Quanto conta la figura dell'allenatore nei risultati di una squadra di calcio? Studi scientifici hanno dimostrato non più del 20%. In particolare, un'equipe della University of Leicester ha provato ad affidare la panchina di una squadra che l'anno prima aveva raggiunto la salvezza in extremis a un allenatore italiano "settantenne" e "perdente", celebre per aver guidato la Grecia alla sconfitta contro i carpentieri e i falegnami delle Isole Far Oer, nonché per aver regalato ai rivali uno scudetto che veniva dato già in saccoccia, facendosi rimontare in casa nonostante potesse contare sui miracoli del suo capitano Totti (che secondo le cronache, domenica, semplicemente alzandosi dalla panchina per il riscaldamento, ha influito sul raddoppio della Roma con Rudiger). Risultato: vittoria della Premier League e aumento esponenziale delle vendite di pizza.

Sempre in Inghilterra, nel marzo 2012 a Londra l'equipe guidata dal Prof. Roman Abramovich testava un altro allenatore italiano, privo della minima esperienza sulla panchina di una grande squadra, lanciandolo così nella fase più calda della stagione; che si chiuderà con il trionfo in Champions League: l'esperimento conferma la tesi che intendiamo dimostrare anche stavolta. Restando in ambito europeo, a Madrid fra 2010 e 2013 si è tentato di vincere la Decima con il tecnico più ambito della storia recente e che avendo portato due diversi club, entrambi poco quotati, all'alzata della Champions sarebbe stato sinonimo di garanzia. Nel palmares del "Mago di Setubal" rimarranno però solo la Liga dei record e due coppe nazionali, mentre l'impresa europea riuscirà al suo successore, ancora una volta un italiano, che quando si tratta di coppe (e di spalla) non si tira mai indietro.

In tutti i casi, è sempre stata una questione di alchimia fra l'allenatore, la squadra e l'ambiente. Così l'Inter, da circa un anno e mezzo, sta provando a risorgere sotto la guida di Mancini, tecnico che nel 2005 ha dato avvio al ciclo vincente. Nel frattempo, però, sono passati dieci anni, e oggi sia le ambizioni che le possibilità dei nerazzurri sono mutate radicalmente. Bisogna ripartire dalla base e il processo è già iniziato sotto la guida del Mancio. Ci ha messo un po' stavolta a capire quale potesse essere la struttura fondante della sua nuova Inter, ma anche senza aver centrato l'obiettivo terzo posto per il tecnico il cammino finora percorso rimane positivo. Almeno questo è quanto ci racconta lui, visto che in realtà l'Inter è sempre un "caso", fitto di ombre e di rebus che attorniano il futuro del club e della squadra. Si parla meno di un Milan di cui non si hanno certezze né del destino societario, né di quello della panchina. Da una parte i cinque intoccabili fissati da Mancini per restare all'Inter, dall'altra i rossoneri che lottano per il sesto posto senza ansie (il vantaggio di avere al posto degli intoccabili una squadra di Brocchi).

Mancini ha poi chiesto almeno due giocatori di spessore, com'è logico che sia, per far compiere il salto definitivo alla sua formazione, mentre da parte di Thohir c'è tutta la volontà di seguire i desideri del suo tecnico, Fair Play Finanziario permettendo. Anziché l'ennesimo caso, leggo la voglia da entrambe le parti di continuare a provarci insieme, anche perché, come avevo già detto, il prossimo sarà l'"anno uno" di Mancini, ovvero il primo in cui il tecnico potrà contare finalmente su una squadra che già conosce e si conosce. Se anche in estate dovesse venire accontentato in ogni sua richiesta, dal prossimo anno bisognerebbe attendersi ovviamente qualcosa di più del quarto posto, altrimenti sì che sarebbe un fallimento. Idem se l'Inter e il Mancio si separassero anzitempo: dopo aver stravolto la rosa, senza però essere riuscito a centrare l'obiettivo della qualificazione in Champions, la sua seconda tappa a San Siro finirebbe con un fiasco. Ma i tecnici, da soli, com'è stato dimostrato, valgono non più del 20%, per questo anche qualora dovesse tornare Simeone, come invocano taluni tifosi che pretendono la testa del Mancio, la risalita dell'Inter dipenderebbe pur sempre da altre incognite. Quelli che punterebbero sin da subito sul Cholo magari sono gli stessi "scienziati" che dopo Mazzarri volevano Zenga: chissà se oggi il risultato sarebbe più soddisfacente.

Sezione: Editoriale / Data: Mar 10 maggio 2016 alle 00:00
Autore: Daniele Alfieri / Twitter: @DaniAlfieri
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