Partiamo dai dati, due appunti statistici: l'Inter questa stagione in dieci partite ha vinto solo tre volte, paradossalmente nelle prime due uscite, quando la squadra era più sbilanciata. In tutto il 2020 ha vinto un solo scontro diretto contro un avversario di alto livello, proprio con l’Atalanta all'ultima di Campionato. In tutte le altre occasioni ha perso, spesso rimontata.

È successo con il Dormund, la Lazio, la Juventus, il Barcellona, il Siviglia e questa stagione, in vantaggio con una Lazio rimaneggiata si è fatta raggiungere, con lo Shakhtar priva di nove giocatori non è andata oltre al pareggio, con il Borussia Mönchengladbach, si è fatta rimontare e ha riacciuffato il pari al 90°, col Parma stava per perdere, con il Real ha perso e ieri con l’Atalanta si è fatta riprendere ancora una volta nel finale.

L’Inter è settima in serie A e ultima nel girone di Champions. Nulla è compromesso definitivamente, ci mancherebbe, è trascorso solo un mese e mezzo dall’inizio della stagione, con tantissimi problemi ma è impossibile non fare delle riflessioni.

La partita con l'Atalanta è stata per più di un'ora giocata a scacchi tra due squadre tatticamente speculari. Noia letale e nessuna azione da una parte e dall'altra, poi una giocata di Ashley Young e la testa di Lautaro per il vantaggio. Avversario annichilito ma un ottimo Vidal sbagliava il colpo del k.o. e una volta uscito per infortunio è entrato un Gagliardini che ha definitivamente tolto personalità al centrocampo nerazzurro.

Lukaku e Perisic in blocco per cambiare il reparto, insistere nel pressing e tenere alta la squadra ma l’Inter si è immediatamente abbassata. Una sbavatura di Bastoni e la lentezza sempre più preoccupante di Handanovic hanno permesso il pari, rigenerando i bergamaschi, che per poco non trovavano pure l’immeritato gol della vittoria.

Può darsi che ci si possa sentire soddisfatti nel non fare tirare mai in porta gli avversari per 80 minuti ma non è esattamente così che si vincono le partite. Conte, poco prima del gol di Lautaro chiedeva alla squadra maggiore spregiudicatezza ma se mette in campo bravi operai ma pur sempre operai, non può pretendere che elevino il loro standard facendo giocate che non hanno.

I giocatori in campo non erano predisposti a giocare molto meglio di così, non ci sono stati calciatori gravemente insufficienti e nessuno a spiccare particolarmente.

I tifosi dell’Inter talvolta si accaniscono sull’allenatore di turno e a tutti rinfacciano più o meno le stesse cose ma questo è un caso diverso perché nessuno sa chi sia davvero questo Antonio Conte, molto, troppo diverso da quello di tre mesi fa davanti alle telecamere.

La rosa è stata costruita seguendo uno schema più vicino alle sue idee, partendo da una vicenda che si trascina da tempo, con un allenatore che lamenta pubblicamente cose sotterranee, rinfaccia contrasti con i dirigenti e una marcata delusione umana verso gli stessi. Ad agosto, dopo una finale persa tatticamente, Zhang lo ha invitato a restare “spintaneamente”. Conte non si è dimesso come avrebbe forse dovuto ed è rimasto tenendo il broncio, immusonendosi, spegnendo le polemiche verso la società, ma presentandosi ai microfoni delle televisioni con l'aria distaccata, ministeriale come le squadre ordinarie che mette in campo. La sua politica e cultura sono quelle di un collettivo che è e sarà sempre più importante di qualunque singolo, a costo di mortificarne le attitudini.

Così l'anno prima Godin è stato messo in panchina e poi venduto, Skriniar sopportato, Eriksen preso di mira, ora addirittura cancellato dai titolari e messo sul mercato di gennaio e mai nel suo ruolo di interno, ma solo come trequartista, D’Ambrosio adattato a terzo dei centrali difensivi, Perisic adattato a quinto di centrocampo o seconda punta, De Vrij, quando è stato messo a destra è andato in crisi, come Skriniar, Nainggolan messo in campo per “disperazione” e ora si teme che Hakimi possa fare la stessa fine di Eriksen.

Non si tratta di difendere o attaccare Conte perché personalmente l'ho sempre trovato un ottimo allenatore, si cerca di capire scelte tecniche e comunicative troppo radicali di cui è responsabile. La squadra gioca più con la paura di sbagliare un appoggio che con la gioia di osare un dribbling, la preoccupazione di interpretare bene tatticamente le gare ha prodotto una squadra col maggior possesso palla inutile in serie A e i pochi giocatori con estro e creatività vengono masticati da un'indisposizione alla necessaria anarchia che, nel calcio, ti fa vincere le partite.

L’Inter, la mia almeno, dovrebbe mettere sempre titolari Eriksen e Hakimi i quali, come tutti i giocatori con un talento superiore, sbagliano di più perché non fanno solo il passaggio in orizzontale ma tentano qualcosa di diverso e quando riesce vinci le partite. Solo con la classe operaia non vai in paradiso.
Amala.

Sezione: Editoriale / Data: Lun 09 novembre 2020 alle 00:00
Autore: Lapo De Carlo / Twitter: @LapoDeCarlo1
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