Ormai siamo al conto alla rovescia; tra una settimana ricomincia la giostra del campionato e, ad oggi, capire dove l’Inter sia posizionata in una ipotetica griglia di partenza è sport complicato. L’avvicendamento di Mancini, corretto per una infinità di ragioni - nonostante io sia da sempre e continuerò ad esserlo in futuro un convinto ammiratore del lavoro di Roberto da Jesi - è stato consumato in un momento tecnicamente sbagliato ed attraverso una serie di circostanze quanto meno dilettantistiche. Se si era deciso di cambiare tecnico, e lo si era deciso nonostante le smentite di facciata, il tutto andava fatto tempo addietro, dal mio punto di vista anche prima del giretto vacanziero in terra americana. Tanto le posizioni erano consolidate e nessuna delle due (o tre, dal momento che Kia èlungoecomplicatodascrivere tra poco si mormora potrebbe avere una scrivania direttamente in sede) parti avrebbe fatto il fatidico passo indietro. 

Il discorso qui non è schierarsi pro o contro Mancini; il discorso è che la decisione è tardiva e spero non pregiudichi l’annata. Del resto, occorre dirlo altrimenti il rischio di non essere onesti intellettualmente è altissimo, l’atteggiamento del tecnico jesino non ha aiutato un eventuale dialogo tra le parti: troppo cocciuto il Roberto, forse troppo convinto che nessuno lo avrebbe defenestrato nonostante un evidente malcontento nemmeno troppo dissimulato da parte della nuova proprietà. Poi inutile star qui a vedere di chi siano torti veri o presunti, è un passatempo di cui l’Inter attuale non necessita. Allo stesso modo poco importa se Suning (anzi Thohir, primo vero fautore del cambio di panchina) abbia deciso di esautorare l’allenatore o se Mancini se ne sia andato di sua sponte, comunque dopo ricco conguaglio d’addio.

Ora è arrivato de Boer, pupillo di Joorabchian (e vabbè, e scriviamolo… ma non si potrebbe coniare un nomignolo che altrimenti tutte le volte bisogna andare su Google per fare copia incolla e così evitare errori imbarazzanti?), quindi viva De Boer e bando alle ciance, una bella passata con straccio imbevuto di prodotti per la lucentezza, polvere vetusta tolta, via tutto ciò che è stato. Si ricomincia. Per l’ennesima (e speriamo ultima) volta. Nuovo progetto, al quale bisogna necessariamente cercare di dare continuità; e non facciamo che tra tre mesi, se i risultati dovessero far fatica ad arrivare (ipotesi che manco voglio prendere in considerazione), si ricomincia col tormentone del sostituiamolo che tanto piace a numerosi tifosi nerazzurri ed alla gran parte dei media. Frank da Hoorn va appoggiato, sostenuto, capito ed aiutato; lo hanno catapultato da un campionato di difficoltà pari a poco, niente potrebbe suonare offensivo, dove le uniche partite che contano sono due o tre a stagione, con pressioni che quelle di una gomma al confronto sono pazzesche, ad un mondo dove quotidianamente si apre una specie di caccia a qualcosa o a qualcuno. Dove se vinci sei un genio, un mostro, una deità ma se perdi, diciamocelo pure, sei un coglione. Vai fustigato. Portato sulla pubblica piazza e deriso. Perché i toni del calcio italiota sono questi, non esistono le vie di mezzo. Qui vige la regola del o sei bianco o sei nero (capisco che l’accostamento cromatico possa non piacere ma rende bene l’idea); la varietà di grigi che costella inevitabilmente la vita comune di ciascuno di noi non è neppure contemplata.

In questo discreto bailamme, del tutto gestibile comunque, iniziano a delinearsi le nuove figure che animeranno la stagione che verrà. Al di là delle prese di posizione delle signore Nara di turno, vedremo dove porteranno e, soprattutto, se porteranno a qualcosa di sano per la Società, non per il signor Icardi che francamente continuo a non capire, Ever Banega mi sembra il leader manco troppo silenzioso della squadra che sta nascendo. In campo sostanza, corsa ed intelligenza. Fuori altrettanta intelligenza e sostanza, senza corsa. Pochi concetti, espressi con una chiarezza disarmante. Roba che i presunti senatori nerazzurri, almeno alcuni di questi, dovrebbero registrare le parole dell’argentino ed ascoltarle un minuto sì e l’altro pure. Invece di essere colpiti dai soliti patetici attacchi di gastroenterite. Già il mal di pancia… a proposito, adesso che il “cattivone” è stato allontanato senza troppa discrezione ma con signorilità, sono curioso di vedere la reazione di alcuni, soprattutto di quelli che si sentivano in qualche modo perseguitati dall’ex tecnico. Perché, sissignori, le chiacchiere e le scuse ora sono finite. Terminate. Chiuse. Ora è il momento di mostrare di che pasta sono fatti costoro, che non hanno più il filo d’erba dietro cui nascondersi.

Dunque arriva De Boer dicevamo. Che ha parlato recentemente, dicendo cose poco scontate e mostrando una certa sicurezza nei concetti espressi; pochi ma interessanti e, soprattutto, intelligenti. Spero e mi auguro, anzi ne sono certo, che il nuovo allenatore cerchi di proporre un gioco lineare, scegliendo un massimo di tredici/quattordici titolari a cui affidarsi senza quel rimescolamento continuo che all’inizio dello scorso campionato tanto bene portò a quell’Inter ma che alla lunga si è rivelato un boomerang pericolosissimo. Che non faccia l’inventore di chissà quali particolari schemi, offensivi o difensivi, ma che si limiti a sistemare in campo i calciatori secondo le loro peculiarità e non in favore della propria causa. Errori della vecchia gestione tecnica, ahimè; perché essere ammiratori del Mancio è una cosa, essere calcisticamente con le fette di prosciutto, pure spesse, sugli occhi anche no.

Ripartiamo: abbiamo dei leader in campo, veri. Quelli col mal di pancia se possibile isolarli prima che creino fastidi più di quanto stanno facendo. E con una società solida che assecondi l’allenatore, evitando di lasciarlo solo per troppo tempo. Ricordandosi di amarla sempre; gli uomini passano, i colori restano.
Buona domenica a Voi!

Sezione: Editoriale / Data: Dom 14 agosto 2016 alle 00:00
Autore: Gabriele Borzillo / Twitter: @GBorzillo
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