Una medaglia si compone di due facce, nulla di nuovo sotto il sole. Anche la medaglia nerazzurra (d'oro, alla luce del primato in classifica) sottosta a questa legge fisica. E in casa Inter le due facce sono una sorridente e l'altra triste. La coppia delle meraviglie che Mourinho aveva eletto a inizio stagione si è dissolta con il trascorrere dei mesi. Ibrahimovic e Adriano sulla carta avrebbero potuto fare sfracelli sotto la sapiente guida del nuovo allenatore, voglioso di compiere un'impresa che a Mancini era sfuggita: rigenerare Adriano e riportarlo ai fasti di un tempo. Richiesta proveniente dall'alto, dove Moratti non intendeva sacrificare un patrimonio umano e, soprattutto, economico. Impresa che, suo malgrado, lo stesso Mourinho dopo neanche 5 mesi di gestione ha dovuto ammettere di aver fallito. Adriano non è più in grado di dare un contributo alla causa nerazzurra, i tifosi (buona parte di loro) hanno perso la pazienza nei suoi confronti, la dirigenza è stanca di doverlo sempre difendere quando va al di sopra delle righe e Mou si è reso conto che neanche lasciandolo fuori per un mese ha ottenuto la reazione sperata. Una partita persa, su tutti i fronti, che da lunedì 14 dicembre vede l'inizio del suo ultimo capitolo. L'attaccante parte infatti per il Brasile, ufficialmente per un permesso. Le sue condizioni fisiche gli impediranno di disputare Siena-Inter e la società gli ha consentito di anticipare l'inizio delle vacanze natalizie. La domanda a questo punto sorge spontanea: Adriano tornerà a Milano dopo le feste? O rimarrà in Sudamerica, dove il Flamengo lo attende a braccia aperte? Dopo la vittoria sul Chievo Mourinho ha espresso parole che sanno di commiato. Professionalmente, vorrebbe trattenere un giocatore del suo potenziale (ancora inespresso, salvo le prime due stagioni interiste e la parentesi parmense), ma a livello umano gli "consiglia" di cambiare aria, a causa di un'etichetta che lo marchia come un alcolizzato ogni volta che gli accade qualcosa di sospetto. Un timbro che in Italia è ormai indelebile e che lo acompagnerà finchè non espatrierà dove lo conoscono meno. Parole che stonano con quelle rilasciate da Moratti, che ha intenzione di recuperarlo come uomo e giocatore al ritorno dalle vacanze. In entrambi i casi, però, il filo conduttore è unico: l'ammissione di un problema che non si può nascondere e che da tre anni l'Inter si trascina. Quello di un giocatore che ha smarrito la propria identità e l'ha sacrificata alla sregolatezza. In Inghilterra già si parla di uno cambio con Drogba, ma davvero Adriano è nelle condizioni di diventare oggetto di mercato per il Chelsea? Oggi forse dovrebbe pensare più a riprendersi come uomo che come calciatore, e in questo stato il suo appeal calcistico scema vorticosamente. In caduta libera le azioni dell'imperatore, in ascesa inarrestabile quelle del suo (ex?) compagno d'attacco: Zlatan Ibrahimovic ha dovuo indossare nuovamente il cappello da mago per estrarre due conigli di ciccolato e restituire all'Inter i punti gettati al vento dopo una fase di follia acuta contro il Chievo fanalino di coda. A San Siro il pubblico ha assistito a tre partite pagando per una. Durante la prima ha assaporato un'Inter spettacolare, in vantaggio dopo soli 3 minuti e in grado di giocare un calcio piacevole, anche se a tratti sornione. Il tutto, fino al raddoppio di Stankovic a inizio ripresa, a conclusione di un'azione corale in stile flipper la cui dinamica gli aspiranti allenatori potrebbero portare come tesi all'esame di Coverciano. Da quel momento ha avuto inizio il secondo match, quello gialloblù, quello della rabbia nerazzurra mista a paura. L'Inter è sparita dal campo, si è fatta imbottigliare dalla volontà dei veneti e gli ha consentito di raggiungere il pareggio. Passi per il primo gol, un'intuizione di Pellissier, ma il pareggio di Bentivoglio è figlio di uno sbandamento generale che il pubblico ha mal digerito. Il travaso di bile ha indotto a questo punto Mourinho ad attuare la sua mossa preferita: dentro tutti gli attaccanti e addio all'equilibrio. Così l'allenatore ha dato il fischio d'inizio alla terza mini partita, affidando lo scettro alle sapienti mani del suo miglior esteta, lo svedese dinoccolato. Il quale, dopo una fase di apatia, ha risolto la disputa con due gol (il secondo merita di essere visto a ripetizione), lanciando l'Inter a +9 sul Milan e sulle sue velleità di scudetto. Doppia goduria per il popolo nerazzurro. Un popolo che avrebbe rinunciato volentieri al mini match di mezzo, ma che se ama questa squadra deve accettarne le follie. Un prezzo da pagare per goderne i successi. Scudetto in tasca? Presto per dirlo, ma la Juve sembra a questo punto l'unico serio pericolo per i nerazzurri, reduci dalla settima vittoria consecutiva in campionato. Tra queste, anche quella sui bianconeri, che ha palesato un dislivello tecnico che va al di là della vittoria con il misurino sancita dal campo. Un aspetto che aiuta i tifosi interisti a dormire più tranquillamente.
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