La Serie A va in letargo una settimana, giusto il tempo di fare mente locale e riorganizzare le idee dopo 20 giornate. Alzi la mano chi ad agosto non avrebbe firmato per il ruolino di marcia attuale: 12 vittorie, 6 pareggi e 2 sconfitte. Diciamoci la verità: in pochi, pochissimi erano quelli che immaginavano un'Inter così competitiva. La flessione attuale, peraltro, è più di risultati che di prestazioni. I nerazzurri non vincono dal 5-0 al Chievo? Verissimo. Ma non possiamo fare quelli che non prendono in considerazione gli avversari. I pareggi dell'Allianz Stadium e del Franchi – oggettivamente – non possiamo considerarli passi falsi. Stesso discorso per lo 0-0 interno con la Lazio. Restano i punti persi con Udinese e Sassuolo, oltre all'esclusione un po' così dalla Coppa Italia.

Rimanendo al campionato, sono i punti di Reggio Emilia a mancare all'appello, mentre il ko interno con l'Udinese va considerato come la tipica giornata storta che può starci in una stagione (anzi, più che una giornata, diciamo un tempo storto: il secondo). Frenata Inter? Francamente, non sembra che nelle altre sfide – anche in quelle (tante) vinte – i nerazzurri abbiano passeggiato. Vengono in mente Crotone, Bologna, Genoa, Benevento, Verona, Torino, Cagliari. Tre punti in saccoccia quasi con tutte, ma nessuna serenità. Partite combattute, nelle quali a tratti si era anche subito l'avversario. Poi il risultato finale anestetizza tutto.

E allora dove sta la novità? Beh, è chiaro che dopo il ko con l'Udinese qualcosa sia cambiato. Magari la squadra ha perso un po' di sicurezza, un po' di brillantezza negli uomini chiave, patito qualche infortunio. Insomma, contraccolpi fisiologici per fisico e mente. E dire che bisognava aspettarselo, visto che tutti – dai tifosi agli addetti ai lavori – nei periodi dorati sottolineavano sempre "il momento duro prima o poi arriverà, è inevitabile...". Eccolo, è arrivato. Perché, dunque, questa sorpresa? Non sarà che qualcuno ci gode e qualcun altro si lascia condizionare?

Ed è un po' la stessa storia per la famigerata "rosa corta". Che la rosa sia corta lo si sa dal 1° settembre. E Luciano Spalletti ci ha raccontato che pure sua madre sa che numericamente "manca un centrale". Eppure, i problemi evidenziati in quest'ultimo spicchio di stagione riguardano l'attacco più che la difesa. L'aspetto divertente è che finché l'Inter era imbattuta (quindi match con la Juve compreso), il fatto della rosa corta veniva visto da molti come un dettaglio finanche positivo, poiché – vista l'assenza delle coppe europee – non creava troppi malumori nello spogliatoio. "L'Inter ha ritrovato le certezze dopo anni", si è detto e scritto fino a metà dicembre. "Si vede la mano di Spalletti". Poi, improvvisamente, tutto è cambiato. L'assenza di successi è stata addebitata alla penuria di giocatori e sono state del tutto stravolte le parole del tecnico di Certaldo che ha risposto con insofferenza ai soliti ritornelli sul mercato. Non ne poteva più. E così un'analisi per forza di cose banale di una situazione oggettiva e chiarissima ormai da oltre quattro mesi viene trasformata in un attacco alla società.

"Furia Spalletti". E qualcuno ci crede.

Sezione: Editoriale / Data: Mar 09 gennaio 2018 alle 00:00
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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