affrontare già da quest’estate, quando le tenaglie del settlement agreement saranno un lontano ricordo e allora la proprietà sarà chiamata a recitare la propria parte facendo seguire i fatti alle parole. E poi, ci vorrà presumibilmente una sala da ballo di alto livello, un’arena di quelle diventate ormai indispensabili per poter pensare di essere competitivi anche al di là dell’aspetto sportivo.

Ed è qui che si arriva al punto focale, per molti tifosi dolente, della questione. Alessandro Antonello, Ceo dell’Inter, ha annunciato lunedì che i nerazzurri e il Milan sono pronti a comunicare al Comune di Milano la decisione relativa al futuro dello stadio di San Siro, dopo anni di discussioni, progetti andati a monte, tentennamenti, ipotesi fantasiose. Ma a quanto pare, la decisione sembra non essere più un segreto: il futuro dello stadio dedicato a Giuseppe Meazza sembra quello di non avere futuro. L’Inter, infatti, sembra pronta ad accodarsi al Milan nell’idea di abbattere l’attuale impianto per costruire un nuovo stadio di ultima generazione, da costruirsi in un tempo massimo di 5 anni nell’area circostante. Notizia indubbiamente giunta come una pugnalata all’improvviso per tutti gli sportivi, una botta dura da digerire: inutile negarlo, siamo tutti cresciuti nel mito di San Siro, uno stadio che ha accompagnato intere generazioni e che è stato culla di trionfi, emozioni, anche disfatte, soprattutto sogni, fossero questi legati ad un pallone o a un concerto.

Ma lo spazio per la nostalgia, anche qui, è ridotto a zero: il calcio di oggi non può fare a meno di considerare l’aspetto economico, e allora l’analisi costi-benefici, termine ormai tanto caro alla scena politica odierna, effettuata dai due club avrebbe dato una sentenza inappellabile: adeguare San Siro agli standard attuali costerebbe troppo e non porterebbe agli obiettivi auspicati, per cui tanto vale concentrarsi sulla creazione di una nuova arena concepita secondo i nuovi standard, sulla quale mettere mano da subito e liberamente. Manca ancora l’ufficialità, ma se tutto dovesse andare come previsto bisognerà preparare i fazzoletti e lasciarsi andare al magone. Ma anche rendersi conto che ormai la direzione del calcio è questa e se si vuole tornare ad alti livelli di competitività non si può più prescindere dall’avere uno stadio che possa essere un asset economicamente efficiente e produttivo, qualità che San Siro non è forse più in grado di garantire.

Dire addio a San Siro sarebbe doloroso per tutti, senza ombra di dubbio: ma è quanto richiederebbe questa nuova Champions, e prima ancora ce lo chiede questo calcio che ormai viaggia senza sosta verso l’universo del business, e che non ha tempo per guardare in faccia il romanticismo.

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Sezione: Editoriale / Data: Mer 27 marzo 2019 alle 00:00
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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