Sì, confesso; il sapore della vittoria, mai come questa volta, mi ha lasciato con tanto amaro in bocca. Oh, intendiamoci; non sto parlando della mancata qualificazione ai calci di rigore, quello è un terno al lotto e non sai mai come può finire. Ma la grinta, l’agonismo, la cattiveria sportiva, la corsa vista contro la Juventus mercoledì in Coppa Italia mi ha fatto pensare. Finito l’entusiasmo per la prestazione, di entusiasmo dobbiamo parlare perché di entusiasmo si è trattato, a mente fredda ho iniziato a fare tutta una serie di congetture rispetto a quello che avevo ammirato sul terreno di gioco.

È da un po’ di tempo che porto avanti la mia personalissima battaglia secondo cui l’allenatore ha delle colpe ben specifiche quando le cose vanno male: nel nostro caso ad esempio Roberto Mancini non è immune da responsabilità. Ma, a scanso di tutte le belle chiacchiere da salotto o da bar, in campo ci vanno sempre e comunque i giocatori. Eh sì, si potrebbe obiettare, ma è il tecnico che li sceglie e che suggerisce loro come affrontare la partita. Eh sì, dico io, il tecnico sceglie gli uomini e gli schemi (in questa Inter presunti schemi più che altro), ma non stiamo parlando di pedine degli scacchi. Cioè, cerco di spiegarmi meglio; dal momento che i giocatori non sono inanimati come i pedoni, i cavalli, gli alfieri, le torri, la regina ed il re, se uno si accorge che in una certa posizione non rende ha il dono della parola. Va dall’allenatore e cerca di spiegare a chi sta in panchina cosa non sta funzionando. Il gioco è pieno di interruzioni, scambiarsi idee e pareri si può. Ve lo assicuro.

Dunque, poiché in campo ci vanno dei signori atleti, professionisti a tutto tondo di una particolare disciplina sportiva, lautamente remunerati per portare il più in alto possibile il vessillo della Società per la quale in quel momento si esibiscono e dalla quale ogni fine mese ricevono uno stipendio da paura per i comuni mortali, posso anche pensare di scaricare colpe e responsabilità sull’uomo che li guida dai bordi del campo, lautamente remunerato pure lui perché lungi da me pensare di avere a che fare con un povero disadattato della vita. Ma, al contempo, mi rendo perfettamente conto che se nelle ultime otto partite prendo gol per ben cinque volte oltre il novantesimo minuto su svarioni assurdi di singoli e non per una mera e bastarda sfiga, qualche piccola colpa forse forse i giocatori ce l’hanno. O no? O, poverini, vanno sempre e comunque salvaguardati? Tanto paga per tutti il solito (vorrei aggiungere una espressione tipicamente milanese ma evito per educazione). E, tu pensa cosa mi tocca scrivere, ciò vale per questo tecnico ma valeva anche per quello prima. Basta giustificazioni, basta scuse, basta far ricadere errori ed orrori scellerati sulle spalle di chi sta in panchina. È ora che ciascuno si prenda carico delle proprie responsabilità. E che, come ha sottolineato il giovane capitano nerazzurro, tiri fuori le palle e dimostri di che razza di tempra è fatto. Perché il tempo del buonismo, il tempo del perdono, il tempo del…poverini, non è colpa loro…è finito. Chiuso. Serrato a tripla mandata. 

Nel recente passato Roberto Mancini, davanti alle telecamere, aveva espresso un paio di volte il proprio disappunto con entrate a piedi uniti verso la squadra e nello specifico alcuni dei suoi componenti. Apriti cielo. Una miriade, un esercito di buonisti si è erto a difesa dei poveri ragazzi incolpevoli. Anzi, a ben pensare, delle vittime di un aguzzino senza la minima conoscenza del gioco del calcio. Perché, si sa, Mancini ha vinto tredici titoli da allenatore ma, in fondo, li avrebbe vinti ciascuno di noi. Il caso e la fortuna hanno giocato un ruolo decisamente fondamentale nella vita sportiva dell’uomo da Jesi. Bene. Finisce uno Juventus-Inter di una bruttezza disarmante. Tutti in sala stampa e davanti alle telecamere si aspettano il Mancio dimesso o in preda a qualche attacco di nervi e la Società che ti combina? Prende e manda a parlare Piero Ausilio. Il quale, tomo tomo cacchio cacchio, attende cortesemente la domanda del cronista di turno e, mentre si attende una lettura tecnica della partita (e che volevi leggere domenica scorsa), inizia una filippica tremenda. Roba che le parole di Mancini di qualche settimana prima sembravano i complimenti di una collegiale del diciannovesimo secolo con le treccine e le gote rosse annesse. Insomma, il buon Piero si è incazzato di brutto. Tu guarda, con i calciatori. Non solo. Giusto per far mettere il cuore in pace ai non estimatori manciniani ha di fatto confermato che si continuerà con l’attuale allenatore. Pertanto, cercare di darsi tutti una bella regolata e rientrare nei ranghi. Era ora, ho sentito dire.

La Società ha messo in riga Mancini e la squadra. No, scusate. La Società ha messo sugli attenti la squadra. Mancini resta al suo posto. E se ne andrà, ve lo assicuro, soltanto per sua volontà. Perché l’Inter non ha la benché minima intenzione di disfarsi della guida tecnica attuale. Le parole del buon Piero hanno lasciato il segno. Almeno sembra. La reazione di mercoledì ne è testimonianza. Ma, tornando all’inizio, accanto all’entusiasmo un leggero (eufemistico) senso di rabbia mi è rimasto dentro. Allora questi corrono. Allora questi hanno grinta e cuore. Allora questi quando vogliono, e questo quando vogliono mi infastidisce assai, sono eccome da terzo posto. Almeno. Con una coppia centrale formata da JJ e D’Ambrosio; che hanno concesso in novanta minuti un tiro in porta a Zaza, uno che dovrebbe essere in ballottaggio per fare il centravanti titolare della nazionale italiana, e hanno totalmente annichilito Morata, uno che dovrebbe valere sessanta, settanta, centotrenta, duecento e chi più ne ha più ne metta, milioni.

Dunque, se questa è l’Inter, sicuri davvero che oggi siamo così lontani dalla vetta per colpe specifiche del Mancio? Perdonatemi, dopo mercoledì io lo credo ancora meno. Mauro Icardi ha giustamente gonfiato il petto twittando che questa è una squadra con le palle. Bene, ci sono undici partite da qui alla fine. Aspetto che ce lo dimostrino. A cominciare da stasera. Perché all’Inter di mercoledì nessun traguardo è precluso. Con la Roma ancora da affrontare. Amatela. Sempre. Buona domenica a Voi!

Sezione: Editoriale / Data: Dom 06 marzo 2016 alle 00:00
Autore: Gabriele Borzillo / Twitter: @GBorzillo
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