L’occasione, stavolta, l’Inter la sfrutta. L’occasione di prendersi un derby, mai un fatto banale, di dare un altro colpo alle certezze del Milan (che già l'Atalanta in campionato aveva contribuito a far vacillare), di andare in semifinale di Coppa Italia, di mantenere vivo un obiettivo e, soprattutto, di continuare a sentirsi viva nel bel mezzo e nel momento decisivo della stagione. Un derby dominato dai nerazzurri molto più di quanto il risultato finale e il gol decisivo di Eriksen al 97’ possano lasciar pensare (i 10 minuti di recupero sono stati dovuti all’infortunio dell’arbitro Valeri). Un derby che il solo Ibrahimovic, nel bene e nel male, ha contribuito a scrivere sul fronte rossonero che per il resto ha visto molti assenti tra i protagonisti.

Eppure il primo tempo l’Inter lo ha chiuso in svantaggio, pur senza meritarlo, proprio per un colpo da biliardo dello svedese del Milan che poi, sua Umiltà, si è divertito a fare il solito cabaret in area di rigore irridendo gli avversari (in questo caso Lukaku) come già successo sabato con Zapata. Un’irriverenza, quella di Ibra, che lui stesso si vanta di essersi cucito addosso e che spesso incute timore ai suoi stessi compagni: e che, di certo, non verrà inserito nei manuali di lealtà e cultura sportiva. Far imbestialire uno come Lukaku (chiedere a Chiellini che per 90’ minuti gliele aveva date e le aveva prese nel pieno del rispetto reciproco e delle continue strette di mano) è impresa rara e poco nobile.

Il campo, comunque, ha parlato chiaro. Conte ha rischiato scegliendo, nel ferreo 3-5-2 di partenza, Kolarov per Bastoni, Darmian per Hakimi, Perisic per Young e Sanchez per Lautaro. Un derby frizzante fin da subito, che entrambe hanno provato a giocare. L’Inter lo ha fatto muovendo tanto la palla, anche con pazienza, per cercare di liberarsi della pressione alta del Milan e trovare quegli spazi per le consuete transizioni sempre magistralmente guidate da Barella ma stavolta poco accompagnate dagli altri centrocampisti (Vidal e Brozovic non nella loro miglior serata, anzi). Frequenti cambi di gioco con un Sanchez che a colpi di sterzate ha provato a far saltare il banco tra le linee senza rinunciare al dialogo con Lukaku. Gol di Ibra a parte, le occasioni da gol hanno avuto più spesso le tinte nerazzurre che non quelle rossonere.

E il secondo tempo, di fatto, lo ha giocato solo l’Inter, anche prima che Ibrahimovic decidesse di inseguire Kolarov a centrocampo andandosi a prendere il secondo giallo in modo indiscutibile quanto inutile lasciando i suoi in balia dell’avversario. L’Inter, come spesso accade, ha collezionato la solita infinita serie di palle-gol, con Tatarusanu indiscutibilmente il migliore dei suoi. Conte ha provato a cambiarla la partita quando il risultato era impietoso con gli ingressi di Hakimi, Lautaro e Young e poi il passaggio alla difesa a 4 con il cileno a fare da trequartista e infine con l’ingresso di Eriksen.

Il rigore del pareggio è arrivato da una giocata di Barella che si è confermato, se mai ce ne fosse stato bisogno, sempre il più lucido e generoso mentre Lukaku da parte sua ha confermato che se fosse stato in campo in certe partite in cui l’Inter i rigori non li ha saputi sfruttare, sarebbe stato meglio per tutti. Sull’assedio nerazzurro alla porta del Milan si è finito per perdere il conto delle occasioni e per sbloccare, meritatissimamente, quella che poteva sembrare l’ennesima partita stregata è servita una magia. E a fare magie ci pensano di solito quelli che hanno i piedi buoni, tipo Christian Eriksen che, ringraziando il cielo, si ritrova ancora a Milano in un mercato di gennaio che stenta a decollare e che quindi non ha ancora portato alla giusta occasione per cui, magari, volesse il cielo, a Milano potrebbe anche rimanerci.

La sua punizione mette giustizia all’andamento del derby, vale la semifinale e forse una svolta nella stagione del danese e del suo rapporto con Conte che sarebbe una benedizione e sicuramente un’occasione, un’arma in più per andarsi a giocare il tutto per tutto. L’Inter esce da questa partita combattuta e tosta con la convinzione di essere la sua miglior alleata e la sua peggior nemica al tempo stesso: le partite contro Juve e Milan da un lato, quella con l’Udinese dall’altro a confermare che la perfezione non esiste e che se ti chiami Inter sei costretto a un’eterna sofferenza. Ma stavolta, almeno, è il momento di gioire e di guardare con fiducia al resto della stagione. Sia quel che sia, l’Inter lotta, non ha paura, ruggisce e non si lascia intimidire. Chi diceva che Conte aveva perso il fuoco, la grinta e la sua capacità di far presa sulla squadra?

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Sezione: Editoriale / Data: Mer 27 gennaio 2021 alle 00:00
Autore: Giulia Bassi / Twitter: @giulay85
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